Renzi e il boomerang Bankitalia
La mozione di sfiducia di Renzi al
governatore Visco si rivela un autogol – Gentiloni rimane con il cerino in
mano, schiacciato dallo scontro tra Quirinale e segreteria PD – Visco, non
indenne da qualche colpa gode comunque della fiducia della BCE di Draghi e
delle istituzioni internazionali
Venerdì, 20 ottobre 2017
La vendetta va servita fredda, meglio se surgelata consiglia la
saggezza popolare. Purtroppo questo principio risulta applicabile quando l’ospite
cui va ammannita la pietanza può subire il danno sperato dall’ingurgitare il
gelido pasto, altrimenti la lunga attesa perché quello si congelasse e
producesse i sui effetti si rivela vana. Va inoltre valutato il ritorno di una
simile azione, affinché non risulti un boomerang per lo stesso autore della
vendetta.
Così pare stia accadendo a Matteo Renzi e alla sua socia Maria Elena
Boschi, che avevano preparato con cura il piatto velenoso per Ignazio Visco,
governatore della Banca d’Italia, proprio per festeggiare con un siluramento
eclatante la sua conferma ad un ulteriore mandato ai vertici dell’istituto di
via Nazionale.
Le ragioni di questa vendetta si perdono nel tempo, affondano nel
crack di Banca Etruria e nelle vicende personali del padre di Maria Elena, Pier
Luigi Boschi, che di quell’istituto di credito era alto dirigente e del
fratello che, guarda caso, aveva trovato lavoro al controllo crediti banca.
Dunque, tutto il profumo della faida, dell’interesse privato dietro la
virulenta mozione poi edulcorata da Palazzo Chigi preparata dal
Sotto-segretario del governo Gentiloni e imposta da Renzi al voto del
parlamento contro la riconferma di Ignazio Visco.
Ma il duetto toscano Renzi-Boschi non aveva valutato le reazioni all’iniziativa,
reazioni che rischiano di diventare un boomerang pesantissimo contro di loro e
che coinvolgono l’intero PD, colpevole in larga parte di aver appoggiato l’improvvida
iniziativa.
Certo, se le ragioni di Maria Elena Boschi sono di natura personale,
quelle di Renzi travalicano il semplice sostegno alla fedele e inseparabile
amica per assumere un significato molto più politico. Così da una parte non si
è voluta lasciare al M5S la paternità di un attacco a Visco, colpevole di
scarsa efficienza nella doverosa azione istituzionale di sorveglianza sulle
gravissime falle di Banca Etruria; dall’altra un siluro a colui che è comunque
ritenuto l’uomo che ha messo in forte crisi l’immagine dell’entourage renziano.
Tuttavia nessuno dei due aveva valutato a fondo che il tentato sgambetto
avrebbe irritato oltre misura in primis
Sergio Mattarella, che nutre particolare stima per il governatore Visco e a cui
tocca la responsabilità di confermare o nominare il suo successore, anche se su
indicazione del governo, in persona di Carlo Padoan, ministro dell’Economia. Nello stesso tempo l’iniziativa ha evidenziato
l’irritazione del potentissimo capo della BCE, Mario Draghi, di concerto con il
quale Visco s’è mosso in questi anni di travagliatissima gestione di misure
anticrisi e salvataggi bancari. Per ultimo va registrato l’imbarazzo di
Gentiloni, che s’è trovato in mezzo ad uno scontro non voluto tra il segretario
del suo partito, al quale deve una certa obbedienza, e il Quirinale che nulla
ha fatto per nascondere il proprio disappunto per quella che reputa una grave
ingerenza istituzionale in argomenti di propria competenza.
In questo quadro di sconvolgimento delle regole istituzionali, Renzi
com’è suo stile non mostra di voler cedere un millimetro, determinando il
rischio di ulteriori fratture se non di nuove scissioni all’interno del PD, a
ridosso delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale siciliano prima e
del parlamento nazionale nell’imminente primavera.
Va detto per onor di trasparenza che Ignazio Visco qualche scheletro
nell’armadio probabilmente ce l’ha, visto che la tempestività d’interventi
presi all’indomani del suo insediamento nei confronti di Mps, non è stata
seguita da altrettanta solerzia nei confronti di Banca Etruria, Banca Marche,
CariFerrara e CariChieti, né nei confronti di Popolare di Vicenza e Veneto
Banca, quantunque il governatore di Banca d’Italia non sia uno sceriffo e i
suoi provvedimenti sono assunti di concerto con Consob e con la politica, quest’ultima
notoriamente non sempre incline a farsi da parte anche in faccende dalla quali
dovrebbe astenersi. Vista da questa angolatura la governance di Bankitalia non
è sempre stata così trasparente come ci si sarebbe atteso. Ciò comunque nulla
toglie al fatto che sia le istituzioni internazionali che la BCE nutrano una
totale fiducia nei confronti dell’attuale governatore, al punto che ad un
risanamento economico avviato e ad una ripresa dell’economia potrebbero non
capire le ragioni di un suo allontanamento e reinnescare nuove tensioni sulla
fragile economia nazionale.
Sul versante del rapporto con il governo, l’imbarazzo di Gentiloni,
indicato sino a ieri quale potenziale capo del futuro governo postelettorale,
pare stia assumendo nelle ultime ore la strada di una rottura con il segretario
del PD, colpevole di averne messo in crisi l’immagine e di avere avvelenato i
rapporti con Mattarella. Gentiloni sembrerebbe comunque intenzionato a
riproporre al Quirinale il nome di Ignazio Visco nel tentativo di ricucire i
rapporti, a meno che l’interessato, prendendo atto delle polemiche sorte sul
suo nome, non decida di fare un passo indietro e lasci spazio alla candidatura
di Salvatore Rossi, sessantottenne direttore generale dell’istituto, le cui
quotazioni da Bruxelles vengono date in netta scesa.
Da bordo del treno con il quale ha iniziato da qualche giorno la sua campagna
elettorale, Matteo Renzi fa sapere che l’eventuale riconferma di Visco non sarà
una sua sconfitta. E su questo ci sentiamo di dargli ragione, poiché comunque
girino le cose la sconfitta sarebbe di tutto il PD, trascinato nel precipizio
da un segretario astioso, vittima dei propri eccessi e scarsamente avveduto.
Paradossalmente non sarebbe nemmeno una vittoria la mancata conferma del
governatore, avendo la vicenda generato un vulnus istituzionale con Mattarella,
assai difficile da ricucire.
E sull’intera questione sarebbe opportuno rammentare il vecchio adagio
che suggerisce quanto sia opportuno in certe occasioni tacere, magari ingenerando
il sospetto d’essere stupidi, piuttosto che aprire bocca e rimuovere ogni
dubbio.
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