Immunità. Berlusconi ce l’ha fatta!
Martedì, 15 luglio 2008
Alla fine ce l’ha fatta. Ancora una volta i cittadini non vedranno sua eccellenza il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dei carciofi e delle banane, signor Silvio Berlusconi, alla gogna per un’eventuale condanna penale inflittagli dal Tribunale di Milano nel processo per corruzione in atti giudiziari, che lo vede imputato insieme con l’avvocato inglese Mills.
Com’era prevedibile, il domatore Silvio ha fatto schioccare le frusta e le pulci ammaestrate si sono precipitate a votare il lodo Alfano, che lo rende non perseguibile per tutta la durata del mandato istituzionale e gli consegna una sorta di nulla osta anche a delinquere, se gli va a genio, esente da qualunque conseguenza applicabile al comune mortale.
Poco importa che da più parti si fosse levata voce sull’esigenza di approvare un simile provvedimento con la procedura prevista per l’emanazione di leggi d’emendamento costituzionale, dato che il lodo Alfano muta radicalmente le guarentigie previste dalla Costituzione per le quattro più importanti cariche dello Stato e, dunque, la loro variazione non può divenire appannaggio, peraltro palesemente strumentale come nel caso di Silvio Berlusconi, della maggioranza parlamentare in carica. Inoltre non si comprende bene come le norme approvate si concilino con le preesistenti riguardanti i reati commessi dai titolari delle cariche in questione nell’esercizio delle loro funzioni, dato che da adesso vigerebbe un regime di impunibilità chiaramente contrastante.
In ogni caso, bene fa Di Pietro, unica voce di dissenso, nella sala mensa parlamentare, a lanciare i suoi strali contro le nuove norme approvate. La democrazia è sì l’esercizio del potere in cui deve prevalere la volontà della maggioranza, ma non può divenire lo strumento per legittimare ogni abuso sol perché all’abuso si fanno indossare i panni di volere della maggioranza. Piuttosto questa modalità corrisponde al criterio con il quale una certa organizzazione, denominata P2 ed alla quale aderiva il nostro Presidente del Consiglio (tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978), intendeva nei suoi propositi aggiogare le libertà in Italia.
Ovviamente di quest’impunità tanto sospirata, che rappresenta il coronamento della sua strategia, Berlusconi non può che gongolare, e, nel tentativo di farne un valore condiviso che rimuova più di un sospetto che il provvedimento sia stato partorito a suo esclusivo vantaggio, si prodiga nella difesa apodittica di qualunque politico inquisito, anche di altra parrocchia, con il fine di sollecitare il colpo definitivo a quella magistratura che per tanto tempo lo ha fatto penare ficcando il naso nei suoi personali intrallazzi.
E’ di qualche ora fa la notizia dell’arresto di Ottaviano Del Turco, Governatore della Regione Abruzzo, per reati gravissimi connessi ad un giro di tangenti nel settore sanitario. Mentre è probabile che, per giungere ad un provvedimento così eclatante, la magistratura abbia acquisito prove molto solide ed inconfutabili a carico dell’indagato, Berlusconi, divenuto adesso paladino della casta, non ha perso un attimo per scagliarsi contro quella magistratura, dichiarando «Sì, ho sentito, e mi sembra una cosa molto strana che ci sia una decapitazione completa, quasi una retata, di un intero governo di una regione. Ho sentito anche il teorema accusatorio, conoscendo l'attuale sistema dell'accusa in Italia...», che denota non solo la probabile ignoranza degli atti in mano agli inquirenti, ma la volontà pervicace di profittare della circostanza per sferrare l’ennesima mazzata contro la legittimità dei giudici ad inquisire chiunque faccia parte della ristretta cerchia di intoccabili presenti nella lista dei politici.
E’ del tutto superfluo sottolineare come lo scontro istituzionale da lui avviato già dal lontano ’94 non faccia onore né alle istituzioni della Repubblica, né rinforzi il senso di identità dei cittadini nello stato di diritto in cui, presumibilmente, dovrebbero vivere. Ma al Cavaliere tutto ciò non interesse, poiché il suo obiettivo è in realtà il caos, quel caos in cui tutto diviene emergenza e rende possibile ogni sorta d’abuso e vilipendio delle regole democratiche, in nome di una necessità di tamponare fantasiose fughe eversive, fumose minacce di improbabili complotti, congiure indimostrabili tese a rovesciare il voto popolare, ed altre leggende metropolitane simili, che in ogni caso rendono più che giustificabile l’adozione di provvedimenti opportunistici e di sostanziale difesa dei propri interessi e della propria immunità, mascherandoli di emergenza pubblica e di difesa dell’interesse collettivo.
Comunque sia, è amaro il dover ammettere che bene fa il Cavaliere ad impazzare contro questo e quello che solo ardisca intralciare il suo cammino. Come egli stesso ha più volte sottolineato, la sua elezione è frutto di una scelta popolare, che, nonostante tutto, ha ritenuto di spedirlo a Palazzo Chigi per gestire il Paese, pur conoscendo le sue debolezze, i suoi rancori ed i suo interessi personali in gioco. E fintanto che l’elettorato non si sarà rinsavito e non lo rovescerà (sempre che per l’andazzo delle cose, lui e i suoi sodali lo permettano), lui ha buon diritto di imporre la sua legge, le sue regole, incurante di ciò che pensano avversari, veri ed opportunamente inventati, e detrattori. A chi ha fede e speranza nella democrazia, non resta che augurarsi che il suo cammino non sia lungo e che magari nell’incedere metta il piede, meglio prima che poi, su una delle bucce di banana di cui l’Italia è ormai tra i più grandi consumatori al mondo.
(nella foto: il Ministro Alfano, autore del lodo sull’immunità per le alte cariche dello stato)
Alla fine ce l’ha fatta. Ancora una volta i cittadini non vedranno sua eccellenza il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dei carciofi e delle banane, signor Silvio Berlusconi, alla gogna per un’eventuale condanna penale inflittagli dal Tribunale di Milano nel processo per corruzione in atti giudiziari, che lo vede imputato insieme con l’avvocato inglese Mills.
Com’era prevedibile, il domatore Silvio ha fatto schioccare le frusta e le pulci ammaestrate si sono precipitate a votare il lodo Alfano, che lo rende non perseguibile per tutta la durata del mandato istituzionale e gli consegna una sorta di nulla osta anche a delinquere, se gli va a genio, esente da qualunque conseguenza applicabile al comune mortale.
Poco importa che da più parti si fosse levata voce sull’esigenza di approvare un simile provvedimento con la procedura prevista per l’emanazione di leggi d’emendamento costituzionale, dato che il lodo Alfano muta radicalmente le guarentigie previste dalla Costituzione per le quattro più importanti cariche dello Stato e, dunque, la loro variazione non può divenire appannaggio, peraltro palesemente strumentale come nel caso di Silvio Berlusconi, della maggioranza parlamentare in carica. Inoltre non si comprende bene come le norme approvate si concilino con le preesistenti riguardanti i reati commessi dai titolari delle cariche in questione nell’esercizio delle loro funzioni, dato che da adesso vigerebbe un regime di impunibilità chiaramente contrastante.
In ogni caso, bene fa Di Pietro, unica voce di dissenso, nella sala mensa parlamentare, a lanciare i suoi strali contro le nuove norme approvate. La democrazia è sì l’esercizio del potere in cui deve prevalere la volontà della maggioranza, ma non può divenire lo strumento per legittimare ogni abuso sol perché all’abuso si fanno indossare i panni di volere della maggioranza. Piuttosto questa modalità corrisponde al criterio con il quale una certa organizzazione, denominata P2 ed alla quale aderiva il nostro Presidente del Consiglio (tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978), intendeva nei suoi propositi aggiogare le libertà in Italia.
Ovviamente di quest’impunità tanto sospirata, che rappresenta il coronamento della sua strategia, Berlusconi non può che gongolare, e, nel tentativo di farne un valore condiviso che rimuova più di un sospetto che il provvedimento sia stato partorito a suo esclusivo vantaggio, si prodiga nella difesa apodittica di qualunque politico inquisito, anche di altra parrocchia, con il fine di sollecitare il colpo definitivo a quella magistratura che per tanto tempo lo ha fatto penare ficcando il naso nei suoi personali intrallazzi.
E’ di qualche ora fa la notizia dell’arresto di Ottaviano Del Turco, Governatore della Regione Abruzzo, per reati gravissimi connessi ad un giro di tangenti nel settore sanitario. Mentre è probabile che, per giungere ad un provvedimento così eclatante, la magistratura abbia acquisito prove molto solide ed inconfutabili a carico dell’indagato, Berlusconi, divenuto adesso paladino della casta, non ha perso un attimo per scagliarsi contro quella magistratura, dichiarando «Sì, ho sentito, e mi sembra una cosa molto strana che ci sia una decapitazione completa, quasi una retata, di un intero governo di una regione. Ho sentito anche il teorema accusatorio, conoscendo l'attuale sistema dell'accusa in Italia...», che denota non solo la probabile ignoranza degli atti in mano agli inquirenti, ma la volontà pervicace di profittare della circostanza per sferrare l’ennesima mazzata contro la legittimità dei giudici ad inquisire chiunque faccia parte della ristretta cerchia di intoccabili presenti nella lista dei politici.
E’ del tutto superfluo sottolineare come lo scontro istituzionale da lui avviato già dal lontano ’94 non faccia onore né alle istituzioni della Repubblica, né rinforzi il senso di identità dei cittadini nello stato di diritto in cui, presumibilmente, dovrebbero vivere. Ma al Cavaliere tutto ciò non interesse, poiché il suo obiettivo è in realtà il caos, quel caos in cui tutto diviene emergenza e rende possibile ogni sorta d’abuso e vilipendio delle regole democratiche, in nome di una necessità di tamponare fantasiose fughe eversive, fumose minacce di improbabili complotti, congiure indimostrabili tese a rovesciare il voto popolare, ed altre leggende metropolitane simili, che in ogni caso rendono più che giustificabile l’adozione di provvedimenti opportunistici e di sostanziale difesa dei propri interessi e della propria immunità, mascherandoli di emergenza pubblica e di difesa dell’interesse collettivo.
Comunque sia, è amaro il dover ammettere che bene fa il Cavaliere ad impazzare contro questo e quello che solo ardisca intralciare il suo cammino. Come egli stesso ha più volte sottolineato, la sua elezione è frutto di una scelta popolare, che, nonostante tutto, ha ritenuto di spedirlo a Palazzo Chigi per gestire il Paese, pur conoscendo le sue debolezze, i suoi rancori ed i suo interessi personali in gioco. E fintanto che l’elettorato non si sarà rinsavito e non lo rovescerà (sempre che per l’andazzo delle cose, lui e i suoi sodali lo permettano), lui ha buon diritto di imporre la sua legge, le sue regole, incurante di ciò che pensano avversari, veri ed opportunamente inventati, e detrattori. A chi ha fede e speranza nella democrazia, non resta che augurarsi che il suo cammino non sia lungo e che magari nell’incedere metta il piede, meglio prima che poi, su una delle bucce di banana di cui l’Italia è ormai tra i più grandi consumatori al mondo.
(nella foto: il Ministro Alfano, autore del lodo sull’immunità per le alte cariche dello stato)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page