L’effimero trionfo dei golpisti
Mercoledì, 9 luglio 2008
Non siamo moralisti né ci scandalizziamo per un certo tipo di linguaggio che incidentalmente rende la realtà della politica più vicina alla vita quotidiana dei cittadini normali, anche se rimane la constatazione amara di come questo sia l’unico elemento di aderenza tra il Paese reale ed il Paese legale. A questa stregua, che la Guzzanti ripassi le presunte malefatte di Berlusconi nel corso della manifestazione organizzata da Di Pietro per denunciare le scelleratezze dell’emananda normativa blocca-processi utilizzando un linguaggio da facchino portuale, potrà anche non incontrare il gradimento di perbenisti e bacchettoni, ma nulla incide su una verità che, qualora confermata, ridimensionerebbe l’immagine dell’altezzoso Uomo di Arcore.
Eppure, di tutto ciò occorre riconoscer merito al Cavalier Berlusconi, tycoon di mestiere e politico improvvisato dalla necessità più che da genuini propositi ideali, che tra le mille derive in cui ha condotto l’Italia, ha favorito il passaggio della politica dal linguaggio criptico ed infarcito di leziosi eufemismi al ruvido lessico della strada, in cui ogni cittadino si riconosce ed afferra l’effettivo senso delle cose.
Ovviamente, a parte le evoluzioni lessicali, è rimasto immutato il metodo di stravolgere la verità e di infarcire di squallide bugie quanto i politici dicono al cittadino. Anzi con il Cavaliere il ricorso a tale tecnica è stato promosso a meccanismo strategico di comunicazione; una sorta di marketing della politica in virtù del quale ormai si dice solo ciò che conviene e nel modo in cui conviene, ripetendo il messaggio sino alla nausea, sino a quando il cittadino-beccaccione abbocca e si convince, come si trattasse di miracolosi prodotti che fanno ricrescere i capelli o di incredibili toccasana che fanno perdere peso stando seduti a guardare la TV, che ciò che recita l’ossessivo messaggio pubblicitario è pura verità.
Questa tecnica è stata adottata con successo in svariate occasioni. Così ai magistrati, colpevoli solo di aver ficcato il naso negli affari border line del Cavaliere, è stata affibbiata l’etichetta di comunisti o di collusi con le forze misteriose intenzionate a “sovvertire il voto popolare”, con l’evidente intenzione di scoraggiarne le iniziative e di criminalizzarne l’azione agli occhi della pubblica opinione. Analogamente, le imprese criminali di qualche banda di disperati albanesi o rumeni, sono tornate utili per inoculare nella pubblica opinione un sentimento di “emergenza sicurezza” che ha giustificato l’impiego dell’esercito nelle città, azzerando le distanze e la differenza di civiltà tra città come Genova e Caracas, o tra Milano e Rio de Janeiro. Poco è rilevante che, con totale spregio di coerenza, gli stessi artefici della decisione di inviare i lagunari a Parma siano gli stessi che hanno previsto di tagliare i fondi per Polizia, Carabinieri e Magistratura, così condannando la giustizia ad un parziale immobilismo per l’impossibilità persino di rifornire di carburante le auto di servizio o di acquistare la carta su cui scrivere verbali e sentenze.
In questo clima grottesco, - che senza ombra di dubbio si sono scelto gli elettori, anche se c’è da nutrire più di un dubbio sullo stato della loro lucidità al momento del voto, - ecco che questa propaganda diviene il paravento per perpetrare l’ennesimo vero scippo di legalità al Paese nell’interesse di colui che i poveri Italiani si sono scelti come Presidente del Consiglio. Il decreto sicurezza, necessario per fronteggiare l’escalation criminale ampiamente pompata, in realtà è il grimaldello per far passare l’ennesimo salvacondotto a favore di Berlusconi, inquisito per corruzione in atti giudiziari con tale avvocato Mills presso il tribunale di Milano. Non importa che la sua anticipazione abbia provocato le proteste dell’opposizione e il disappunto del Quirinale. Le truppe cammellate del Cavaliere e qualche vassallo a lui riconoscente per l’improvvisa posizione di prestigio conferitagli, grazie agli atti di servitù prestati, non hanno esitato a scendere in campo rispettivamente per difendere la legittimità del provvedimento e addirittura per sovvertire il calendario parlamentare, accordando allo scandaloso provvedimento una corsia preferenziale, sì da permettergli di essere approvato prima della eventuale sentenza di condanna cui è a rischio il Presidente del Consiglio.
Contemporaneamente, il Berlusconi , - al quale non difetta l’acume quando deve proteggere se stesso, - ha pensato bene di inventarsi un ulteriore strumento per tutelarsi da ogni guaio giudiziario, facendo promuovere al suo lanciere Alfano al Dicastero della Giustizia un disegno di legge che prevede l’imperseguibilità delle quattro più importanti cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio ed i due Presidenti delle Camere) in vigenza di mandato. Come dire, se va buca da una parte c’è sempre un altro paracadute pronto ad aprirsi, pur se più piccolo del precedente.
Anche in questo caso sono state del tutto irrilevanti le obiezioni degli eminenti costituzionalisti intervenuti sulla questione, che hanno fatto notare come il tema dovrebbe essere materia di legge di riforma costituzionale e non di legislazione ordinaria, mettendo con ciò in discussione la legittimità stessa dell’iniziativa.
C’è infine la questione delle intercettazioni telefoniche, che certamente va regolamentata per porre fini a tanti abusi verificatisi particolarmente negli ultimi anni. Se l’esigenza, tuttavia, assume carattere di urgente necessità al punto di promettere un provvedimento che inibisce l’uso dello strumento e minaccia l’assunzione di misure gravissime nei confronti di chi dovesse diffondere o pubblicare notizie provenienti dall’uso di tali strumenti, solo perché vi è un certo Saccà che intratteneva conversazioni telefoniche con Berlusconi a proposito di raccomandati in RAI o in merito a certe piacenti signore disposte a tutto pur di accaparrarsi un posto di lavoro o un ruolo, anche di secondo piano, in una qualche fiction televisiva, e quindi il pericolo che l’immagine del Presidente del Consiglio possa appannarsi a causa della pubblicazione di qualche marachella piccante di cui può esser stato protagonista, allora la manovra va respinta con tutti gli strumenti possibili, poiché l’obiettivo primario non è la tutela della privacy di chiunque come vorrebbe farsi credere, ma l’ennesimo tentativo di tutelare gli interessi inconfessabili del cittadino Berlusconi. Il quadro che ci si rappresenta è dunque assai compromesso sia nella chiarezza che nella legalità. Se in altre circostanze non si esiterebbe a parlare di interesse privato in atti d’ufficio, in questo caso si ha la percezione che un ombra si stia gradatamente delineando all’orizzonte, un ombra antica e minacciosa che nel secolo scorso ha gettato il Paese nella sventurata esperienza fascista e nella mortificazione dei diritti individuali e collettivi, in nome di un autoritarismo legalista e ottuso.
La ricerca esasperata del potere ed il suo esercizio non possono divenire la molla unica in base alla quale scattano le pulsioni degli individui, specialmente quando questi occupano posizioni pubbliche e di governo. Anzi è proprio su costoro che incombe l’onere di meglio esercitare i principi di democrazia ed il rispetto delle regole della civile convivenza, sottomettendosi al giudizio delle istituzioni, con rispetto e dignità, ogni qual volta ciò sia inevitabilmente necessario. L’esercizio sistematico del vilipendio di quelle istituzioni non solo serve a scardinare alla radice i valori dello stato e a disorientare la comunità, ma è sintomo palese di una propensione golpista verso la quale non può esserci alcuna accondiscendenza o giustificazione. La legge è tale ed uguale in tutta la Penisola e non prevede riserve per singoli cittadini, ancorché di Arcore o che abbiano fatto fortuna o abbiano conquistato posizioni di prestigio, dato che, nel bene o nel male, tali posizioni le hanno conquistate con le regole delle quali adesso sembrerebbe non vedano l’ora di liberarsi. Ed alla piazza, alla quale spesso ama rivolgersi Berlusconi per rammentare agli avversari la legittimità della sua investitura, si deve far ricorso se necessario, qualora, egli per primo, non rispetti quei principi sacri di democrazia. Né ci si illuda di poter impaurire coloro che nella democrazia credono con la presenza di quattro paracadutisti o con un drappello di lagunari. Fra qualche giorno, il 14 luglio, ricorrerà l’anniversario della presa della Bastiglia, simbolo della rivolta popolare contro l’oppressione delle caste nobiliari e del clero, ed è bene non dimenticare che, in difesa della democrazia, quella vera ed egualitaria di diritti e doveri dei cittadini, alla fine ci sarà sempre una Bastiglia intorno alla quale raccogliere il popolo contro le dittature e le tirannie.
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