mercoledì, settembre 17, 2008

Demenzialità tra calcio e politica


Mercoledì, 17 settembre 2008
Qualche giorno fa, a proposito degli indecorosi sproloqui cui sono sempre più frequentemente avvezzi i nostri politici, avevamo richiamato un vecchio adagio, secondo il quale tener chiusa la bocca e dar l’impressione di esser stupidi è talora meglio che aprirla e confermare quei sospetti.
Il richiamo, come c’era d’attendersi, non è purtroppo arrivato a destinazione ed in questo valzer crescente di stupidità è incappato questa volta il Ministro dell’Interno Roberto Maroni, intervenuto a margine della querelle da Caffè Sport in corso tra José Murinho, allenatore dell’Inter, e Pietro Lo Monaco, amministratore delegato del Catania Calcio.
La vicenda, diventata nel giro di qualche ora tragica dal comico iniziale, prende il via dalle dichiarazioni di Lo Monaco ai danni di Murinho, secondo le quali l’allenatore portoghese meriterebbe solo “calci sulle gengive” per le altezzose esternazioni cui è avvezzo sulle sue qualità di tecnico e sui suoi successi.
Fin qui non ci sarebbe che da registrare la maleducazione di un Lo Monaco che ricorre a fraseggio da stadio – giusto per restare in tema – per apostrofare un personaggio che, a dire il vero, non sembra fare grandi sforzi per farsi apprezzare per la modestia ed il senso della misura; fraseggio di cui l’interessato è certamente consapevole di doversi accollare la responsabilità nei confronti della giustizia sportiva, - notoriamente meno tollerante di quanto non sia la giustizia ordinaria. C’è infine da rilevare che l’episodio si inserisce in un clima già avvelenato dalle polemiche per il divieto imposto alla tifoseria del club calcistico etneo di seguire la squadra in trasferta per motivi di ordine pubblico e al risultato del campo, che ha visto l’Inter di Murinho prevalere con un certo affanno sull’avversario per due a uno, grazie a due autoreti della compagine ospite.
La miscela era pronta e mancava solo l’innesco per farla esplodere. Ma a questo pensava don José Murinho, che, anziché ringraziare la sorte per la vittoria regalatagli, con l’arrogante supponenza di cui è maestro, affermava: “Il valore espresso dalla mia squadra è tale che vincere per 5 a 1 sarebbe stato più rispondente a quanto s’è visto in campo.”
Pur non volendo giustificare le dichiarazioni di Lo Monaco, siamo dell’avviso che il ricorso agli insegnamenti del mitico principe Antonio De Curtis, cioè ad una sonora pernacchia per ribattere ai deliri di don José avrebbe probabilmente pareggiato il conto, ma è noto che certe facezie sono la risposta di coloro che guardano alle cose in modo spassionato, canzonatorio, mentre nel DNA del tifoso c’è il coinvolgimento, la rabbia, il senso dell’umiliazione che fanno dimenticare non solo le buone maniere, ma anche e, soprattutto, che in fondo il calcio è un gioco e, com’è regola dei giochi, la fortuna fa sempre la parte del leone.
Ma è a questo punto che la cronaca ordinaria di una domenica di calcio e di altrettanto ordinari strascichi da dopopartita diventa un affare di stato nel senso più pieno del termine: un Ministro della Repubblica, sodale d’un partito di conclamati villani, di insurrezionalisti, di razzisti sfacciati e dichiarati e che ha fatto dell’istigazione alla violenza, con tanto di minaccia di richiamo alle armi ed esibizione di scassati cingolati, con invettive contro la capitale e vilipendio della bandiera e dell’inno nazionale, il modello vincente della propria identità, scende in campo per redarguire Lo Monaco ed accusarlo di istigare alla violenza.
Davanti a questa trasudazione di incoerenza bene fa Lo Monaco a rammentare al Ministro di non essere lui a capo di un partito politico che della violenza ha il culto e che la predica viene da un pulpito irrimediabilmente squalificato. Male fa, invece, nel rincarare la dose continuando una sterile quanto pericolosa polemica con Murinho, che, indiscutibilmente, dovrà dimostrare con i fatti e non con le tronfie dichiarazioni di essere il grande direttore tecnico che sostiene.
Patetica è, infine, la sortita del procuratore federale Stefano Palazzi, che, nel deferire alla commissione disciplinare il dirigente del Catania, ha addotto le seguenti motivazioni: " [per aver espresso] nel corso di dichiarazioni pubblicate da organi di stampa, giudizi lesivi della reputazione di altro tesserato e idonee a costituire, direttamente o indirettamente, incitamento alla violenza", poiché, con quest’ultimo richiamo, sembra aver adottato il provvedimento in omaggio pedissequo alle richieste di Maroni.
E se questo è il calcio, se questo è sport e, soprattutto, se questo è lo spessore dei politici del nostro sconquassato Paese, beh, una pernacchia a tutti e non se ne parli più, ché ci sono cose più urgenti e gravi nel quotidiano di cui occuparsi e darsi pena.


(nella foto, Pietro Lo Monaco, a. d. Catania calcio)

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