Vigilanza RAI, un peone inchioda la sinistra
Martedì, 18 novembre 2008
Non c’è speranza. Il nostro sistema politico è affetto da una malattia incurabile, deturpante. E come le malattie peggiori, quelle altamente infettive e ripugnanti, anziché suscitare pietà vera, come talora opportunisticamente si afferma, da qualunque angolazione si guardi rende la politica ormai invisa al cittadino comune, quello che s’alza alle sei del mattino e che va a lavorare per qualche migliaio di euro al mese e non intende più capire le ragioni di coloro che, per diciannove volte ciò che lui porta a casa, pascolano a Montecitorio e Palazzo Madama facendosi dispetti e ripicche da mattina a sera, in un gioco senza fine.
Adesso è la volta di un certo Villari Riccardo, signor nessuno sino ad ieri, assurto all’onore della fiction parlamentare grazie alla sua elezione alla presidenza della Commissione di Vigilanza RAI in dispetto a Di Pietro e Veltroni, che da sempre sostenevano l’invisa candidatura di Orlando per tale incarico.
Invece, con un colpo di mano magistrale, facendo carta straccia di ogni regola istituzionale, il PdL ha concentrato i suoi voti su Villari, forte del suo peso maggioritario, e lo ha eletto alla presidenza della Commissione schiaffeggiando l’opposizione e buttando il seme della querelle all’interno di una sinistra che, francamente e al di là del suo peso specifico, nelle mani di Veltroni appare sempre più incapace di farsi valere e rispettare come soggetto politico d’opposizione da una maggioranza sempre più priva di scrupoli e decisa ad imporre le sue regole.
Quel che frastorna, comunque, non sono tanto le imboscate, che in politica sono un hobby consueto, quanto le reazioni della sinistra e di Villari in particolare, che, a sgarro incassato, ondeggiano tra minacce di espulsione dal PD del valente senatore e la dimostrazione di attaccamento alla poltrona dell’interessato, a cui non dev’essere sembrato vero che dall’oscurità in cui era confinato il suo nome è assurto nella schiera dei VIP, di quelli che contano e comandano.
Da qui il balletto inaudito di richieste di dimissioni gridate a gran voce da Veltroni & C. alla volta di Villari, - che in tutta onestà non può sostenere la legittimità della sua elezione grazie ai voti del “nemico”, - e le mielose dichiarazioni di un Villari, che si appella al senso di responsabilità che gli sarebbe dovuto dall’incarico istituzionale e che subordina le dimissioni all’esito di incomprensibili colloqui con Fini, Schifani e Napolitano, prima, ed all’individuazione di un candidato alternativo e condiviso, poi, dimentico che un incarico come quello assegnatogli per sfregio equivale a sedere in paradiso a dispetto dei santi.
Francamente, - se come ci vorrebbe far credere è in buona fede, - ci saremmo attesi che il signor senatore Villari rifiutasse l’incarico un istante dopo la conclusione dello scrutinio, così come ci saremmo aspettati che il buonista ad ogni costo Veltroni assumesse il provvedimento di radiazione per indegnità dal PD del soggetto in questione dopo sessanta secondi dal suo primo tentennamento. Il fatto che ciò non sia avvenuto emana sgradevoli effluvi lontano un miglio, sebbene non sia lecito processare le intenzioni o in assenza di indizi consistenti. In entrambi i casi, comunque, si sarebbe dato al Paese un segnale inconfutabile che la sinistra, questa sinistra sedicente rinnovatrice e popolare, è cosa ben diversa in quanto a metodi, senso delle istituzioni e della chiarezza da coloro che governano.
Invece no. Si conferma che in quanto a manfrine e populismo questi signori non sono diversi da coloro che accusano di vecchi metodi e di arrivismo, oltre che di opportunismo tattico.
Ma sono effettivamente coscienti Veltroni, Franceschini, D’Alema, Di Pietro, Rutelli e tutto lo stato maggiore dell’opposizione del tempo che ha perso il Paese, - quello vero e che si rompe la schiena per quella pingue prebenda da mille euro al mese, - per assistere a questa moina inqualificabile? Pensano veramente che all’operaio della Fiat o all’impiegato dell’Alitalia interessi qualcosa di chi siederà alla guida della Commissione di Vigilanza RAI? Quest’operaio e quell’impiegato, - magari qualcuno dei due in procinto di perdere il lavoro, - vuol sapere come potrà pagare il conto del droghiere sotto casa e poco è interessato a queste squallide vicende di potere, che non danno valore aggiunto nell’alleviare il suo dramma quotidiano.
Ciò che resta comunque impressa nella percezione del cittadino è che, comunque la si giri, al momento della spartizione della torta destra e sinistra discutono, s’accapigliano, s’attaccano alla sedia, minacciano e non arrivano mai a niente, e lui, solo lui, checché ne dicano ipocriti e venditori di fumo, sarà il solo chiamato a pagare il conto e portare la croce.
(nella foto, il senatore Riccardo Villari neo-presidente della Commissione di Vigilanza RAI)
Non c’è speranza. Il nostro sistema politico è affetto da una malattia incurabile, deturpante. E come le malattie peggiori, quelle altamente infettive e ripugnanti, anziché suscitare pietà vera, come talora opportunisticamente si afferma, da qualunque angolazione si guardi rende la politica ormai invisa al cittadino comune, quello che s’alza alle sei del mattino e che va a lavorare per qualche migliaio di euro al mese e non intende più capire le ragioni di coloro che, per diciannove volte ciò che lui porta a casa, pascolano a Montecitorio e Palazzo Madama facendosi dispetti e ripicche da mattina a sera, in un gioco senza fine.
Adesso è la volta di un certo Villari Riccardo, signor nessuno sino ad ieri, assurto all’onore della fiction parlamentare grazie alla sua elezione alla presidenza della Commissione di Vigilanza RAI in dispetto a Di Pietro e Veltroni, che da sempre sostenevano l’invisa candidatura di Orlando per tale incarico.
Invece, con un colpo di mano magistrale, facendo carta straccia di ogni regola istituzionale, il PdL ha concentrato i suoi voti su Villari, forte del suo peso maggioritario, e lo ha eletto alla presidenza della Commissione schiaffeggiando l’opposizione e buttando il seme della querelle all’interno di una sinistra che, francamente e al di là del suo peso specifico, nelle mani di Veltroni appare sempre più incapace di farsi valere e rispettare come soggetto politico d’opposizione da una maggioranza sempre più priva di scrupoli e decisa ad imporre le sue regole.
Quel che frastorna, comunque, non sono tanto le imboscate, che in politica sono un hobby consueto, quanto le reazioni della sinistra e di Villari in particolare, che, a sgarro incassato, ondeggiano tra minacce di espulsione dal PD del valente senatore e la dimostrazione di attaccamento alla poltrona dell’interessato, a cui non dev’essere sembrato vero che dall’oscurità in cui era confinato il suo nome è assurto nella schiera dei VIP, di quelli che contano e comandano.
Da qui il balletto inaudito di richieste di dimissioni gridate a gran voce da Veltroni & C. alla volta di Villari, - che in tutta onestà non può sostenere la legittimità della sua elezione grazie ai voti del “nemico”, - e le mielose dichiarazioni di un Villari, che si appella al senso di responsabilità che gli sarebbe dovuto dall’incarico istituzionale e che subordina le dimissioni all’esito di incomprensibili colloqui con Fini, Schifani e Napolitano, prima, ed all’individuazione di un candidato alternativo e condiviso, poi, dimentico che un incarico come quello assegnatogli per sfregio equivale a sedere in paradiso a dispetto dei santi.
Francamente, - se come ci vorrebbe far credere è in buona fede, - ci saremmo attesi che il signor senatore Villari rifiutasse l’incarico un istante dopo la conclusione dello scrutinio, così come ci saremmo aspettati che il buonista ad ogni costo Veltroni assumesse il provvedimento di radiazione per indegnità dal PD del soggetto in questione dopo sessanta secondi dal suo primo tentennamento. Il fatto che ciò non sia avvenuto emana sgradevoli effluvi lontano un miglio, sebbene non sia lecito processare le intenzioni o in assenza di indizi consistenti. In entrambi i casi, comunque, si sarebbe dato al Paese un segnale inconfutabile che la sinistra, questa sinistra sedicente rinnovatrice e popolare, è cosa ben diversa in quanto a metodi, senso delle istituzioni e della chiarezza da coloro che governano.
Invece no. Si conferma che in quanto a manfrine e populismo questi signori non sono diversi da coloro che accusano di vecchi metodi e di arrivismo, oltre che di opportunismo tattico.
Ma sono effettivamente coscienti Veltroni, Franceschini, D’Alema, Di Pietro, Rutelli e tutto lo stato maggiore dell’opposizione del tempo che ha perso il Paese, - quello vero e che si rompe la schiena per quella pingue prebenda da mille euro al mese, - per assistere a questa moina inqualificabile? Pensano veramente che all’operaio della Fiat o all’impiegato dell’Alitalia interessi qualcosa di chi siederà alla guida della Commissione di Vigilanza RAI? Quest’operaio e quell’impiegato, - magari qualcuno dei due in procinto di perdere il lavoro, - vuol sapere come potrà pagare il conto del droghiere sotto casa e poco è interessato a queste squallide vicende di potere, che non danno valore aggiunto nell’alleviare il suo dramma quotidiano.
Ciò che resta comunque impressa nella percezione del cittadino è che, comunque la si giri, al momento della spartizione della torta destra e sinistra discutono, s’accapigliano, s’attaccano alla sedia, minacciano e non arrivano mai a niente, e lui, solo lui, checché ne dicano ipocriti e venditori di fumo, sarà il solo chiamato a pagare il conto e portare la croce.
(nella foto, il senatore Riccardo Villari neo-presidente della Commissione di Vigilanza RAI)
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