L’arma del ricatto in barba alla sicurezza aerea
Venerdì, 14 novembre 2008
In questo Paese dalla dubbia serietà anche le leggi somigliano alle pelle di certi apparati: tiri da una parte e la interpreti in un modo, tiri dall’altro ed ottieni un’interpretazione diversa.
La legge sulla regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici è sicuramente uno di quei dispositivi che meglio si presta alle interpretazioni, poiché al di là di alcuni punti fermi, come i periodi di interdizione per le astensioni dal lavoro, lascia un certo spazio discrezionale allor quando si renda necessario far rientrare una protesta spontanea o sindacale nella fattispecie dello sciopero a tutti gli effetti o dell'abuso non consentito dalla normativa.
La questione non è di secondaria importanza, poiché in queste settimane di protesta dei dipendenti ex Alitalia non organizzata dalle sigle sindacali ufficiali, si sta assistendo ad una forte turbolenza nell’erogazione del servizio di trasporto aereo e da più parti si invoca l’intervento della Commissione di Garanzia sugli scioperi, che sanzioni i lavoratori in agitazione con il ricorso a forme di protesta contrarie alle norme di legge e le sigle sindacali che garantiscono od organizzano tali forme di protesta.
L’aspetto propedeutico da valutare è se quello dei dipendenti ex Alitalia, che protestano contro le inique condizioni imposte loro dalla CAI e che attuano una pedissequa applicazione dei regolamenti di garanzia della sicurezza volo, possa configurarsi come azione di sciopero o meno. Il che apparentemente può apparire agevole, ma grazie alle interpretazioni, si rivela cosa non pacifica, tant’è vero che Antonio Martone, presidente della Commissione non esclude, - ma ancora conserva qualche dubbio, - di intervenire sanzionando comportamenti che potrebbero qualificarsi illeciti.
Chi non ha dimestichezza con il settore sconosce nella maggior parte dei casi la pletore normativa che grava sul trasporto aereo, per il quale tutto è sostanzialmente codificato – dalla composizione equipaggi ed il loro accesso a bordo, alle norme di sicurezza a bordo, al bagaglio di stiva e quello a mano, alle cintura di sicurezza in dotazione alle singole poltrone ed alla loro efficienza, ai giubbetti salvagente ed ai cartoncini con le norme di evacuazione in caso di incidente, alle luci di bordo per i passeggeri e quelle delle spie cockpit pilota e copilota, alle maschere d’ossigeno ed al sistema di caduta automatica in caso di necessità, sino alla segnaletica aeroportuale, le aree di parcheggio, la velocità di rullaggio e la cadenza oraria di decolli ed atterraggi – ed in questo abbecedario del volo sicuro il comandante dell’aeromobile ed il suo equipaggio sono responsabili della perfetta efficienza del velivolo, da verificare prima dell’inizio di ciascun volo. La mancata efficienza di uno degli apparati previsti dai regolamenti impone un’immediata segnalazione alle squadre di manutenzione, che devono intervenire con il fermo macchina sino al ripristino dell’apparato in avaria.
Da questa descrizione è facile intuire come l’applicazione ligia del regolamento possa determinare un forte rallentamento delle partenze e, conseguentemente, un accumulo di ritardi a catena su tutto il sistema del traffico aereo, ma da qui a qualificare come sciopero il rispetto dei regolamenti francamente ci pare ne corra parecchio. Certo, è innegabile che l’eventuale mancanza di un giubbetto salvagente, come può occasionalmente accadere, potrebbe non costituire impedimento all’operatività, ma allora sarebbe il caso di emendare i regolamenti e non pretendere che il comandante del velivolo si assuma una responsabilità, peraltro sanzionabile a norma dello stesso regolamento.
Né è pensabile che i sacrosanti diritti alla mobilità vengano barattati con inammissibili accomodamenti sulla sicurezza del volo, come adesso si pretenderebbe davanti alla protesta di piloti ed equipaggi ed ai disservizi ai cittadini. Anzi, sarebbe opportuno che la magistratura assumesse i necessari provvedimenti nei confronti di coloro che sino ad oggi hanno disatteso le norme aeronautiche e di quanti istigano alla loro disattenzione e, addirittura, minacciano provvedimenti sanzionatori in conseguenza della loro osservanza. La normativa di decollo ed atterraggio prescrive una tempistica assai precisa degli intervalli che devono essere rispettati tra queste operazioni. Se la frequenza aerea è tale da non consentire l'operatività dei voli previsti entro una fascia oraria con la schedulazione definita, allora si cambi la distribuzione del traffico all’interno della fascia oraria congestionata, ma non si accusi di irresponsabilità un comandante che pretenda di decollare con i margini di sicurezza stabiliti dalle norme e, meglio, si receda da un atteggiamento di sapore intimidatorio che istiga alla disobbedienza.
Non è ancora chiaro su cosa si basino le ipotesi della Commissione. L'unica cosa chiara che appare in questa infinita guerra, messa in piedi da chi aveva probabilmente solo l'interesse di favorire qualche clientela, è colui che deve sopportare il danno: l'utente finale, nella doppia veste di viaggiatore e di contribuente che dovrà sostenere il risanamento dei debiti lasciati da Alitalia.
(nella foto, Antonio Martone, presidente della Commissione di Garanzia sugli scioperi nei pubblici servizi)
In questo Paese dalla dubbia serietà anche le leggi somigliano alle pelle di certi apparati: tiri da una parte e la interpreti in un modo, tiri dall’altro ed ottieni un’interpretazione diversa.
La legge sulla regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici è sicuramente uno di quei dispositivi che meglio si presta alle interpretazioni, poiché al di là di alcuni punti fermi, come i periodi di interdizione per le astensioni dal lavoro, lascia un certo spazio discrezionale allor quando si renda necessario far rientrare una protesta spontanea o sindacale nella fattispecie dello sciopero a tutti gli effetti o dell'abuso non consentito dalla normativa.
La questione non è di secondaria importanza, poiché in queste settimane di protesta dei dipendenti ex Alitalia non organizzata dalle sigle sindacali ufficiali, si sta assistendo ad una forte turbolenza nell’erogazione del servizio di trasporto aereo e da più parti si invoca l’intervento della Commissione di Garanzia sugli scioperi, che sanzioni i lavoratori in agitazione con il ricorso a forme di protesta contrarie alle norme di legge e le sigle sindacali che garantiscono od organizzano tali forme di protesta.
L’aspetto propedeutico da valutare è se quello dei dipendenti ex Alitalia, che protestano contro le inique condizioni imposte loro dalla CAI e che attuano una pedissequa applicazione dei regolamenti di garanzia della sicurezza volo, possa configurarsi come azione di sciopero o meno. Il che apparentemente può apparire agevole, ma grazie alle interpretazioni, si rivela cosa non pacifica, tant’è vero che Antonio Martone, presidente della Commissione non esclude, - ma ancora conserva qualche dubbio, - di intervenire sanzionando comportamenti che potrebbero qualificarsi illeciti.
Chi non ha dimestichezza con il settore sconosce nella maggior parte dei casi la pletore normativa che grava sul trasporto aereo, per il quale tutto è sostanzialmente codificato – dalla composizione equipaggi ed il loro accesso a bordo, alle norme di sicurezza a bordo, al bagaglio di stiva e quello a mano, alle cintura di sicurezza in dotazione alle singole poltrone ed alla loro efficienza, ai giubbetti salvagente ed ai cartoncini con le norme di evacuazione in caso di incidente, alle luci di bordo per i passeggeri e quelle delle spie cockpit pilota e copilota, alle maschere d’ossigeno ed al sistema di caduta automatica in caso di necessità, sino alla segnaletica aeroportuale, le aree di parcheggio, la velocità di rullaggio e la cadenza oraria di decolli ed atterraggi – ed in questo abbecedario del volo sicuro il comandante dell’aeromobile ed il suo equipaggio sono responsabili della perfetta efficienza del velivolo, da verificare prima dell’inizio di ciascun volo. La mancata efficienza di uno degli apparati previsti dai regolamenti impone un’immediata segnalazione alle squadre di manutenzione, che devono intervenire con il fermo macchina sino al ripristino dell’apparato in avaria.
Da questa descrizione è facile intuire come l’applicazione ligia del regolamento possa determinare un forte rallentamento delle partenze e, conseguentemente, un accumulo di ritardi a catena su tutto il sistema del traffico aereo, ma da qui a qualificare come sciopero il rispetto dei regolamenti francamente ci pare ne corra parecchio. Certo, è innegabile che l’eventuale mancanza di un giubbetto salvagente, come può occasionalmente accadere, potrebbe non costituire impedimento all’operatività, ma allora sarebbe il caso di emendare i regolamenti e non pretendere che il comandante del velivolo si assuma una responsabilità, peraltro sanzionabile a norma dello stesso regolamento.
Né è pensabile che i sacrosanti diritti alla mobilità vengano barattati con inammissibili accomodamenti sulla sicurezza del volo, come adesso si pretenderebbe davanti alla protesta di piloti ed equipaggi ed ai disservizi ai cittadini. Anzi, sarebbe opportuno che la magistratura assumesse i necessari provvedimenti nei confronti di coloro che sino ad oggi hanno disatteso le norme aeronautiche e di quanti istigano alla loro disattenzione e, addirittura, minacciano provvedimenti sanzionatori in conseguenza della loro osservanza. La normativa di decollo ed atterraggio prescrive una tempistica assai precisa degli intervalli che devono essere rispettati tra queste operazioni. Se la frequenza aerea è tale da non consentire l'operatività dei voli previsti entro una fascia oraria con la schedulazione definita, allora si cambi la distribuzione del traffico all’interno della fascia oraria congestionata, ma non si accusi di irresponsabilità un comandante che pretenda di decollare con i margini di sicurezza stabiliti dalle norme e, meglio, si receda da un atteggiamento di sapore intimidatorio che istiga alla disobbedienza.
Non è ancora chiaro su cosa si basino le ipotesi della Commissione. L'unica cosa chiara che appare in questa infinita guerra, messa in piedi da chi aveva probabilmente solo l'interesse di favorire qualche clientela, è colui che deve sopportare il danno: l'utente finale, nella doppia veste di viaggiatore e di contribuente che dovrà sostenere il risanamento dei debiti lasciati da Alitalia.
(nella foto, Antonio Martone, presidente della Commissione di Garanzia sugli scioperi nei pubblici servizi)
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