G8 2001 – E' l'ora dei pentiti
Domenica, 16 novembre 2008
Bravo Antonio Manganelli. Pur se tardivamente, adesso ha deciso di raccontare la verità sui fatti del G8 e l’indegno pestaggio cui furono sottoposti i manifestanti ospiti delle scuole Diaz e Pascoli di Genova nella notte tra il 21 ed il 22 luglio 2001.
C’è da augurarsi che non sia l’ennesima verità di parte, considerato che 7 anni sono obiettivamente un po’ troppi per raccontare ciò che dai riscontri degli inquirenti e dai filmati realizzati dai cineoperatori di tante televisioni straniere non sembra lasciare alcuna ombra di dubbio: fu un pestaggio in piena regola, un’azione di macelleria criminale come fu definita l’irruzione nei due plessi scolastici, concertata e diretta dai vertici della polizia di stato e dai suoi funzionari presenti sul posto. Tra i manifestanti sorpresi nel sonno, sicuramente, ci sarà stato qualcuno che ai disordini del pomeriggio aveva partecipato, ma l’azione squadrista condotta dai tutori dell’ordine non è per questo meno grave e condannabile.
Cosa voglia adesso raccontare il “pentito” Manganelli non è ancora chiaro, ma non pensi di intorbidire le acque con fantasiose ricostruzioni di fatti che sono tristemente evidenti agli occhi del mondo.
D’altra parte le “sedi istituzionali” nelle quali Manganelli ha lasciato intendere sarebbe pronto a parlare – la Commissione parlamentare d’inchiesta sollecitata da più parti – evidenziano dubbi e perplessità sull’opportunità che la questione trovi nuovo spazio di discussione e approfondimento. Maurizio Gasparri, presidente del PdL al Senato e che come è suo costume blatera assurdi teoremi piuttosto che tacere e risparmiare a chi incappa nelle sue elucubrazioni un incontenibile senso di voltastomaco, riassume in proposito il pensiero del centro destra: «Non esiste alcuna polemica sulla commissione d'inchiesta, perché la maggioranza non ha intenzione di permettere una speculazione in Parlamento ai danni delle forze dell'ordine». Quei fatti, prosegue Gasparri, sono stati chiariti da un processo, e si confida che anche chi è stato condannato «potrà dimostrare la propria innocenza». Il che prova come l’insigne portavoce del PdL al Senato non abbia altro hobby nel suo retroterra che l’addomesticamento della verità e lo stravolgimento dei fatti. Nel dire ciò, probabilmente, ha pensato a Vincenzo Canterini, ex capo del Reparto Mobile di Roma, a cui s’è sentito d’esprimere una cameratesca solidarietà. Ed anche Canterini chiarisce che non diede alcun ordine di eseguire le iniziative oggetto del processo agli uomini che un tempo guidava, che non era alla ricerca di «improbabili rivincite» ed aspetta solo il processo di appello per veder definitivamente chiarita la sua posizione.
Anche il ministro Bossi ha espresso il suo parere sulla sentenza e sui fatti, nel merito dei quali ha comunque ritenuto opportuno non entrare. Si è limitato ad esprimere un giudizio, di velenosa conclusione politica, con il quale ancora una volta ha confermato la pochezza del suo pensiero e l’assenza totale di senso d’equilibrio. «È una decisione della magistratura, quindi, visto che la magistratura è in larga parte di sinistra, significa che ha scelto come vuole la sinistra», ha affermato il leader del Carroccio, con alto senso di obiettività e di aderenza ai fatti.
Mentre comunque all’iniziativa di Manganelli si guarda da più parte con interesse, il Comitato Verità e Giustizia, sorto dopo i tragici fatti, ha già fatto sapere che contro le decisioni della magistratura, il cui giudizio appare tutt’altro che “di sinistra”, come sostiene Bossi, ricorrerà all’alta Corte di Giustizia europea, affinché i fatti, sui quali è mancato “il coraggio di arrivare sino in fondo”, venga fatta definitiva chiarezza e vengono attribuite le adeguate pene a coloro che sono stati gli autori di una delle pagine più vergognose della storia democratica e repubblicana del Paese.
(nella foto, il capo della polizia Antonio Manganelli)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page