Paga Pantalone
Sabato, 8 novembre 2008
Al fine di meglio rappresentare la situazione determinatasi con la trovata del governo di privatizzare l’Alitalia attraverso la discutibile operazione di favore nei confronti di una “cordata tutta nazionale” di imprenditori, pubblichiamo un articolo apparso sul quotidiano on line Il Sussidiario.net, che ben riassume i termini equivoci di un’operazione industriale di scarsissimo senso, i cui costi ricadranno esclusivamente sui cittadini e con ricadute sul futuro della nuova compagnia aerea sostanzialmente già segnate, le cui conclusioni lasciamo ai lettori.
La Compagnia Aerea Italiana ha presentato la propria offerta per l’acquisto degli asset di Alitalia, in particolar modo gli aerei e gli slot. La somma proposta al Commissario Straordinario di Alitalia Augusto Fantozzi ammonta a un miliardo di euro, una cifra che sembra essere lontana dal valore degli asset aziendali.
Gli aerei acquisiti in proprietà saranno 64 ed ognuno di essi ha un valore medio di mercato di circa 15 milioni di euro, mentre gli slot dovrebbero valere almeno 600 milioni di euro. Solamente queste due attività aziendali dunque ammontano a un valore superiore al miliardo e mezzo di euro, somma superiore all’offerta CAI.
Il “piano Fenice” non ha solo un costo di 3 miliardi dovuti alla creazione della Bad Company che andrà in capo allo Stato Italiano. Ci sono anche dei costi per i viaggiatori del trasporto aereo italiano dovuti alla diminuzione della concorrenza interna e alla mancata liberalizzazione dei voli intercontinentali.
La nuova Compagnia Aerea Italiana si presenta con un piano debole sia per la rinascita di Alitalia, ma in particolar modo debole per il mercato del trasporto aereo italiano. È interessante analizzare in primo luogo la struttura dei ricavi per tipologia di rotta. Nel caso dei maggiori vettori di bandiera europei il peso preponderante appartiene ai proventi dei voli intercontinentali. La vecchia Alitalia si differenziava notevolmente dalle compagnie precedenti in quanto nel 2007 solo il 30% dei ricavi era conseguito sul segmento intercontinentale, l’unico sottratto all’apertura europea del mercato. La nuova CAI, tuttavia, anziché riavvicinarsi ai grandi vettori europei nella sua strategia, se ne allontana ulteriormente e conta di conseguire nel 2009 solo il 23% dei ricavi totali dal trasporto intercontinentale mentre i ricavi sulle rotte nazionali dovrebbero salire dal 28% sino al 42% del totale.
La domanda da porsi è se sbaglia CAI o, invece, i concorrenti i quali continuano a fare profitti. Evidentemente CAI si aspetta di detenere una posizione dominante sul mercato domestico e conta di fare profitti grazie alla disponibilità del Governo a restringere la concorrenza sul mercato interno attraverso provvedimenti legislativi o regolamentari. Solo in questo modo è possibile innalzare le tariffe ed evitare di operare in perdita, come accadeva alla vecchia Alitalia. Nessun piano di rilancio potrebbe infatti immaginare una compagnia tanto forte dal punto di vista dei risultati economici in un mercato dove gli operatori agiscono in concorrenza. Il “piano Fenice”, presentato al Governo e da esso implicitamente accettato, non solamente indica il futuro della nuova compagnia aerea, ma riscrive anche le regole del gioco più importanti.
Sono diverse le debolezze di CAI sia per il sistema aeroportuale che in generale per il trasporto aereo. Il primo punto riguarda le azioni necessarie per il ‘rilancio’ di “Milano Malpensa”: in questo caso il piano CAI prevede esplicitamente l’uscita dei vettori low cost, i quali sono attualmente così poco importanti per il secondo aeroporto italiano che addirittura Easyjet è il primo vettore sullo scalo milanese.
Il secondo punto previsto dal regolato-regolatore è subordinato al partner straniero: se dovesse entrare Lufthansa nel capitale di CAI allora Milano Linate dovrebbe diventare scalo riservato alla sola navetta Milano Linate – Roma Fiumicino. Il traffico passeggeri passerebbe in conseguenza da oltre 10 a soli 2,5 milioni di passeggeri annui (tramite quale fantasiosa limitazione governativa?). Questa azione non solo non sarebbe utile agli aeroporti lombardi (la posizione del sindaco di Milano Letizia Moratti, azionista di maggioranza di SEA, è chiara), ma limiterebbe la già scarsa competizione che esiste tra gli aeroporti.
Il problema è tuttavia che non solo Linate ma tutti gli aeroporti del Nord Italia fanno concorrenza e sottraggono traffico a Malpensa come hub: infatti da Trieste, Venezia, Torino, Genova, ecc. si fa prima a raggiungere in aereo Fiumicino o un altro hub europeo che non Malpensa, necessariamente in auto o in treno poiché si tratta di città troppo poco distanti da Milano da giustificare collegamenti economici per via aerea.
La domanda provocatoria è pertanto la seguente: quando chiederà CAI la chiusura di tutti gli aeroporti del Nord Italia per concentrare il traffico su Milano Malpensa in funzione delle sue strategia imprenditoriale? La chiusura di Linate porrebbe un grave pregiudizio al mercato del trasporto aereo lombardo e questa azione sarebbe di fatto decisa dal piano di rilancio di una compagnia aerea che non riuscirebbe neppure ad avere il 25 per cento dell’attuale traffico italiano.
I dati del piano CAI smentiscono l’ipotesi all’origine del mantenimento della proprietà nazionali Alitalia: il rilancio del trasporto intercontinentale da parte della nuova compagnia aerea italiana. Le rotte intercontinentali offerte dalla Compagnia Aerea Italiana scendono infatti a 18 dalle 22 complessivamente servite in precedenza da Airone ed Alitalia mentre i posti km offerti risulterebbero nel 2009 solo di 17,8 miliardi contri i 24,1 miliardi offerti nel 2007 dalla sola Alitalia (senza AirOne), con una diminuzione del 26%.
La struttura dei ricavi di CAI pone seri indizi in favore di rendite di posizione monopolistica nel mercato domestico italiano. La certezza emerge ancora una volta dai dettagli dello stesso piano industriale degli imprenditori tricolori.
I ricavi per posto chilometro offerto da CAI evidenziano che la nuova compagnia aerea sarà in grado di alzare in maniera molto consistente il prezzo dei biglietti sul mercato domestico grazie alle misure anticoncorrenziali che il Governo ha già preso o ci si attenda da parte di CAI che prenderà in futuro.
Con gli introiti unitari della vecchia Alitalia la spesa totale per i consumatori nei cinque anni sarebbe stata 6,2 miliardi di euro e il risparmio rispetto a CAI di 2,1 miliardi di euro. La mancata liberalizzazione del trasporto aereo intercontinentale permetterà a CAI di mantenere una posizione di oligopolio per queste tratte. È la ragione per la quale nel complesso il "piano Fenice" costerà ai viaggiatori 3 miliardi di euro. Il "piano Fenice" costa caro a Malpensa, ma soprattutto ai viaggiatori che dovranno sopportare rincari per 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni.
Andrea Giuricin – Ugo Arrigo
Gli aerei acquisiti in proprietà saranno 64 ed ognuno di essi ha un valore medio di mercato di circa 15 milioni di euro, mentre gli slot dovrebbero valere almeno 600 milioni di euro. Solamente queste due attività aziendali dunque ammontano a un valore superiore al miliardo e mezzo di euro, somma superiore all’offerta CAI.
Il “piano Fenice” non ha solo un costo di 3 miliardi dovuti alla creazione della Bad Company che andrà in capo allo Stato Italiano. Ci sono anche dei costi per i viaggiatori del trasporto aereo italiano dovuti alla diminuzione della concorrenza interna e alla mancata liberalizzazione dei voli intercontinentali.
La nuova Compagnia Aerea Italiana si presenta con un piano debole sia per la rinascita di Alitalia, ma in particolar modo debole per il mercato del trasporto aereo italiano. È interessante analizzare in primo luogo la struttura dei ricavi per tipologia di rotta. Nel caso dei maggiori vettori di bandiera europei il peso preponderante appartiene ai proventi dei voli intercontinentali. La vecchia Alitalia si differenziava notevolmente dalle compagnie precedenti in quanto nel 2007 solo il 30% dei ricavi era conseguito sul segmento intercontinentale, l’unico sottratto all’apertura europea del mercato. La nuova CAI, tuttavia, anziché riavvicinarsi ai grandi vettori europei nella sua strategia, se ne allontana ulteriormente e conta di conseguire nel 2009 solo il 23% dei ricavi totali dal trasporto intercontinentale mentre i ricavi sulle rotte nazionali dovrebbero salire dal 28% sino al 42% del totale.
La domanda da porsi è se sbaglia CAI o, invece, i concorrenti i quali continuano a fare profitti. Evidentemente CAI si aspetta di detenere una posizione dominante sul mercato domestico e conta di fare profitti grazie alla disponibilità del Governo a restringere la concorrenza sul mercato interno attraverso provvedimenti legislativi o regolamentari. Solo in questo modo è possibile innalzare le tariffe ed evitare di operare in perdita, come accadeva alla vecchia Alitalia. Nessun piano di rilancio potrebbe infatti immaginare una compagnia tanto forte dal punto di vista dei risultati economici in un mercato dove gli operatori agiscono in concorrenza. Il “piano Fenice”, presentato al Governo e da esso implicitamente accettato, non solamente indica il futuro della nuova compagnia aerea, ma riscrive anche le regole del gioco più importanti.
Sono diverse le debolezze di CAI sia per il sistema aeroportuale che in generale per il trasporto aereo. Il primo punto riguarda le azioni necessarie per il ‘rilancio’ di “Milano Malpensa”: in questo caso il piano CAI prevede esplicitamente l’uscita dei vettori low cost, i quali sono attualmente così poco importanti per il secondo aeroporto italiano che addirittura Easyjet è il primo vettore sullo scalo milanese.
Il secondo punto previsto dal regolato-regolatore è subordinato al partner straniero: se dovesse entrare Lufthansa nel capitale di CAI allora Milano Linate dovrebbe diventare scalo riservato alla sola navetta Milano Linate – Roma Fiumicino. Il traffico passeggeri passerebbe in conseguenza da oltre 10 a soli 2,5 milioni di passeggeri annui (tramite quale fantasiosa limitazione governativa?). Questa azione non solo non sarebbe utile agli aeroporti lombardi (la posizione del sindaco di Milano Letizia Moratti, azionista di maggioranza di SEA, è chiara), ma limiterebbe la già scarsa competizione che esiste tra gli aeroporti.
Il problema è tuttavia che non solo Linate ma tutti gli aeroporti del Nord Italia fanno concorrenza e sottraggono traffico a Malpensa come hub: infatti da Trieste, Venezia, Torino, Genova, ecc. si fa prima a raggiungere in aereo Fiumicino o un altro hub europeo che non Malpensa, necessariamente in auto o in treno poiché si tratta di città troppo poco distanti da Milano da giustificare collegamenti economici per via aerea.
La domanda provocatoria è pertanto la seguente: quando chiederà CAI la chiusura di tutti gli aeroporti del Nord Italia per concentrare il traffico su Milano Malpensa in funzione delle sue strategia imprenditoriale? La chiusura di Linate porrebbe un grave pregiudizio al mercato del trasporto aereo lombardo e questa azione sarebbe di fatto decisa dal piano di rilancio di una compagnia aerea che non riuscirebbe neppure ad avere il 25 per cento dell’attuale traffico italiano.
I dati del piano CAI smentiscono l’ipotesi all’origine del mantenimento della proprietà nazionali Alitalia: il rilancio del trasporto intercontinentale da parte della nuova compagnia aerea italiana. Le rotte intercontinentali offerte dalla Compagnia Aerea Italiana scendono infatti a 18 dalle 22 complessivamente servite in precedenza da Airone ed Alitalia mentre i posti km offerti risulterebbero nel 2009 solo di 17,8 miliardi contri i 24,1 miliardi offerti nel 2007 dalla sola Alitalia (senza AirOne), con una diminuzione del 26%.
La struttura dei ricavi di CAI pone seri indizi in favore di rendite di posizione monopolistica nel mercato domestico italiano. La certezza emerge ancora una volta dai dettagli dello stesso piano industriale degli imprenditori tricolori.
I ricavi per posto chilometro offerto da CAI evidenziano che la nuova compagnia aerea sarà in grado di alzare in maniera molto consistente il prezzo dei biglietti sul mercato domestico grazie alle misure anticoncorrenziali che il Governo ha già preso o ci si attenda da parte di CAI che prenderà in futuro.
Con gli introiti unitari della vecchia Alitalia la spesa totale per i consumatori nei cinque anni sarebbe stata 6,2 miliardi di euro e il risparmio rispetto a CAI di 2,1 miliardi di euro. La mancata liberalizzazione del trasporto aereo intercontinentale permetterà a CAI di mantenere una posizione di oligopolio per queste tratte. È la ragione per la quale nel complesso il "piano Fenice" costerà ai viaggiatori 3 miliardi di euro. Il "piano Fenice" costa caro a Malpensa, ma soprattutto ai viaggiatori che dovranno sopportare rincari per 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni.
Andrea Giuricin – Ugo Arrigo
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