Pensioni, un’altra riforma-truffa?
Venerdì, 12 dicembre 2008
Puntuale come certe disgrazie giunge da voci di corridoio la notizia che sarebbe allo studio l’ennesima riforma del sistema pensionistico. Che poi di riforma non si tratterebbe, poiché si tratterebbe di elevare ancora una volta l’età alla quale sarebbe consentito accedere al trattamento di quiescenza.
Secondo i sussurri, questa necessità sarebbe dettata dall’esigenza di reperire i fondi necessari per finanziare gli ammortizzatori sociali, ai quali si farà sempre maggior ricorso nei prossimi mesi a causa della crisi economica.
La questione relativa al reperimento dei fondi per finanziare cassa integrazione, mobilità ed indennità di disoccupazione è certamente di primaria importanza nella fase corrente; tuttavia un nuovo intervento sui meccanismi di accesso alla pensione per dirottare risorse per la risoluzione del problema appare come un tragico gioco delle tre carte, dato che toglie da una parte e dà da un’altra, ma apre un fronte ancor più problematico e critico nel panorama del fenomeno disoccupazione, così tragicamente omogeneo per i tanti che hanno perso o stanno per perdere l’unico mezzo di sostentamento e così variegato nelle prospettive di ritrovare un’occupazione.
Sono ormai mesi che denunciamo lo stato di profonda precarietà umana in cui versano migliaia di cittadini ultracinquantacinquenni espulsi dal sistema produttivo. Per costoro, troppo anziani per risultare ancora appetibili sul mercato del lavoro, quasi stessero oggi elemosinando un diritto che hanno pagato con anni ed anni di versamenti contributivi, sono scattate, prima con il governo Berlusconi e poi con il governo Prodi, meccanismi che, di fatto, inibiscono l’accesso al pensionamento, essendo stati rivisti i requisiti di minimi di età oltre che gli anni contributivi. Per costoro il pensionamento di anzianità, dopo ben 36 anni di contribuzione, non può esser visto come una regalia del sistema, ma rappresenta l’unica ancora di salvezza da una condizione di invivibilità e miseria per sé e la propria famiglia.
Ciò era stato compreso dal governo Prodi, che aveva in parte addolcito le drastiche misura varate con la precedente riforma Maroni, pur mantenendo una penalizzazione intollerabile per i tanti esclusi. L’ennesima riforma del sistema, che allunghi l’età per accedere al beneficio, sarebbe un vero e proprio misfatto sociale che non può essere in alcun modo consentito. Una nuova ulteriore riforma dei parametri d’età sarebbe un’ipotesi perversa che non terrebbe conto delle reazioni disperate che potrebbe produrre, oltre a rappresentare una palese contraddizione con quei principi minimi di equità sociale particolarmente stringenti nella fase di crisi attanagliante che attraversiamo.
Non v’è alcuna emergenza che possa mai giustificare il vero e proprio ladrocinio di stato consumato con un provvedimento che ha cancellato improvvisamente diritti consolidatisi in oltre 35 anni, rappresentati dai versamenti in denaro contante agli istituti di previdenza pubblica.
Ma hanno pensato gli autori di questa mostruosità cosa mai accadrebbe se banche, assicurazioni e chiunque avesse stipulato un contratto in base al quale ha acquisito versamenti periodici con promessa di erogazione di un capitale dopo un tempo definito, alla scadenza si arrogasse il diritto di posticipare la liquidazione di quanto dovuto? Chiunque in una tale ipotesi griderebbe allo scandalo, se non alla truffa, e scomoderebbe magistrati e tribunali per costringere l’inadempiente a saldare il suo debito.
Nel caso delle pensioni, invece, è sembrato del tutto normale calpestare ogni principio di legalità e fare carta straccia del contratto virtuale in essere con milioni di cittadini, adducendo meschine quanto improponibili ragioni di equilibrio di pubblico bilancio.
Diversa cosa sarebbe stata una riforma che avesse previsto nuovi meccanismi applicabili ai neoassunti a partire da una certa data, in quanto non avrebbe contemplato odiose retroattività, non solo inique ma ai confini del codice penale.
Ma se queste considerazioni rientrano nella sfera squisitamente giuridica e fondante del rapporto stato-cittadino, diverse sono le critiche che possono muoversi sul piano dell’etica e dell’equità ai propugnatori di ulteriori riformismi.
Coloro che propugnano nuovi interventi penalizzanti in tal senso, come la Confindustria di Emma Marcegaglia o i quattro economisti attenti solo ai tecnicismi teorici, sono disgraziatamente affetti da una visione cinica della realtà, incapace di fare i conti con l’emergenza di fenomeni che gravano pesantemente su larghi strati del tessuto sociale, per i quali non ci sono soluzioni se non il sostegno tangibile dello stato o l’accesso alla guadagnata pensione.
Il dibattito sul precariato, sulla disoccupazione crescente, sul peso degli oneri a carico delle imprese, è del tutto lecito, così come è lecito pianificare interventi risolutivi che consentano alle imprese di competere senza gravami eccessivi ed ai cittadini di esperire un’esistenza dignitosa senza l’ausilio di strumenti di sostegno a carico della collettività. Questi, però, sono discorsi che debbono essere affrontati quando le condizioni lo consentono, non certo in periodi nei quali è già impossibile arrivare a fine mese per coloro che lavorano o trovare un’occupazione per quanti involontariamente hanno perso quella che avevano. E chi sostiene che le pensioni gravano sul bilancio dello stato abbia l’onestà di ammettere che il denaro versato da lavoratori ed imprese nel corso degli anni per farvi fronte è stato letteralmente trafugato o sperperato per finanziare altre spese.La crisi economica in atto é stata da più parti ipotizzata lunga e difficile da gestire, ma non vi sarebbe alcuna giustificazione plausibile per decidere di infliggere un nuovo colpo alle attese di quanti nel pensionamento vedono ormai l’unica e l’ultima ancora di salvezza prima del baratro. E chi si illude che le soluzioni possano venire da facili escamotage di corto respiro non ha probabilmente fatto i conti con la sopportazione popolare, ormai giunta ad un pericoloso limite. Di ciò che dovesse accadere, qualora si assumessero provvedimenti di politica economica e sociale che non tenessero nel dovuto conto le ricadute sulla realtà del Paese, dovranno essere chiare le responsabilità e le conseguenze, visto che la storia insegna che la miseria, l’indigenza e lo stato di necessità sono i potenti catalizzatori per l’esplosione di vere e proprie rivolte sociali, i cui esiti nefasti finiscono sì per coinvolgere tutti.
(nella foto, Alberto Alesina, tecnocrate propugnatore di una nuova riforma del sistema pensionistico)
Puntuale come certe disgrazie giunge da voci di corridoio la notizia che sarebbe allo studio l’ennesima riforma del sistema pensionistico. Che poi di riforma non si tratterebbe, poiché si tratterebbe di elevare ancora una volta l’età alla quale sarebbe consentito accedere al trattamento di quiescenza.
Secondo i sussurri, questa necessità sarebbe dettata dall’esigenza di reperire i fondi necessari per finanziare gli ammortizzatori sociali, ai quali si farà sempre maggior ricorso nei prossimi mesi a causa della crisi economica.
La questione relativa al reperimento dei fondi per finanziare cassa integrazione, mobilità ed indennità di disoccupazione è certamente di primaria importanza nella fase corrente; tuttavia un nuovo intervento sui meccanismi di accesso alla pensione per dirottare risorse per la risoluzione del problema appare come un tragico gioco delle tre carte, dato che toglie da una parte e dà da un’altra, ma apre un fronte ancor più problematico e critico nel panorama del fenomeno disoccupazione, così tragicamente omogeneo per i tanti che hanno perso o stanno per perdere l’unico mezzo di sostentamento e così variegato nelle prospettive di ritrovare un’occupazione.
Sono ormai mesi che denunciamo lo stato di profonda precarietà umana in cui versano migliaia di cittadini ultracinquantacinquenni espulsi dal sistema produttivo. Per costoro, troppo anziani per risultare ancora appetibili sul mercato del lavoro, quasi stessero oggi elemosinando un diritto che hanno pagato con anni ed anni di versamenti contributivi, sono scattate, prima con il governo Berlusconi e poi con il governo Prodi, meccanismi che, di fatto, inibiscono l’accesso al pensionamento, essendo stati rivisti i requisiti di minimi di età oltre che gli anni contributivi. Per costoro il pensionamento di anzianità, dopo ben 36 anni di contribuzione, non può esser visto come una regalia del sistema, ma rappresenta l’unica ancora di salvezza da una condizione di invivibilità e miseria per sé e la propria famiglia.
Ciò era stato compreso dal governo Prodi, che aveva in parte addolcito le drastiche misura varate con la precedente riforma Maroni, pur mantenendo una penalizzazione intollerabile per i tanti esclusi. L’ennesima riforma del sistema, che allunghi l’età per accedere al beneficio, sarebbe un vero e proprio misfatto sociale che non può essere in alcun modo consentito. Una nuova ulteriore riforma dei parametri d’età sarebbe un’ipotesi perversa che non terrebbe conto delle reazioni disperate che potrebbe produrre, oltre a rappresentare una palese contraddizione con quei principi minimi di equità sociale particolarmente stringenti nella fase di crisi attanagliante che attraversiamo.
Non v’è alcuna emergenza che possa mai giustificare il vero e proprio ladrocinio di stato consumato con un provvedimento che ha cancellato improvvisamente diritti consolidatisi in oltre 35 anni, rappresentati dai versamenti in denaro contante agli istituti di previdenza pubblica.
Ma hanno pensato gli autori di questa mostruosità cosa mai accadrebbe se banche, assicurazioni e chiunque avesse stipulato un contratto in base al quale ha acquisito versamenti periodici con promessa di erogazione di un capitale dopo un tempo definito, alla scadenza si arrogasse il diritto di posticipare la liquidazione di quanto dovuto? Chiunque in una tale ipotesi griderebbe allo scandalo, se non alla truffa, e scomoderebbe magistrati e tribunali per costringere l’inadempiente a saldare il suo debito.
Nel caso delle pensioni, invece, è sembrato del tutto normale calpestare ogni principio di legalità e fare carta straccia del contratto virtuale in essere con milioni di cittadini, adducendo meschine quanto improponibili ragioni di equilibrio di pubblico bilancio.
Diversa cosa sarebbe stata una riforma che avesse previsto nuovi meccanismi applicabili ai neoassunti a partire da una certa data, in quanto non avrebbe contemplato odiose retroattività, non solo inique ma ai confini del codice penale.
Ma se queste considerazioni rientrano nella sfera squisitamente giuridica e fondante del rapporto stato-cittadino, diverse sono le critiche che possono muoversi sul piano dell’etica e dell’equità ai propugnatori di ulteriori riformismi.
Coloro che propugnano nuovi interventi penalizzanti in tal senso, come la Confindustria di Emma Marcegaglia o i quattro economisti attenti solo ai tecnicismi teorici, sono disgraziatamente affetti da una visione cinica della realtà, incapace di fare i conti con l’emergenza di fenomeni che gravano pesantemente su larghi strati del tessuto sociale, per i quali non ci sono soluzioni se non il sostegno tangibile dello stato o l’accesso alla guadagnata pensione.
Il dibattito sul precariato, sulla disoccupazione crescente, sul peso degli oneri a carico delle imprese, è del tutto lecito, così come è lecito pianificare interventi risolutivi che consentano alle imprese di competere senza gravami eccessivi ed ai cittadini di esperire un’esistenza dignitosa senza l’ausilio di strumenti di sostegno a carico della collettività. Questi, però, sono discorsi che debbono essere affrontati quando le condizioni lo consentono, non certo in periodi nei quali è già impossibile arrivare a fine mese per coloro che lavorano o trovare un’occupazione per quanti involontariamente hanno perso quella che avevano. E chi sostiene che le pensioni gravano sul bilancio dello stato abbia l’onestà di ammettere che il denaro versato da lavoratori ed imprese nel corso degli anni per farvi fronte è stato letteralmente trafugato o sperperato per finanziare altre spese.La crisi economica in atto é stata da più parti ipotizzata lunga e difficile da gestire, ma non vi sarebbe alcuna giustificazione plausibile per decidere di infliggere un nuovo colpo alle attese di quanti nel pensionamento vedono ormai l’unica e l’ultima ancora di salvezza prima del baratro. E chi si illude che le soluzioni possano venire da facili escamotage di corto respiro non ha probabilmente fatto i conti con la sopportazione popolare, ormai giunta ad un pericoloso limite. Di ciò che dovesse accadere, qualora si assumessero provvedimenti di politica economica e sociale che non tenessero nel dovuto conto le ricadute sulla realtà del Paese, dovranno essere chiare le responsabilità e le conseguenze, visto che la storia insegna che la miseria, l’indigenza e lo stato di necessità sono i potenti catalizzatori per l’esplosione di vere e proprie rivolte sociali, i cui esiti nefasti finiscono sì per coinvolgere tutti.
(nella foto, Alberto Alesina, tecnocrate propugnatore di una nuova riforma del sistema pensionistico)
4 Commenti:
LAVORATORI PRECOCI
NATO 1952 ANNI 56 LAVORO 39
RAGAZZI NATI PRECOCE PER LAVORO,
DIRITTO NEGATO ............
La delega prevede due fasi di intervento:
1. FINO AL 2008: sistema immutato, incentivi e lotta agli abusi
LAVORATORI PRECOCI: chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrà garantito un regime agevolato (da definire con le parti sociali). La delega contiene inoltre alcune questioni ancora in sospeso, che non avranno attuazione immediata perché richiedono un confronto tra il Governo e le parti sociali, il Governo e le regioni, il Governo e le autonomie locali:
La delega prevede due fasi di intervento:
1. FINO AL 2008: sistema immutato, incentivi e lotta agli abusi
2. DAL 2008: riforma strutturale, con eccezioni
REQUISITO UNICO PER LA PENSIONE: viene confermata la regola generale del requisito unico per andare in pensione: 40 anni di contributi o 65 anni di età (60 per le donne).
Eccezioni:
PENSIONI DI ANZIANITA': anche dopo il 2008 sarà possibile andare in pensione anticipata, anche se (per incentivare la permanenza al lavoro) la pensione di anzianità sarà calcolata sulla base del metodo contributivo;
ATTIVITA' USURANTI: chi svolge un lavoro duro (da definire con le parti sociali) potrà andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni;
LAVORATRICI MADRI: le madri che lavorano potranno ritirarsi dal lavoro con un regime agevolato (da definire con le parti sociali);
LAVORATORI PRECOCI: chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrà garantito un regime agevolato (da definire con le parti sociali).
La delega contiene inoltre alcune questioni ancora in sospeso, che non avranno attuazione immediata perché richiedono un confronto tra il Governo e le parti sociali, il Governo e le regioni, il Governo e le autonomie locali:
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO: occorre decidere se il conferimento del TFR maturando ai fondi pensione (negoziali e chiusi) per finanziare la previdenza complementare debba essere volontario o obbligatorio;
DECONTRIBUZIONE: la decontribuzione sino a 5 punti degli oneri contributivi, per incentivare l'assunzione di giovani con contratto a tempo indeterminato, è fortemente osteggiata dai sindacati;
PUBBLICO IMPIEGO: l'estensione progressiva degli incentivi e della previdenza complementare ai dipendenti pubblici dei ministeri, delle regioni, degli enti locali, delle università, etc., è affermata nella delega in linea di principio, ma la sua attuazione concreta comporta notevoli oneri di spesa pubblica, e deve quindi essere oggetto di confronto e negoziato con le parti sociali e le regioni.
lavoratori precoci (non iscritto)
27/09/2008 - 18:32
pensioni lavoratori precoci
Ho compiuto 32 anni di contributi ed ho iniziato a lavorare in regola a 16 anni di età fisica fino ai 18 continuativi.
Farei parte dei lavoratori precoci se la legge non ci avesse delegittimato e discriminato.
Vorrei esprimere a tutti un mio giudizio; altro psicologicamente pensare, me ne andrò in pensione qualche annetto prima, visto che nei miei 16 anni di età fisica cioè da " ragazzino " andavo a lavorare alla zona industriale di CT col troppo freddo e col forte caldo, dovevo essere li alle ore 07,00, e dovevo alzarmi dal letto alle 05,40 per prepararmi per tutte le mie esigenze fisiche prima di partire.
Mentre Io mi alzavo così presto visto la mia tenera età, quelli più grandi di me, la mattina si alzavano dal letto più tardi, ed io dovrò andare in pensione quando andranno costoro con tanto di rispetto; avendo iniziato a lavorare un bel pò più tardi di me; vi sembra giusto?.
Nel contempo approfitto per ringraziare tramite questo Interessante topic, i Signori legislatori che con le loro comprensioni e considerazioni che hanno avuto verso di noi, i quali abbiamo iniziato a conoscere il sacrificio e la sofferenza del lavoro molto prima degli altri, e avendo anche dato per primi il nostro contributo per lo sviluppo e per la crescita dell' Italia.
Su tutta questa filastrocca c'è da tenere presente in piena considerazione, che Io e gli altri ragazzini come me, in quegli anni più belli dell' infanzia ci alzavamo prima delle ore 6 di mattina col buio, mentre gli altri, dico quelli più grandi di Noi dormivano indisturbati nel più bello della mattinata e si stiravano le ossa nel letto fra le coperte, compresi anche quelli che ci amministrano.
Da ragazzino mi facevo forza nell' alzarmi per non rifarmi chiamare da mio Padre che dopo il suono della sua sveglia veniva a svegliarmi; alzati Pietro, ed io con grande forza d' animo, anche se ragazzino quale ero, ed anche se mi veniva a mancare il riposo, con voce quasi da bambino e col sonno negli occhi rispondevo a mio Padre, si Papà mi sto alzando.
A questo punto non riesco proprio a capire perchè Noi precoci in un'età all'epoca infantile non possiamo oggi privileggiare e godere nel potercene andare in pensione qualche anno prima di quelli che hanno iniziato a lavorare dopo di noi e goduto l' infanzia più di Noi.
Noi abbiamo subito un trauma che ci trasciniamo da tempo, divenendo dei lavoratori precoci: cioè lavoratori da ragazzini; iniziando a dare il nostro primo contributo, come le pecore quanto iniziano a dare la loro prima lana in modo più precoce della loro maturità, e che ormai adesso non ci viene più riconosciuto, come se il nostro sacrificio non fosse servito a nulla, per le dovute e ingiuste inconsiderazioni di questi legislatori.
Con questo, Invito coscientemente ed umanamente a riflettere e ha cercare di prendere delle dovute e giuste azioni in un tempo spero abbastanza breve, per tutti noi reduci di precocità, e che con questa precocità di lavoro e non di divertimento che si è tatuato in noi in modo purtroppo indelebile ormai stanco come quello di un anziano, per aver iniziato a lavorare troppo precocemente.
PER ME, NON SO SE ANCHE PER VOI, LAVORATORI PRECOCI: CIOE' LAVORATORI DA RAGAZZINI, PER GIUSTO GIUDIZIO E PER GIUSTA CAUSA, NOI DOVEVAMO ESSERE RICONOSCIUTI ANCOR DI PIU' E MEGLIO DEI LAVORI USURANTI CHE GODONO E PRIVILEGGIANO DI ANNI DI PREPENSIONAMENTO, PENSANDO A QUELLE NOSTRE PICCOLE E TENERE OSSICINE FRAGGILI CHE ERAVAMO.
PERCHE' NOI DA RAGAZZINI CI SIAMO USURATI ANCOR PRIMA E DI PIU' DEI LAVORI USURANTI.
DAI UN TUO PARERE SE SEI DACCORDO GRAZIE.
PIETRO
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La delega prevede due fasi di intervento:
1. FINO AL 2008: sistema immutato, incentivi e lotta agli abusi
LAVORATORI PRECOCI: chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrà garantito un regime agevolato (da definire con le parti sociali). La delega contiene inoltre alcune questioni ancora in sospeso, che non avranno attuazione immediata perché richiedono un confronto tra il Governo e le parti sociali, il Governo e le regioni, il Governo e le autonomie locali:
La delega prevede due fasi di intervento:
1. FINO AL 2008: sistema immutato, incentivi e lotta agli abusi
2. DAL 2008: riforma strutturale, con eccezioni
REQUISITO UNICO PER LA PENSIONE: viene confermata la regola generale del requisito unico per andare in pensione: 40 anni di contributi o 65 anni di età (60 per le donne).
Eccezioni:
PENSIONI DI ANZIANITA': anche dopo il 2008 sarà possibile andare in pensione anticipata, anche se (per incentivare la permanenza al lavoro) la pensione di anzianità sarà calcolata sulla base del metodo contributivo;
ATTIVITA' USURANTI: chi svolge un lavoro duro (da definire con le parti sociali) potrà andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni;
LAVORATRICI MADRI: le madri che lavorano potranno ritirarsi dal lavoro con un regime agevolato (da definire con le parti sociali);
LAVORATORI PRECOCI: chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrà garantito un regime agevolato (da definire con le parti sociali).
La delega contiene inoltre alcune questioni ancora in sospeso, che non avranno attuazione immediata perché richiedono un confronto tra il Governo e le parti sociali, il Governo e le regioni, il Governo e le autonomie locali:
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO: occorre decidere se il conferimento del TFR maturando ai fondi pensione (negoziali e chiusi) per finanziare la previdenza complementare debba essere volontario o obbligatorio;
DECONTRIBUZIONE: la decontribuzione sino a 5 punti degli oneri contributivi, per incentivare l'assunzione di giovani con contratto a tempo indeterminato, è fortemente osteggiata dai sindacati;
PUBBLICO IMPIEGO: l'estensione progressiva degli incentivi e della previdenza complementare ai dipendenti pubblici dei ministeri, delle regioni, degli enti locali, delle università, etc., è affermata nella delega in linea di principio, ma la sua attuazione concreta comporta notevoli oneri di spesa pubblica, e deve quindi essere oggetto di confronto e negoziato con le parti sociali e le regioni.
Rispondi al commento
lavoratori precoci (non iscritto)
27/09/2008 - 18:37
FRANCESCO
Varese
Sabato, 24 Maggio 2008 Segnala Abuso
LAVORATORI PRECOCI -USURANTI , PENSIONE COME LE OLIMPIADE STAFFETTA 39 ANNI DI LAVORO
NATI PRECOCI PER LOVORO , DIRITTI ACQUISITI .
SINDACATI ,POLITICI E GOVERNI LADRI ANNO TOLTO IL DIRITTO
MI APPELLO ALLA LEGA NORD PER UNA RIFORMA /VERTENZA
ALESSANDRO
Padova
Domenica, 1 Giugno 2008 Segnala Abuso
SONO LAVORATORE PRECOCE ! 38 LAV. ANNI 55
LEGA NORD - DOVE SEI ! .........................
DIFENDERE IL DIRITTO MATURATO .
piero
Pavia
Domenica, 15 Giugno 2008 Segnala Abuso
LAVORATORI PRECOCI: chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrà garantito un regime agevolato (da definire con le parti sociali). La delega contiene inoltre alcune questioni ancora in sospeso, che non avranno attuazione immediata perché richiedono un confronto tra il Governo e le parti sociali, il Governo e le regioni, il Governo e le autonomie locali:
MINISTRO SACCONI !.........................
LARA
Napoli
Giovedì, 7 Agosto 2008 Segnala Abuso
il governo ha rubato 5 anni della mia vita.
ho 53 anni e 36 anni di contributi.
SONO GIOVANE?
chi lo dice al governo che ho lavorato come una schiava da quando avevo 17 anni?.....
chi lo dice al governo che oltre a lavorare ho fatto la casalinga la madre ed il padre ? (sono vedova)
chi lo dice al governo che sono stanca e che non ce la faccio piu'?
LADRI........RIDATEMI I MIEI ANNI
MANUELA
Genova
Sabato, 23 Agosto 2008 Segnala Abuso
Ho 51 anni e 35 anni di contributi e non posso andare in pensione.
Spiegatemi perchè la mia collega è andata in pensione con 35 di contributi e 57 di età.
Questa è discriminazione bella e buona,abbiamo lavorato gli stessi anni, io ho iniziato a 16 anni lei a quell'età cosa faceva? dove sono i sindacati per tutelare noi lavoratori precoci?
VERGOGNATEVI
ROBERTO
Parma
Venerdì, 29 Agosto 2008 Segnala Abuso
-NON ANDRò MAI PIU A VOTARE
PRECOCI
Brescia
Lunedì, 1 Settembre 2008 Segnala Abuso
PENSIONI LAVORATORI PRECOCI
--------- ---------- --------
GOVERNO . SINDACATI CGIL, CISL, UIL
INVIATE MESSAGGI A TUTTI : INTERNET GIORNALI
luciano
Imperia
Sabato, 6 Settembre 2008 Segnala Abuso
voglio andare in pensione come ci vanno i parlamentari e cioè dopo 2 anni e mezzo di lavoro oppure datemi un vitalizio anche a me visto che loro dicono che non prendono pensioni ma bens' vitalizio
Carlo
Torino
Martedì, 16 Settembre 2008 Segnala Abuso
Pienamente daccordo con il commento di pietro in quanto anch'io essendo un lavoratore precoce cioè avendo iniziato a lavorare all'età di 15 anni circa.A maggio 2009 praticamente compio i famosi 35 anni di contributi da lavoratore dipendente,ma siccome per i SIGNORI se così li possiamo chiamare o DEFINIRE ho la COLPA di compiere solo 50 anni nel mese di novembre 2008.Ecco che i miei 35 anni di lavoro non sono come quelli di chi ha iniziato magari 10 o più anni dopo di me o di noi in questo caso,e magari essi sono già in pensione.Visto che a quel tempo gli accordi erano che dopo 35 anni ci avrebbero mandati in pensione.E questo non é certo RISPETTO PER CHI COME NOI ABBIAMO SEMPRE LAVORATO E PAGATO I NOSTRI CONTRIBUTI.O forse i contributi precoci valgono meno dei contributi dei così detti lavoratori normali? Io penso che dovremmo formare un COMITATO DI LAVORATORI PRECOCI ED ANDARE A FARCI VALERE DA QUEI SIGNORI A ROMA.
CHI VOLESSE CONTATTARMI VIA EMAIL: carcva@tin.it
luisaTorinoVenerdì, 8 Agosto 2008 Segnala Abuso anche io faccio parte dei precoci e l'inca.....e' alle stelle visto che ho iniziato a lavorare a 15 anni e non vorrei andare in pensione con un piede nella fossa. Grazie cari politici che ci governate, grazie ma vergognatevi. Ci vorrebbe qualcuno che governi VOI. Ma studiate di notte le strategie per danneggiare noi e non i vostri interessi?..... Complimenti continuate cosi che siete FANTASTICI!!!!!!!!GRRRR STR.... VFC
Ho compiuto 32 anni di contributi ed ho iniziato a lavorare in regola a 16 anni di età fisica fino ai 18 continuativi.
Farei parte dei lavoratori precoci se la legge non ci avesse delegittimato e discriminato.
Vorrei esprimere a tutti un mio giudizio; altro psicologicamente pensare, me ne andrò in pensione qualche annetto prima, visto che nei miei 16 anni di età fisica cioè da " ragazzino " andavo a lavorare alla zona industriale di CT col troppo freddo e col forte caldo, dovevo essere li alle ore 07,00, e dovevo alzarmi dal letto alle 05,40 per prepararmi per tutte le mie esigenze fisiche prima di partire.
Mentre Io mi alzavo così presto visto la mia tenera età, quelli più grandi di me, la mattina si alzavano dal letto più tardi, ed io dovrò andare in pensione quando andranno costoro con tanto di rispetto; avendo iniziato a lavorare un bel pò più tardi di me; vi sembra giusto?.
Nel contempo approfitto per ringraziare tramite questo Interessante topic, i Signori legislatori che con le loro comprensioni e considerazioni che hanno avuto verso di noi, i quali abbiamo iniziato a conoscere il sacrificio e la sofferenza del lavoro molto prima degli altri, e avendo anche dato per primi il nostro contributo per lo sviluppo e per la crescita dell' Italia.
Su tutta questa filastrocca c'è da tenere presente in piena considerazione, che Io e gli altri ragazzini come me, in quegli anni più belli dell' infanzia ci alzavamo prima delle ore 6 di mattina col buio, mentre gli altri, dico quelli più grandi di Noi dormivano indisturbati nel più bello della mattinata e si stiravano le ossa nel letto fra le coperte, compresi anche quelli che ci amministrano.
Da ragazzino mi facevo forza nell' alzarmi per non rifarmi chiamare da mio Padre che dopo il suono della sua sveglia veniva a svegliarmi; alzati Pietro, ed io con grande forza d' animo, anche se ragazzino quale ero, ed anche se mi veniva a mancare il riposo, con voce quasi da bambino e col sonno negli occhi rispondevo a mio Padre, si Papà mi sto alzando.
A questo punto non riesco proprio a capire perchè Noi precoci in un'età all'epoca infantile non possiamo oggi privileggiare e godere nel potercene andare in pensione qualche anno prima di quelli che hanno iniziato a lavorare dopo di noi e goduto l' infanzia più di Noi.
Noi abbiamo subito un trauma che ci trasciniamo da tempo, divenendo dei lavoratori precoci: cioè lavoratori da ragazzini; iniziando a dare il nostro primo contributo, come le pecore quanto iniziano a dare la loro prima lana in modo più precoce della loro maturità, e che ormai adesso non ci viene più riconosciuto, come se il nostro sacrificio non fosse servito a nulla, per le dovute e ingiuste inconsiderazioni di questi legislatori.
Con questo, Invito coscientemente ed umanamente a riflettere e ha cercare di prendere delle dovute e giuste azioni in un tempo spero abbastanza breve, per tutti noi reduci di precocità, e che con questa precocità di lavoro e non di divertimento che si è tatuato in noi in modo purtroppo indelebile ormai stanco come quello di un anziano, per aver iniziato a lavorare troppo precocemente.
PER ME, NON SO SE ANCHE PER VOI, LAVORATORI PRECOCI: CIOE' LAVORATORI DA RAGAZZINI, PER GIUSTO GIUDIZIO E PER GIUSTA CAUSA, NOI DOVEVAMO ESSERE RICONOSCIUTI ANCOR DI PIU' E MEGLIO DEI LAVORI USURANTI CHE GODONO E PRIVILEGGIANO DI ANNI DI PREPENSIONAMENTO, PENSANDO A QUELLE NOSTRE PICCOLE E TENERE OSSICINE FRAGGILI CHE ERAVAMO.
PERCHE' NOI DA RAGAZZINI CI SIAMO USURATI ANCOR PRIMA E DI PIU' DEI LAVORI USURANTI.
DAI UN TUO PARERE SE SEI DACCORDO GRAZIE.
PIETRO
Prendiamo atto dai commenti giunti a questo articolo di quanto il tema pensioni sia particolarmente sentito, ma purtroppo in egual misura ignorato dai nostri governanti, sia di destra, ai quali si deve la prima nefasta riforma chiamata Maroni in omaggio al suo propositore, che di sinistra, i quali con Prodi hanno avuto la possibilità di cancellare l’assurdo scalone fissato sull’età, ma hanno introdotto una serie di scalini che, di fondo, hanno mantenuto una forte penalizzazione nell’accesso al diritto.
Ciò che non è accettabile è, comunque, la variazione di un meccanismo di godimento della pensione applicato con assoluta stupidità e mancanza di lungimiranza a tutti i lavoratori, che si sono visti negati un diritto in virtù di un provvedimento che invece andava applicato a partire da quando varato esclusivamente a coloro che avevano anzianità contributiva zero e non a coloro che avevano una situazione contributiva già consolidata.
Cosa dire inoltre della negazione di tale diritto a coloro che, con 35 anni di contributi, compiranno il 58esimo anno d’età a partire da luglio 2009? Costoro dovranno attendere sino al primo luglio 2011 per vedersi riconoscere un diritto che tanti altri staranno già godendo da oltre due anni, perché baciati dalla fortuna in quanto messi al mondo entro il 30 giugno del 1951.
Queste sono ingiustizie vergognose, indegne di un paese civile, che dimostrano come i nostri politici siano completamente insensibili ai problemi della gente. Costoro meriterebbero solo di essere rimandati a casa a calci nel fondo schiena. E dovrebbero considerarsi fortunati di poter comunque ritornare a casa, dato che in altre realtà la giustizia popolare riserverebbe loro ben altro trattamento.
Infine, è gravissimo che questi sedicenti rappresentanti del popolo non si rendano conto di come nella fase di recessione economica in cui siamo sarebbe un peso inferiore per lo stato se si rimuovesse con il pensionamento il peso di dover trovare soluzioni per una fetta di popolazione che, in assenza di questa alternativa, non saprà come arrivare al giorno seguente.
Rimane comunque altrettanto grave ed irrisolto il problema dei cosiddetti lavoratori precoci, cioè di coloro che hanno iniziato l’attività lavorativa prima del diciottesimo anno d’età, che avrebbero diritto ad un trattamento di attenzione e di deroga rispetto alle norme in atto, ma che l’ignavia della politica lascia in un’insostenibile situazione d’incertezza.
Spiace in ogni caso dover concludere che l’origine dei mali di questo Paese è in larghissima parte da attribuire a Berlusconi ed al suo seguito di venditori di fumo. Il grande illusionista, infatti, presentatosi agli occhi degli Italiani come il miracolista della televisione, il grande imprenditore che ha fatto fortuna (ma Craxi dalla tomba non può certo raccontare con quali metodi), ha fatto credere di essere capace di costruire un Paese mangia e bevi. Tanti ci sono caduti, ma le conseguenze le pagano tutti.
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