Campagna elettorale in Sardegna: le balle di Berlusconi
Mercoledì, 21 gennaio 2009
Pubblichiamo un articolo di Giorgio Melis, commentatore di l’altra voce.net, dal titolo “Cavaliere ci prende per il culo. Italia a picco non c’è un euro: piani Marshall ai Sardi e Gaza? Non insulti la nostra intelligenza”, che riassume l’umore dei Sardi al discorso di Berlusconi tenuto domenica scorsa a Nuoro, in occasione della campagna elettorale in corso nell’Isola per il rinnovo del Consiglio Regionale e che, a nostro avviso, non necessita di commento ulteriore.
Il premier si è recato in Sardegna per sostenere il candidato del PdL, Cappellacci, già Assessore alle Finanze nella Giunta Pili del 1999-2004, alla presidenza della Regione. Ma, a quanto sembra, non ha convinto gli elettori o, come più adeguatamente preferisce definirli l’autore dell’articolo, il pubblico.
“Gli influssi febbricoli australiani possono provocare anche privazioni gravi. Come perdersi gli influssi arcoriani sparsi nel fine settimana da nuraghe Losa fino a Nuoro. Senza poter esprimere in diretta, in poesia e prosa, la grata mirabilia dei sardi pelliti per le scoperte archeo-storiche del premier-“magazziniere”e il gaudio magno per i prodigi compiuti e annunciati a nostro beneficio. Urge farlo appena possibile, benché ancora rintronati. Naturalmente con gli eufemismi del caso, come quelli cari al personaggio che trattava Prodi da “utile idiota” e gli elettori di sinistra da “coglioni”. Rispondiamogli con i suoi toni. Ehi, Cavaliere, vuol prenderci per il culo assieme ai suoi ministri pellegrini come le Madonne elettorali del dopoguerra? Signor Berlusconi, qui abbondano i lacchè, maggiordomi e ascari pronti e proni a tutto: quelli dalla lingua a spatola che finiranno di scorticarle i glutei. L'eroe della cupidigia di servilismo è questo Efisio Trincas da Cabras che ha consegnato la bandiera sardista a lei, novello Amsicora e quinto dei Cinque Abbronzati al posto dei Quattro Mori senza più bende ma con le sue bandane. Ci vogliamo rovinare: le regaliamo anche lo sbandieratore. Aggiunga trincas in faulas ai suoi Testoni&Cappellacci, che insieme fanno una parrucca o un capellone. Allora, parliamo dei suoi doni, della cornucopia che sta per rovesciarci addosso.
Ricapitoliamo. Un intervento sull'Eni per bloccare la chiusura del petrolchimico di Porto Torres. Ottima iniziativa. Specie dopo oltre un mese di assoluto silenzio e diniego, nessuna risposta alle tante sollecitazione della Regione e un'altra allarmata, un mese fa, dall'ex ministro Beppe Pisanu; per non parlare dei sindacati e degli amministratori del Nord Sardegna. Non una parola, dal vigile Scajola che non legge e non sente (per lui saremo “rompicoglioni” come il professor Marco Biagi?). Poi i cieli si aprono perché il premier deve venire in Sardegna a fare da balia, tutor e traino al suo candidato aziendale: miracoli delle urne salvifiche. All'Eni viene intimato di far ripartire gli impianti dal 1° febbraio. Sarebbe stato meglio il 14, vigilia delle elezioni: giusto per non destare sospetti. E dal 18 in poi, a urne chiuse, lo Scaroni dell'Eni deciderà la chiusura definitiva degli impianti che aveva già condannato. Non andrà così?
Abbiamo vent'anni di pratica con l'Eni. Aveva cannibalizzato e venduto al valore di rottami (con procedimento giudiziario per tangenti e altro) il tantissimo che restava della Sir di Rovelli. In particolare il suo pezzo più pregiato, l'Euteco, società-leader di impiantistica che faceva concorrenza alla Nuova Pignone del cane a sei zampe. Per non farsi mancare niente, l'Eni aveva a lungo trafficato con strutture e aree turistiche della stessa Sir e soprattutto delle società minerarie, finite a società e personaggi di varia estrazione, socialisti e collegati alla Compagnia delle opere, ovvero Comunione e Liberazione. Allora, l'Eni ci darà - obtorto collo - una boccata d'ossigeno avvelenata sotto le elezioni e poi il de profundis. Lo sappiamo, lo sanno tutti: ecco come andrà, chiunque vinca. Ma il nostro premier crede che i Sardi siano come i buoni selvaggi di Cristoforo Colombo: si accontentino di una manciata di palline di vetro colorato.
Ma al premier-archeologo non è bastato aver scoperto finalmente e tutto da solo, lasciando basito Giovanni Lilliu, che i nuraghe erano i magazzini dell'età nuragica. Ha trovato anche modo di cancellare i costi dell'insularità, con un “ponte” che ne azzererà i costi per i Sardi: addirittura un caposaldo del nuovo federalismo leghista. Probabilmente non vedrà mai la luce, certo non per un decennio, con l'Italia che rischia di sprofondare verso l'Africa per una crisi che esploderà nei prossimi mesi e nella quale rischia più di tutti in Europa. I grandi uomini si danno sempre grandi obiettivi. Berlusconi non è a Washington per l'insediamento di Obama (dove nessuno l'aveva invitato) perché lui non è “una comparsa ma un protagonista”. Allora, il “ponte” che annullerà gli effetti dell'insularità. Come quello sullo stretto di Messina, Cavaliere? Quello che doveva essere realizzato a partire dal 2001, cancellato da Prodi e che neanche lei ha il coraggio evocare? Arriva secondo, comunque. Il ponte Sardegna-Civitavecchia era stato già proposto. Nel 1948, alla vigilia di altre elezioni, da un pittoresco avvocato Marchi di Macomer. In cambio voleva essere eletto deputato ma i Sardi diffidenti e ingrati non lo spedirono alla Camera: niente ponte. Quell'antesignano ha trovato un adeguato epigono: il Cavaliere barone di Munchaussen, che cambia anche la geografia. Certamente avrà miglior fortuna. I Sardi (con l'Unione europea) si accontenterebbero che fosse cacciata la Tirrenia, che spadroneggia con un'indecente compagnia coloniale da mezzo secolo, massacrando i passeggeri e l'Isola, specie il porto di Cagliari, ridotto ai minimi termini. Troppo poco, per Berlusconi. Ci vuol dare il “ponte” e mantenerci anche la Tirrenia: infatti ne ha confermato il ruolo e anche il boiardo Pecorini, che la comanda da 24 anni.
Berlusconi ha anche annunciato che volerà presto in Algeria per chiudere il capitolo-metano: così la Sardegna potrà disporre della rete del gas finora negato solo all'Isola. Che ci va a fare? Risparmi la benzina e l'aereo di Stato: serviranno per le prossime tappe del suo tour elettorale in Sardegna. Per il metano, non serve agitarsi o sproloquiare: è tutto già fatto. Alla fine del 2007. Non ad Algeri: ad Alghero. Dove sono venuti gli algerini, per un vertice bilaterale tra il presidente e diversi ministri del Paese nordafricano e Prodi, D'Alema e altri membri del nostro governo. Firmati i contratti, la Regione è nella società che presto comincerà a realizzare il metanodotto. Ha pure chiesto e ottenuto una royalty per ogni metro cubo di gas che passerà nel tubo, destinazione Toscana-Italia. I lavori sono alle porte, l'opera è strategica: come ha dimostrato l'ennesima crisi del gas con i russi del suo compare Putin, che tiene alla gola l'Europa con la sua guerra contro l'Ucraina. Come per il ponte, il Cavaliere arriva ancora tardi.
Ma dove Berlusconi e il suo governo si superano è nella storia dei piani Marshall. Non “il” piano: i piani. Sbaglieremmo, ma ne aveva già proposto uno per l'Iraq, a suo tempo, quando era stata proclamata la vittoria dall'altro compare Bush: per la gioia degli americani e del mondo devastati dalla sua presidenza, si è appena levato dalla Casa Bianca e dalle scatole. Ricordare sempre che Berlusconi (7 novembre scorso) lo aveva definito “un grandissimo presidente….resterà nella storia”: come la maggior disgrazia internazionale del dopoguerra. Marshall, dunque. Chissà quanti italiani sotto i settant'anni sanno che il piano con questo nome ha soltanto 60 anni di vita, si chiama così dal generale George Marshall (segretario di Stato con Franklin Delano Roosevelt e poi Harry Truman) e aveva un modesto obbiettivo. Dare all'Europa autodistrutta nella seconda guerra mondiale i colossali mezzi Usa per ricostruirsi e non finire sotto il tallone comunista. Come fosse stato ieri, il ragazzo Berlusconi e il prode salottino La Russa evocano un piccolo piano Marshall per la Sardegna. E' un'unica maceria, appena rasa al suolo e fumante: un Iraq in piccolo. Le ultima macerie, per la verità, risalgono al 1999-2004, governando Pili e poi Masala, che aveva come assessore al dissesto delle finanze (debito impennato di un miliardo 300 milioni in un anno) un certo Cappellacci. E' una fissa, questa del piano Marshall. Perché domenica - appena 24 ore dopo che era stato lanciato da Roma per la Sardegna - il Cavaliere lo ha riproposto a Sharm el Sheik per Gaza distrutta dagli aerei e dai cannoni israeliani. Papale, papale. Tant'è che l'ineffabile portavoce Paolo Bonaiuti ha commentato, a riprova della genialità e concretezza del premier: « Il piano Marshall…che lui ha proposto significa…. semplicemente mettere i palestinesi in condizione di poter avere uno sviluppo economico adeguato per creare nuovi posti di lavoro, è l'uovo di Colombo, però è di queste cose concrete che si nutre la pace». Un uovo di Colombo talmente geniale e unico da essersi sdoppiato in un giorno. Lanciato da palazzo Chigi venerdì, obbiettivo Sardegna, domenica sera era stato riciclato a Sharm el Sheik nientemeno che per Gaza. Insomma, quel che andava bene per la Sardegna, è perfetto ed estensibile generosamente anche per Gaza. C'è una quasi perfetta identità tra la situazione sarda e quella della tragica “Striscia”: non è sfuggita alla lungimiranza del Cavaliere. Della serie, paghi zero, prendi due: un bidone spacciato e rispacciato anche in versione export.
Tempo di chiudere. Siamo Sardi, non baluba o pirla come certi suoi amici, Cavaliere. Vabbé che dovremmo darci tutti al giardinaggio, come ci ha consigliato. (A proposito, perché non pensa ai cactus suoi, avendo riempito di questa varietà autoctona - scoperta anche nel Nuraghe Losa, dove forse c'era anche una serra - la sua reggia della Certosa?). Ma che lei venga qui a invaderci settimanalmente per fare la sua guerra elettorale pro-Cappellacci (lo Stato, il governo, i ministri, enti pubblici, qualche arcivescovo-missionario di Forza Italia, prefetti, questori ed ex: tutti contro Soru, competizione alla pari, da sportivi) è già una violenza poco digeribile. Non vuole proporci il suo candidato: solo imporcelo a viva forza, come fossimo incapaci di intendere e volere da soli.
Ma si va oltre e qui non c'entra il sì-no Soru, ma il rispetto che una parte dei Sardi ha di sé, della propria intelligenza, della propria dignità. Il premier ci vuole anche prendere per il culo e in aggiunta i nostri applausi per le sue scempiaggini. Non può permetterselo: con tutta la sua faccia di bronzo. Perché è vero: qui abbondano i lacchè, i leccaculo, gli ascari autocolonizzati che non ci siamo mai negati, i Trincas&Buffas, i sanni, i manincheddi. Ma fossero anche in minoranza (si vedrà), restano molti Sardi con la schiena dritta, senza essere “coglioni” come Berlusconi definiva pubblicamente quelli che votavano a sinistra, deficienti che si bevono le sue frescacce.
Di quale piano o piani Marshall può permettersi di parlare, per la Sardegna e anche per la Palestina, l'Italia stracciona che sta sprofondando nella crisi globale? Non c'è un euro per niente, salvo quelli per ripianare i disavanzi amici di Roma littoria e della Catania del suo medico Sciampagnini. La recessione sta per piombarci addosso come un treno a trecento all'ora ed entro sei mesi i suoi stessi ministri sanno che purtroppo ci colpirà con violenza drammatica. Bankitalia e l'Ocse hanno annunciato, Tremonti conferma, una decrescita del 2 per cento del Pil nel 2009, in aggiunta al trend negativo del 2008. Il deficit pubblico è cresciuto del trenta per cento rispetto al 2007, sforeremo di molto il tre per cento del Pil: siamo già al 3,8, mai così in alto. Oltre, c'è un baratro dal quale non è affatto certo che l'euro e l'Unione Europea possano salvarci, con la previsione di due milioni di disoccupati. E intanto c'è un crollo della produzione industriali come non si vedeva dal 1991, ovvero 18 anni fa, con connesso collasso degli ordinativi. Non è vero che Berlusconi porta sfiga appena va al governo (molto spesso), come nel 2001. Certo noi italiani siamo davvero sfigati e c'è sempre lui nei momento più neri. Tutto bene: allegria!
Questa è la gravissima situazione dell'Italia. E in queste tenebre il capo del governo non ha di meglio da fare che cercare di sequestrare il voto di una regione ad autonomia speciale, di interferire pesantemente con i mezzi dello Stato. Non bastasse, ecco la ciliegina sulla torta: votate per il mio protetto che vi ha anche promesso centomila posti di lavoro e io vi darò un piano che trasformerà la Sardegna in un Eden: mentre il resto d'Italia sprofonderà nella palude della recessione e della disoccupazione. Siamo alla Quaresima, arriva la tempesta e c'è un capo di governo che parla a un milione e 600 mila persone come fossero degli imbecilli, ciechi e sordi che non capiscono e non vedono quel che accade e capiterà. C'è un limite oltre il quale le balle del Merlino fasullo - che strappavano un sorriso rassegnato, un'alzata di spalle impotente - inducono nell'intolleranza per l'allarme angosciato che nevrotizza il corpo sociale. Questa garrula, fatua, allegra spensieratezza del premier mentre siamo a rischio totale, cancella ogni residuo senso dello Stato, distrugge ogni rispetto nelle istituzioni e verso chi le rappresenta come al cabaret, offendendo i cittadini, pardon, il pubblico. Qui non siamo solo alla truffa propagandistica da magliari. C'è anche l'insulto alla nostra intelligenza, all'offesa della nostra dignità. Non avevamo chiesto nulla, al massimo che ci lasciasse in pace, con i cortigiani anche indigeni della Certosa del cactus. È entrato in scena con l'oltraggio al pudore cerebrale di una regione e del suo popolo. Si deve rispondere, adeguandosi al suo lessico, con una sola parola: ma vaffa, Cavaliere. La racconti ai pirla che conosce meglio. Siamo Sardi, non i cretini che crede. Lei che può, con quattro euro si è tenuto Kakà, troppo buono con tutti gli italiani. Faccia un altro piccolo sforzo e lasci in pace anche noi Sardi.
Giorgio Melis”
Il premier si è recato in Sardegna per sostenere il candidato del PdL, Cappellacci, già Assessore alle Finanze nella Giunta Pili del 1999-2004, alla presidenza della Regione. Ma, a quanto sembra, non ha convinto gli elettori o, come più adeguatamente preferisce definirli l’autore dell’articolo, il pubblico.
“Gli influssi febbricoli australiani possono provocare anche privazioni gravi. Come perdersi gli influssi arcoriani sparsi nel fine settimana da nuraghe Losa fino a Nuoro. Senza poter esprimere in diretta, in poesia e prosa, la grata mirabilia dei sardi pelliti per le scoperte archeo-storiche del premier-“magazziniere”e il gaudio magno per i prodigi compiuti e annunciati a nostro beneficio. Urge farlo appena possibile, benché ancora rintronati. Naturalmente con gli eufemismi del caso, come quelli cari al personaggio che trattava Prodi da “utile idiota” e gli elettori di sinistra da “coglioni”. Rispondiamogli con i suoi toni. Ehi, Cavaliere, vuol prenderci per il culo assieme ai suoi ministri pellegrini come le Madonne elettorali del dopoguerra? Signor Berlusconi, qui abbondano i lacchè, maggiordomi e ascari pronti e proni a tutto: quelli dalla lingua a spatola che finiranno di scorticarle i glutei. L'eroe della cupidigia di servilismo è questo Efisio Trincas da Cabras che ha consegnato la bandiera sardista a lei, novello Amsicora e quinto dei Cinque Abbronzati al posto dei Quattro Mori senza più bende ma con le sue bandane. Ci vogliamo rovinare: le regaliamo anche lo sbandieratore. Aggiunga trincas in faulas ai suoi Testoni&Cappellacci, che insieme fanno una parrucca o un capellone. Allora, parliamo dei suoi doni, della cornucopia che sta per rovesciarci addosso.
Ricapitoliamo. Un intervento sull'Eni per bloccare la chiusura del petrolchimico di Porto Torres. Ottima iniziativa. Specie dopo oltre un mese di assoluto silenzio e diniego, nessuna risposta alle tante sollecitazione della Regione e un'altra allarmata, un mese fa, dall'ex ministro Beppe Pisanu; per non parlare dei sindacati e degli amministratori del Nord Sardegna. Non una parola, dal vigile Scajola che non legge e non sente (per lui saremo “rompicoglioni” come il professor Marco Biagi?). Poi i cieli si aprono perché il premier deve venire in Sardegna a fare da balia, tutor e traino al suo candidato aziendale: miracoli delle urne salvifiche. All'Eni viene intimato di far ripartire gli impianti dal 1° febbraio. Sarebbe stato meglio il 14, vigilia delle elezioni: giusto per non destare sospetti. E dal 18 in poi, a urne chiuse, lo Scaroni dell'Eni deciderà la chiusura definitiva degli impianti che aveva già condannato. Non andrà così?
Abbiamo vent'anni di pratica con l'Eni. Aveva cannibalizzato e venduto al valore di rottami (con procedimento giudiziario per tangenti e altro) il tantissimo che restava della Sir di Rovelli. In particolare il suo pezzo più pregiato, l'Euteco, società-leader di impiantistica che faceva concorrenza alla Nuova Pignone del cane a sei zampe. Per non farsi mancare niente, l'Eni aveva a lungo trafficato con strutture e aree turistiche della stessa Sir e soprattutto delle società minerarie, finite a società e personaggi di varia estrazione, socialisti e collegati alla Compagnia delle opere, ovvero Comunione e Liberazione. Allora, l'Eni ci darà - obtorto collo - una boccata d'ossigeno avvelenata sotto le elezioni e poi il de profundis. Lo sappiamo, lo sanno tutti: ecco come andrà, chiunque vinca. Ma il nostro premier crede che i Sardi siano come i buoni selvaggi di Cristoforo Colombo: si accontentino di una manciata di palline di vetro colorato.
Ma al premier-archeologo non è bastato aver scoperto finalmente e tutto da solo, lasciando basito Giovanni Lilliu, che i nuraghe erano i magazzini dell'età nuragica. Ha trovato anche modo di cancellare i costi dell'insularità, con un “ponte” che ne azzererà i costi per i Sardi: addirittura un caposaldo del nuovo federalismo leghista. Probabilmente non vedrà mai la luce, certo non per un decennio, con l'Italia che rischia di sprofondare verso l'Africa per una crisi che esploderà nei prossimi mesi e nella quale rischia più di tutti in Europa. I grandi uomini si danno sempre grandi obiettivi. Berlusconi non è a Washington per l'insediamento di Obama (dove nessuno l'aveva invitato) perché lui non è “una comparsa ma un protagonista”. Allora, il “ponte” che annullerà gli effetti dell'insularità. Come quello sullo stretto di Messina, Cavaliere? Quello che doveva essere realizzato a partire dal 2001, cancellato da Prodi e che neanche lei ha il coraggio evocare? Arriva secondo, comunque. Il ponte Sardegna-Civitavecchia era stato già proposto. Nel 1948, alla vigilia di altre elezioni, da un pittoresco avvocato Marchi di Macomer. In cambio voleva essere eletto deputato ma i Sardi diffidenti e ingrati non lo spedirono alla Camera: niente ponte. Quell'antesignano ha trovato un adeguato epigono: il Cavaliere barone di Munchaussen, che cambia anche la geografia. Certamente avrà miglior fortuna. I Sardi (con l'Unione europea) si accontenterebbero che fosse cacciata la Tirrenia, che spadroneggia con un'indecente compagnia coloniale da mezzo secolo, massacrando i passeggeri e l'Isola, specie il porto di Cagliari, ridotto ai minimi termini. Troppo poco, per Berlusconi. Ci vuol dare il “ponte” e mantenerci anche la Tirrenia: infatti ne ha confermato il ruolo e anche il boiardo Pecorini, che la comanda da 24 anni.
Berlusconi ha anche annunciato che volerà presto in Algeria per chiudere il capitolo-metano: così la Sardegna potrà disporre della rete del gas finora negato solo all'Isola. Che ci va a fare? Risparmi la benzina e l'aereo di Stato: serviranno per le prossime tappe del suo tour elettorale in Sardegna. Per il metano, non serve agitarsi o sproloquiare: è tutto già fatto. Alla fine del 2007. Non ad Algeri: ad Alghero. Dove sono venuti gli algerini, per un vertice bilaterale tra il presidente e diversi ministri del Paese nordafricano e Prodi, D'Alema e altri membri del nostro governo. Firmati i contratti, la Regione è nella società che presto comincerà a realizzare il metanodotto. Ha pure chiesto e ottenuto una royalty per ogni metro cubo di gas che passerà nel tubo, destinazione Toscana-Italia. I lavori sono alle porte, l'opera è strategica: come ha dimostrato l'ennesima crisi del gas con i russi del suo compare Putin, che tiene alla gola l'Europa con la sua guerra contro l'Ucraina. Come per il ponte, il Cavaliere arriva ancora tardi.
Ma dove Berlusconi e il suo governo si superano è nella storia dei piani Marshall. Non “il” piano: i piani. Sbaglieremmo, ma ne aveva già proposto uno per l'Iraq, a suo tempo, quando era stata proclamata la vittoria dall'altro compare Bush: per la gioia degli americani e del mondo devastati dalla sua presidenza, si è appena levato dalla Casa Bianca e dalle scatole. Ricordare sempre che Berlusconi (7 novembre scorso) lo aveva definito “un grandissimo presidente….resterà nella storia”: come la maggior disgrazia internazionale del dopoguerra. Marshall, dunque. Chissà quanti italiani sotto i settant'anni sanno che il piano con questo nome ha soltanto 60 anni di vita, si chiama così dal generale George Marshall (segretario di Stato con Franklin Delano Roosevelt e poi Harry Truman) e aveva un modesto obbiettivo. Dare all'Europa autodistrutta nella seconda guerra mondiale i colossali mezzi Usa per ricostruirsi e non finire sotto il tallone comunista. Come fosse stato ieri, il ragazzo Berlusconi e il prode salottino La Russa evocano un piccolo piano Marshall per la Sardegna. E' un'unica maceria, appena rasa al suolo e fumante: un Iraq in piccolo. Le ultima macerie, per la verità, risalgono al 1999-2004, governando Pili e poi Masala, che aveva come assessore al dissesto delle finanze (debito impennato di un miliardo 300 milioni in un anno) un certo Cappellacci. E' una fissa, questa del piano Marshall. Perché domenica - appena 24 ore dopo che era stato lanciato da Roma per la Sardegna - il Cavaliere lo ha riproposto a Sharm el Sheik per Gaza distrutta dagli aerei e dai cannoni israeliani. Papale, papale. Tant'è che l'ineffabile portavoce Paolo Bonaiuti ha commentato, a riprova della genialità e concretezza del premier: « Il piano Marshall…che lui ha proposto significa…. semplicemente mettere i palestinesi in condizione di poter avere uno sviluppo economico adeguato per creare nuovi posti di lavoro, è l'uovo di Colombo, però è di queste cose concrete che si nutre la pace». Un uovo di Colombo talmente geniale e unico da essersi sdoppiato in un giorno. Lanciato da palazzo Chigi venerdì, obbiettivo Sardegna, domenica sera era stato riciclato a Sharm el Sheik nientemeno che per Gaza. Insomma, quel che andava bene per la Sardegna, è perfetto ed estensibile generosamente anche per Gaza. C'è una quasi perfetta identità tra la situazione sarda e quella della tragica “Striscia”: non è sfuggita alla lungimiranza del Cavaliere. Della serie, paghi zero, prendi due: un bidone spacciato e rispacciato anche in versione export.
Tempo di chiudere. Siamo Sardi, non baluba o pirla come certi suoi amici, Cavaliere. Vabbé che dovremmo darci tutti al giardinaggio, come ci ha consigliato. (A proposito, perché non pensa ai cactus suoi, avendo riempito di questa varietà autoctona - scoperta anche nel Nuraghe Losa, dove forse c'era anche una serra - la sua reggia della Certosa?). Ma che lei venga qui a invaderci settimanalmente per fare la sua guerra elettorale pro-Cappellacci (lo Stato, il governo, i ministri, enti pubblici, qualche arcivescovo-missionario di Forza Italia, prefetti, questori ed ex: tutti contro Soru, competizione alla pari, da sportivi) è già una violenza poco digeribile. Non vuole proporci il suo candidato: solo imporcelo a viva forza, come fossimo incapaci di intendere e volere da soli.
Ma si va oltre e qui non c'entra il sì-no Soru, ma il rispetto che una parte dei Sardi ha di sé, della propria intelligenza, della propria dignità. Il premier ci vuole anche prendere per il culo e in aggiunta i nostri applausi per le sue scempiaggini. Non può permetterselo: con tutta la sua faccia di bronzo. Perché è vero: qui abbondano i lacchè, i leccaculo, gli ascari autocolonizzati che non ci siamo mai negati, i Trincas&Buffas, i sanni, i manincheddi. Ma fossero anche in minoranza (si vedrà), restano molti Sardi con la schiena dritta, senza essere “coglioni” come Berlusconi definiva pubblicamente quelli che votavano a sinistra, deficienti che si bevono le sue frescacce.
Di quale piano o piani Marshall può permettersi di parlare, per la Sardegna e anche per la Palestina, l'Italia stracciona che sta sprofondando nella crisi globale? Non c'è un euro per niente, salvo quelli per ripianare i disavanzi amici di Roma littoria e della Catania del suo medico Sciampagnini. La recessione sta per piombarci addosso come un treno a trecento all'ora ed entro sei mesi i suoi stessi ministri sanno che purtroppo ci colpirà con violenza drammatica. Bankitalia e l'Ocse hanno annunciato, Tremonti conferma, una decrescita del 2 per cento del Pil nel 2009, in aggiunta al trend negativo del 2008. Il deficit pubblico è cresciuto del trenta per cento rispetto al 2007, sforeremo di molto il tre per cento del Pil: siamo già al 3,8, mai così in alto. Oltre, c'è un baratro dal quale non è affatto certo che l'euro e l'Unione Europea possano salvarci, con la previsione di due milioni di disoccupati. E intanto c'è un crollo della produzione industriali come non si vedeva dal 1991, ovvero 18 anni fa, con connesso collasso degli ordinativi. Non è vero che Berlusconi porta sfiga appena va al governo (molto spesso), come nel 2001. Certo noi italiani siamo davvero sfigati e c'è sempre lui nei momento più neri. Tutto bene: allegria!
Questa è la gravissima situazione dell'Italia. E in queste tenebre il capo del governo non ha di meglio da fare che cercare di sequestrare il voto di una regione ad autonomia speciale, di interferire pesantemente con i mezzi dello Stato. Non bastasse, ecco la ciliegina sulla torta: votate per il mio protetto che vi ha anche promesso centomila posti di lavoro e io vi darò un piano che trasformerà la Sardegna in un Eden: mentre il resto d'Italia sprofonderà nella palude della recessione e della disoccupazione. Siamo alla Quaresima, arriva la tempesta e c'è un capo di governo che parla a un milione e 600 mila persone come fossero degli imbecilli, ciechi e sordi che non capiscono e non vedono quel che accade e capiterà. C'è un limite oltre il quale le balle del Merlino fasullo - che strappavano un sorriso rassegnato, un'alzata di spalle impotente - inducono nell'intolleranza per l'allarme angosciato che nevrotizza il corpo sociale. Questa garrula, fatua, allegra spensieratezza del premier mentre siamo a rischio totale, cancella ogni residuo senso dello Stato, distrugge ogni rispetto nelle istituzioni e verso chi le rappresenta come al cabaret, offendendo i cittadini, pardon, il pubblico. Qui non siamo solo alla truffa propagandistica da magliari. C'è anche l'insulto alla nostra intelligenza, all'offesa della nostra dignità. Non avevamo chiesto nulla, al massimo che ci lasciasse in pace, con i cortigiani anche indigeni della Certosa del cactus. È entrato in scena con l'oltraggio al pudore cerebrale di una regione e del suo popolo. Si deve rispondere, adeguandosi al suo lessico, con una sola parola: ma vaffa, Cavaliere. La racconti ai pirla che conosce meglio. Siamo Sardi, non i cretini che crede. Lei che può, con quattro euro si è tenuto Kakà, troppo buono con tutti gli italiani. Faccia un altro piccolo sforzo e lasci in pace anche noi Sardi.
Giorgio Melis”
(nella foto, Ugo Cappellacci, candidato del PdL alla presidenza della Regione Sardegna)
3 Commenti:
spera che sara mio sogno SILVIO che va vincere al Sardegna,io l'adoro piu che tutto,lui e mio raggio di sole,si solo lui potessi essere simpatico con mi,e mi lasci le baciarlo una volta,no chiedere niente al scambio,solo le grande piacere,felice de sentire mio raggio di sole SILVIO,buona fortuna per elezioni,io pensa forto a mio sogno SILVIO,suo viso d'amore...SOPHIE ORENBUCH
La lettrice, nel confessare la sua più che simpatia per Berlusconi, si augura una vittoria del suo beniamino e a noi non resta che farle gli auguri, dato che in democrazia vince chi prende più voti, al di là della simpatia o dell'antipatia.
Certo, se la politica fosse solo una questione di emozioni e non anche di capacità di dare risposte sagge e concrete alle esigenze di un Paese, allora già da tempo avremmo avuto alla guida dei governi Sharon Ston o Angelina Jolie, ché anche l'occhio vuole la sua parte.
Si,io rispetta le gentes che non ammare mio sogno SILVIO,ma come io l'adoro,no capisco come e possibile di non l'ammare,ce uomo e molto intelligente,positivo,forto,de piu lui a 72 anos,ma non mi importa,ho vedo foto de lui giovane,bello certo,ma io le preferire oggi,lui a uno viso d'amore,di gioia,suo magnifico sorriso:le piu bello di mondo,mai ho vedo uno uomo adorabile come mio sogno SILVIO,io pensa sempre a lui,ma encore piu forto per che lui vincere elezione al Sardegna,e anche che lui prossimo al quirinale,lui le merito,con suo coraggio,forza:io le nome:FORZA SILVIO BERLUSCONI,buono coraggio di cuore,e grosso bacio a mio raggio di sole SILVIO che io adoro,lui vale piu che soldi,oro,lui e uno amore,SOPHIE ORENBUCH,orenbuchsophie@hotmail.fr
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