martedì, gennaio 20, 2009

Miti e verità del sistema aeroportuale lombardo

Martedì, 20 gennaio 2009
Mentre giunge notizia dell’esordio accidentato della nuova Alitalia sotto l’egida CAI, rimane ancora aperto ed insoluto il dibattito sul futuro di Malpensa, il grande aeroporto lombardo nato con la pretesa di divenire il centro dello smistamento del traffico aereo italiano, ma declassato oggi ad aeroporto di secondo livello dopo la scelta della nuova proprietà della compagnia nazionale di concentrare il traffico sullo scalo di Fiumicino.
Di Malpensa e delle sue disavventure sono stati scritti fiumi d’inchiostro e la sua contrapposizione con il ruolo e le pretese di Fiumicino sono il simbolo di un’Italia in cui il campanilismo e gli interessi di corto respiro, avallati da una politica al servizio delle clientele, hanno costituito il freno reale ad uno sviluppo razionale del sistema aereo e aeroportuale del Paese, molto spesso dichiarato nelle intenzioni, ma ostacolato nei fatti dagli interessi dei gruppi di pressione e da conseguenti comportamenti profondamente incoerenti con gli obiettivi dichiarati.
Uno dei punti al centro del dibattito sul mancato decollo di Malpensa era e rimane l’ambiguo ruolo giocato da Linate nel quadro di razionalizzazione e redistribuzione del traffico aereo dopo l’avvio di Malpensa, che invero era e rimane un paradossale falso problema per giustificare scelte che nulla hanno a che vedere con la sostanziale inefficienza con la quale il vettore nazionale di riferimento ha gestito le proprie politiche di servizio, rimaste di fondo ancorate ad obsoleti schemi assistenzialistici e protezionistici anche dopo le importanti liberalizzazioni decise a livello comunitario nel settore del trasporto aereo.
Secondo una certa corrente di pensiero, con l’apertura di Malpensa il traffico di Linate avrebbe dovuto essere fortemente ridimensionato, per permettere ad Alitalia di concentrare la propria attività sul nuovo hub senza penalizzazioni sul volume di traffico complessivo. In tale direzione, in effetti, fu varato il cosiddetto decreto Bersani, che ridimensionò i movimenti complessivi dello scalo cittadino dagli oltre seicento giornalieri a 280 complessivi, limitando in modo massiccio la presenza operativa di tutti i vettori e muovendo il primo passo per declassare Linate da aeroporto internazionale a city airport, dedicato principalmente ai collegamenti navetta con la capitale.
Questa operazione di chiaro sapore equivoco, che di fatto costituiva un motivo di privilegio per Alitalia, in posizione semimonopolista sulla tratta Milano-Roma-Milano, ed una forte penalizzazione per i vettori stranieri, ai quali non era consentito l’esercizio di quel servizio per le logiche con le quali erano stati attribuiti a suo tempo gli slot, sollevò le proteste degli operatori europei, che sebbene costretti a trasferire arte dei propri voli su Malpensa, conservarono una limitata presenza anche su Linate per alcuni collegamenti con i rispettivi scali europei.
L’aspetto che nessuno ha mai valutato sufficientemente a che probabilmente costituisce uno degli elementi determinanti del mancato decollo di Malpensa è invece da individuare nel sistema di trasporto terrestre e di collegamento tra Milano ed i suoi aeroporti, che è il vero elemento penalizzante della razionalità del trasporto lombardo.
A differenza dei grandi aeroporti europei e dello stesso Fiumicino, Malpensa e Linate, - per quanto quest’ultimo in maniera meno acuta data la vicinanza con la città, - risentono di un’endemica insufficienza rete di trasporto veloce e moderno, che ne penalizzano in modo evidente la funzionalità. Londra, Parigi, Francoforte, Barcellona, Madrid, giusto per citare alcuni tra i più importanti aeroporti del vecchio Continente, godono di un servizio di metropolitana con la città veloce e a basso costo, mentre per il raggiungimento di Malpensa si deve far conto su un collegamento ferroviario da una stazione milanese secondaria o al trasporto su gomma, su arterie autostradali congestionate da un’imponente mole di traffico. Linate può contare sul solo trasporto via gomma, monopolio in larga misura della lobby dei taxisti, che rendono il raggiungimento dello scalo eccessivamente oneroso. Questi aspetti non secondari, che denotano il ritardo inaccettabile della politica locale nel conferire il vero impulso allo sviluppo degli aeroporti lombardi, sono stati sovente minimizzati, ma costituiscono di fondo il vero freno alla promozione di Malpensa quale hub con tutte le carte in regola.
Privo di fondamento appare alla luce di queste considerazioni, dunque, il discorso di elevata polverizzazione del sistema aeroportuale italiano, giacché negli altri Paesi europei il numero degli aeroporti, - per quanto certamente legato alle dimensioni territoriali, alla morfologia territoriale ed alla rete di trasporto terrestre renda la comparazione approssimativa, - è presente un numero di aeroporti decisamente più elevato dei 103 attivi sul territorio italiano: 295 nel Regno Unito, 591 in Germania, 494 in Francia, 54 in Svizzera con un territorio pari a quello della Lombardia. Inoltre, in Italia da oltre un quarto di secolo non si costruiscono nuovi aeroporti, mentre la domanda di trasporto è aumentata esponenzialmente.
Vi sono infine da segnalare ulteriori insufficienze di Malpensa rispetto alla capacità di giocare un vero ruolo di hub, rappresentate dalla mancata realizzazione di una terza pista, dai collegamenti veloci tra vecchio e nuovo terminal e da una rete di trasporto funzionale che la integri con il territorio (Varese, Novara, Como). L’assenza poi di un sistema infrastrutturale di servizi moderni (alberghi, centri commerciali, strutture attrezzate per i viaggi d’affari, ecc.) pone lo scalo in una situazione di palese inadeguatezza rispetto agli altri hub europei e lo stesso Fiumicino.
In questo quadro di lacune difficilmente colmabili, la politica locale e nazionale, piuttosto che muoversi per ridurre i gap, hanno ingaggiato lotte senza quartiere allo scaricabarile, accusando ora gli altri aeroporti del Nord di promuovere iniziative tese al depotenziamento di Malpensa (Bergamo, Venezia), o in difesa di interessi localistici comunque in controtendenza con le logiche di convogliamento del traffico più rilevante su un hub baricentrico. Queste diatribe, alimentate anche da un Fiumicino mai rassegnato a passare la mano hanno di fatto determinato il fallimento del progetto Malpensa e posto una seria ipoteca sul futuro di questo scalo.In questa prospettiva la domanda da porsi è quale siano le prospettive di Malpensa. La risposta non è agevole e dipenderà in larga misura dalle scelte che la politica sarà in grado di determinare in ordine alla liberalizzazione degli slot ancora in mano ad Alitalia e che sarebbe doveroso rimettere sul mercato, nonché al completamento delle dotazioni infrastrutturali di cui Malpensa ha ancora grande necessità, dal sistema dei servizi alla terza pista ed all’integrazione con il territorio di riferimento. Resta aperto il problema dei collegamenti efficienti e veloci, a tariffe adeguate per l’utenza con Milano, - centro privilegiato di alimentazione del traffico con quello scalo, - e, comunque, un’adeguata tutela, se non un potenziamento, di Linate almeno sul traffico nazionale, anche in vista di quell’Expo 2015, che non potrà trovare la città e l’area lombarda impreparata sul piano dell’offerta di un sistema di trasporto moderno e sufficientemente all’altezza. Tutto ciò, sperabilmente, mettendo in archivio gli sciocchi quanto improduttivi campanilismi, che hanno segnato la storia degli aeroporti milanesi sino al recente passato.
(nella foto, una veduta aerea dell'aeroporto di Malpensa)

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