Risultati elettorali: deluso il PdL, in calo il PD, vittoriosi Lega e Di Pietro
Lunedì, 8 giugno 2009
A meno di 7.000 seggi da scrutinare sui 61.428 previsti già si delineano vincitori e vinti della tornata elettorale per le Europee.
Com’era prevedibile, il partito di maggioranza relativa è, ancora una volta, quello degli astensionisti, che si attesta al 43% a livello europeo, mentre nel nostro paese l’astensione registra un 33,5%, che conferma come il disgusto per la politica, per un sistema rappresentativo avvertito come lontano dai bisogni veri della società civile non sia solo un fenomeno italiano.
Sul versante dei partiti politici, balza all’occhio la vistosa battuta d’arresto del PdL, che registra un 34,7% assai lontano da quel 40% ed oltre spacciato per possibile da un illuso ed illusore premier. Il PdL, - per quanto non sia immediatamente possibile un raffronto con le elezioni del 2004, dove la formazione politica non era presente, - porta a casa un risultato di appena lo 0,3% in più se raffrontato con i voti dei partiti che oggi ne costituiscono l’aggregato. Infatti AN aveva consuntivato un 11,5% e FI un 21%, per un totale del 32,5%. Se a questo risultato si aggiunge un probabile 0,3-0,5% di Mastella (oggi confluito nel PdL e nel 2004 aggregato all’Ulivo) e il 2% circa dei Socialisti, il dato di raffronto tra il PdL attuale e le forze in campo nel 2004 vede una sostanziale invarianza di risultato: 34,8-35,0% nel 2004, 34,8% nella tornata 2009.
Diverso il caso del PD, anch’esso non presente nel 2004, ma componente dell’Ulivo come Margherita e DS: oggi consuntiva un 26,4% (le previsioni erano fortemente più negative) a fronte di un 31,1% del 2004. Questo risultato, sebbene migliore alle previsioni, è comunque fortemente negativo per la dirigenza PD, un atto ufficiale di condanna dell’elettorato che richiederà a Franceschini e soci una rapida e doverosa autocritica e un ricambio di leadership. Alle elezioni politiche del 2008 il PD con l’alleato Di Pietro aveva consuntivato un 37,5%. La somma dei voti PD e di IdV, - quest’ultimo tra i vincitori della tornata europea insieme con la Lega di Bossi, - pari al 34,2% dei suffragi, è comunque lontana dal 37,5% ricordato prima, con dati che confermano come a rimetterci in consensi sia stato nettamente il PD.
Vincitori indiscussi del confronto sono Di Pietro, che con il suo IdV registra un balzo al 7,9% (+5,8% rispetto alle precedenti Europee del 2004 e + 3,5% rispetto alle politiche 2008) e la Lega, che registra uno straordinario 10,8% (+5,8% rispetto alla precedenti Europee e + 2,5% rispetto ai dati delle politiche), che confermano quanto l’elettorato punti ormai a dare fiducia a partiti che lavorano per tradurre in concreto le proposte piuttosto che le aggregazioni affette dai mali incurabili di sempre: tante chiacchiere, ma pochi risultati.
Certo, va sottolineato che i disagi patiti da PD, con il passaggio delle consegne tra Veltroni e Franceschini non è giovato all’immagine del partito, apparso non solo inconsistente in termini di capacità d’incidere nell’indirizzo delle scelte di governo con un’opposizione seria e credibile, ma troppo impegnato a gestire infruttuosi scontri interni per il potere, che hanno offerto un’immagine non diversa da quella rissosità cronica presente nell’opposta fazione politica.
Parimenti, al PdL non hanno fatto buona propaganda elettorale le vicende private del suo leader Berlusconi e lo scontro ormai da tempo in atto con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, già da tempo avviato sul difficile cammino di proporsi come sostituto naturale di un Berlusconi assai compromesso con la pubblica opinione e in forte affanno di credibilità con i partner internazionali.
Com’era prevedibile, il partito di maggioranza relativa è, ancora una volta, quello degli astensionisti, che si attesta al 43% a livello europeo, mentre nel nostro paese l’astensione registra un 33,5%, che conferma come il disgusto per la politica, per un sistema rappresentativo avvertito come lontano dai bisogni veri della società civile non sia solo un fenomeno italiano.
Sul versante dei partiti politici, balza all’occhio la vistosa battuta d’arresto del PdL, che registra un 34,7% assai lontano da quel 40% ed oltre spacciato per possibile da un illuso ed illusore premier. Il PdL, - per quanto non sia immediatamente possibile un raffronto con le elezioni del 2004, dove la formazione politica non era presente, - porta a casa un risultato di appena lo 0,3% in più se raffrontato con i voti dei partiti che oggi ne costituiscono l’aggregato. Infatti AN aveva consuntivato un 11,5% e FI un 21%, per un totale del 32,5%. Se a questo risultato si aggiunge un probabile 0,3-0,5% di Mastella (oggi confluito nel PdL e nel 2004 aggregato all’Ulivo) e il 2% circa dei Socialisti, il dato di raffronto tra il PdL attuale e le forze in campo nel 2004 vede una sostanziale invarianza di risultato: 34,8-35,0% nel 2004, 34,8% nella tornata 2009.
Diverso il caso del PD, anch’esso non presente nel 2004, ma componente dell’Ulivo come Margherita e DS: oggi consuntiva un 26,4% (le previsioni erano fortemente più negative) a fronte di un 31,1% del 2004. Questo risultato, sebbene migliore alle previsioni, è comunque fortemente negativo per la dirigenza PD, un atto ufficiale di condanna dell’elettorato che richiederà a Franceschini e soci una rapida e doverosa autocritica e un ricambio di leadership. Alle elezioni politiche del 2008 il PD con l’alleato Di Pietro aveva consuntivato un 37,5%. La somma dei voti PD e di IdV, - quest’ultimo tra i vincitori della tornata europea insieme con la Lega di Bossi, - pari al 34,2% dei suffragi, è comunque lontana dal 37,5% ricordato prima, con dati che confermano come a rimetterci in consensi sia stato nettamente il PD.
Vincitori indiscussi del confronto sono Di Pietro, che con il suo IdV registra un balzo al 7,9% (+5,8% rispetto alle precedenti Europee del 2004 e + 3,5% rispetto alle politiche 2008) e la Lega, che registra uno straordinario 10,8% (+5,8% rispetto alla precedenti Europee e + 2,5% rispetto ai dati delle politiche), che confermano quanto l’elettorato punti ormai a dare fiducia a partiti che lavorano per tradurre in concreto le proposte piuttosto che le aggregazioni affette dai mali incurabili di sempre: tante chiacchiere, ma pochi risultati.
Certo, va sottolineato che i disagi patiti da PD, con il passaggio delle consegne tra Veltroni e Franceschini non è giovato all’immagine del partito, apparso non solo inconsistente in termini di capacità d’incidere nell’indirizzo delle scelte di governo con un’opposizione seria e credibile, ma troppo impegnato a gestire infruttuosi scontri interni per il potere, che hanno offerto un’immagine non diversa da quella rissosità cronica presente nell’opposta fazione politica.
Parimenti, al PdL non hanno fatto buona propaganda elettorale le vicende private del suo leader Berlusconi e lo scontro ormai da tempo in atto con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, già da tempo avviato sul difficile cammino di proporsi come sostituto naturale di un Berlusconi assai compromesso con la pubblica opinione e in forte affanno di credibilità con i partner internazionali.
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