Libero, l’eco di Arcore
Venerdì, 15 maggio 2009
Mentana come Veronica titolava il 13 scorso a tutta pagina Libero, il quotidiano di Vittorio Feltri, che non ha mai fatto mistero di considerarsi il megafono del presidente del Consiglio ed un supporter sfegatato delle sue iniziative. Libero, di cui resterà inspiegabile la ragione per la quale non abbia preferito chiamarsi L'eco di Arcore o Il Mulino di Macherio, - giusto per fare qualche esempio di nome più rispondente allo stile zerbino impresso da Feltri al suo giornale.
Mentana è colpevole, - gravemente, si potrebbe aggiungere sulla scorta delle valutazioni di Feltri, - di avere inferto un altro duro colpo alla credibilità di Berlusconi, a causa delle iniziative legali intraprese contro l'ex datore di lavoro dopo il licenziamento in tronco di qualche setimana fa e l'imminente pubblicazione di un libro, Passionaccia, nel quale l'ex direttore di Matrix fa sapere di aver scoperto, tardivamente, - secondo la sdegnata ironia di Feltri, - che "a Mediaset contano solo gli affari" e questa folgorazione sarebbe una delle ragione per le quali, se non l'avessero cacciato via, avrebbe certamente deciso di lasciare i media del Cavaliere con le proprie gambe.
Naturalmente, - sermpre secondo le ipotesi del direttore di Libero, - tra l'improdigo Mentana e l'ex consorte di Berlusconi vi sarebbe una casuale relazione, una congiura ai danni del povero Cavaliere, che adesso ha un altro fronte sul quale ammassare le truppe cammellate e gli scriba di regime per difendersi dagli attacchi, - non è lecito sapere di quale natura, ma certamente sconsiderati e che ne metteranno a dura prova l'immagine, - di un altro ex, un altro irriconoscente, che non si limita a sputare nel piatto in cui a mangiato a quattro ganasce sino a qualche ora fa, tollerato e difeso da quel sant'uomo di Fedele Confalonieri, ma che adesso in quel piatto ha deciso di metterci dentro persino i piedi, senza neppure togliersi le scarpe.
Certo, la figura santa del Cavalier Viagra non meritava il voltafaccia del discolo Enrico: l'aveva sempre sopportato (sic!) e l'interessato lo sapeva. Gli aveva regalato una carriera fulminante, chiamandolo dalla vice-direzione dell'informazione RAI d'epoca craxiana alla conduzione dei telegiornali Mediaset, pur sapendo che il personaggio non aveva il taglio ideologico del berluscones doc e che avrebbe dovuto trattarlo come un sorvegliato speciale, con tanto d'obbligo di firma. Ma ciò non gli aveva mai vietato di stimarlo come un professionista di talento, quantunque "sacramentasse ogni volta che ne vedeva il volto sullo schermo", - rivela un ben informato Feltri. Sentimento del tutto ricambiato da Mentana che "non sopportava Berlusconi nei panni del politico estemporaneo".
Un rapporto che si è trascinato nel tempo logorandosi sempre più, scandito dall'allontanamento di Mentana dai telegiornali e dalla nomina del normalizzato Rossella alla guida dell'informazione Mediaset e culminato con le dimissioni del conduttore di Matrix dopo il diniego della dirigenza berlusconiana di autorizzare la trasmissione in prima serata dei tragici fatti di Eluana Englaro, cui si era preferita la prevista programmazione del Grande Fratello, il trush cult pruriginoso infarcito di ricca pubblicità.
Un caso, per certi versi, simile a quello di Montanelli, un déja vu del modo professionale e indipendente con il quale Berlusconi e la sua corte guardano al primato dell'informazione ed all'indipendenza della stampa.
E' a questo punto che un sorprendente Feltri, - sorprendente per l'impudenza con la quale elogia un auto-comportamento a dir poco sconcertante, - rammenta dalle pagine di Libero ai suoi lettori come abbia tentato di persuadere Mentana a presentare pubbliche scuse per l'alzata di testa contro la decisione Mediaset e così salvare il posto ed il lauto stipendio di oltre 1,5 milioni di euro l'anno.
Fortunatamente Enrico e quantunque con un ritardo imperdonabile, con un sussulto d'orgoglio, le scuse non le ha presentate, anzi ha utilizzato quell'invito per rincarare pubblicamente la dose contro un sistema aziendale che da sempre predica la religione dell'asservimento quale viatico di buon soggiorno nelle libere e democratiche aziende di Berlusconi.
Ma al signor Feltri, - al quale la dignità e la libertà di pensiero devono apparire poco meno di inutili gadget da pagare, per altro, a caro prezzo, - è a questo punto che confessa sfrontatamente ciò che, senza ombra di dubbio alcuno, costituisce l'apoteosi della sua mercenaria filosofia di vita. Rammenta, infatti, questo paladino della libertà al sedicente amico Mentana in un colloquio immaginario: "E' capitato anche a me in passato d'imboccare come te un vicolo cieco, e non ho avuto miglior fortuna. Giocare a braccio di ferro con chi è più forte significa sfidare se stessi, e noi per noi siamo imbattibili. Dunque perdiamo", - che ben sintetizza come il personaggio, spesso in cattedra per censurare i comportamenti altrui o per sollecitare la correttezza degli avversari, in verità sia pronto a concedersi prono al potere di colui che riconosce forte, al di là di ogni valutazione di merito sulla traparenza e la legittimità di quel potere.
Come se quest'ammssione inconfessabile non bastasse, assurge arrogantemente ad interprete di un inesistente complotto ai danni dell'ossequiato padrone ed accomuna due storie diverse, nei personaggi, nei presupposti e nello sviluppo storico nel supremo interesse di dimostrare come Berlusconi, il mandante, il capo spirituale da difendere oltre ogni logica ragione, sia un novello Custer assediato da un'indomita orda di pellerossa che rifiutano, in armi, di farsi confinare nella riserva nella quale dovrebbero accettare di vivere schiavi il resto dei propri giorni. In quest'esercizio di sillogismo dell'assurdo la tesi da dimostrare è che l'improbabile benefattore dell'umanità, il padrone illuminato, il padre modello e marito fedele, è vittima della bieca ingratitudine di coloro che ha amato o sostenuto con infinita benevolenza. Poco rileva che l'attribuzione di quelle qualità sia un falso comprovato. Come ha più volte dimostrato quell'amato padrone che adesso difende, la pubblicità, la réclame hanno il potere di ottundere le menti e di stravolgere ogni evidenza. Chissà quale sarà la reazione del direttore di Libero, - sarebbe bene ci spegasse da che cosa e da chi, - quando come nella popolare storiella un'anima candida, innocente ed al di sopra d'ogni sospetto, griderà alla nudità del re, facendo crollare il castello di bugie costruite ad arte da una certa stampa avvezza ad abbuffarsi alla greppia del potere, alla quale non sembra per niente estraneo il paladino Feltri.
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