mercoledì, maggio 20, 2009

Sentenza Mills - Continua lo stupro della legalità


Mercoledì, 20 maggio 2009
Comunque si muova, non riesce ad allontarsi dall'occhio del ciclone. Le malefatte sono tante e tali che cercare di sfuggire all'ingiusta «persecuzione mediatica ed alla magistratura rossa», - come definisce l'inodissidabile presidente del Consiglio dei Ministri della sconquassata Repubblica italiana, Silvio Berlusconi, giornali e magistrati, ma che più verosimilmente è solo attenzione e sdegno per un personaggio che non conosce dignità e pudore, - è cosa non ardua ma addirittura impossibile.
Dal nostro canto, faremmo ben volentieri a meno di parlare di lui. Ma le scelleratezze alle quali ci costringe costantemente sono tali da non consentire di stendere il classico velo pietoso sulle vicende di cui si rende artefice, dato che con alcune iniziative, come quella dei respingimenti dei migranti o lo sfrontato dileggio dei magistrati che si pronunciano a suo sfavore, ci coinvolgono come cittadini italiani, membri di una Repubblica priva di credibilità e rispetto anche all'estero. Insomma, la faccia non è soltanto sua, - sempre ammesso che ne abbia una, - ma direttamente anche la nostra, pur se ci si sforza di prender le distanze e di esprimere sdegnato dissenso.
L'ultimo inciampo del personaggio, - che, se non fosse tragicamente di carne e di ossa, ci si potrebbe augurare fosse solo un incubo, magari lungo e ricorrente, ma solo un incubo, - è la sentenza a margine del processo Mills, l'avvocato inglese prezzolato per mentire sul conto di Berlusconi e adesso condannato per falsa testimonianza. La condanna inflitta a Mills, ovviamente, costituisce una sentanza di colpevolezza anche per il presidente del Consiglio, che grazie alle leggi fatte da un Parlamento servo non solo ha evitato il processo e, dunque, la condanna, ma che difficilmente vedrà il corso della giustizia compiersi anche ai suoi danni quando, alla fine del mandato, potrà essere chiamato in un aula di tribunale a difendersi dalle accuse di corruzione pendenti sul suo capoccione, perché è probabile che giunga prima la prescrizione del reato.
In ogni caso la sentanza «è un'assoluta assurdità», sostiene Berlusconi. E questa conclusione "inedità" si fonda su due cosiderazioni del tutto logiche secondo il premier. La prima riguarda la Gandus, il magistrato che ha emesso la sentenza. «E' curioso sostenere» - come ha fatto la Corte d'Appello - «che la Gandus pur essendo un mio dichiarato e palese nemico politico nel momento in cui arrivasse a scrivere una sentenza nei miei confronti saprebbe non venir meno al vincolo d'imparzialità impostole dalla Costituzione. Ma un giudice non deve essere soltanto imparziale. Deve anche apparire tale. Le mie società» – prosegue il premier, indicando la seconda ragione, - «né tanto meno io, avevamo ragioni per fare quel versamento a Mills che proprio con le sue dichiarazioni era stato il principale responsabile di una sentenza di condanna. Davvero un'assoluta assurdità».
«I nostri avvocati» – dichiara Berlusconi sciorinando la solita irritante nenia – «vennero a sapere che la Gandus era ed è un'attivissima militante di sinistra estrema e che in quanto tale ebbe a partecipare a tutte le manifestazioni di contrasto nei confronti del mio governo. Di fronte a questi argomenti inoppugnabili qualunque giudice scrupoloso ed equanime avrebbe chiuso il processo. Non fu così con la dottoressa Gandus, presidente del collegio: uno, negò alla difesa tutti i testimoni a discarico ammettendo invece tutti quelli del pm; due, accelerò i tempi del processo quando si era in piena campagna elettorale; tre, accettò inopinatamente i nuovi improponibili termini di prescrizione. Tutto ciò fece insospettire i nostri avvocati».
Dunque con la solita e puntuale conclusione sulla compromissione politica dei giudici che di volta in volta sono stati chiamati ad inquisirlo o processarlo nelle innumerevoli disavventure giudiziarie in cui è incappato, l'impunita faccia tosta scaglia accuse pretestuose e prive di senso nei confronti di chi non ha creduto alla sua improbabile innocenza e, impipandosene della sua arroganza oltre ogni tollerabilità, non ha esitato ad emettere l'ennesima sentenza che lo qualifica come pericolosissimo personaggio dedito a fare spazzatura sistematica di ogni norma di legge.
Allo stesso tempo, avendo il personaggio nel DNA altrettanto disprezzo per la democrazia e le sue regole, ha già fatto sapere che non andrà certo in Parlamento per riferire sulla sentenza e per esporre i termini di una propria difesa, almeno sino a quando non si saranno calmate le acque già sufficientemente agitate per la campagna elettorale in corso per elezioni europee ed amministrative. È quanto riferiscono autorevoli fonti del Pdl all’agenzia Ansa. Le stesse fonti dicono che in ogni caso il premier interverrebbe nell'aula del Senato e non a Montecitorio. Dietro la decisione di venire a pronunciare la sua arringa solo dopo il voto di giugno, spiegano, vi sarebbero ragioni di "opportunità politica". In primo luogo, la vicinanza delle elezioni. Un dibattito del genere, a pochi giorni dall'apertura delle urne, rischia di bloccare molti parlamentari impegnati in campagna elettorale in aula, vista la necessità di avere tutti i banchi della maggioranza pieni e compatti per l'occasione.
Inoltre, secondo Berlusconi, proprio l'imminenza del voto, rischia di "esacerbare" un clima politico già rovente, prestando il fianco agli attacchi dell'opposizione e deviando l'attenzione della campagna elettorale dall'azione del governo a una vicenda giudiziaria. Tutte considerazioni che hanno spinto i vertici del Pdl a considerare poco opportuno un intervento del presidente del Consiglio in questo momento.
Tra l'altro, si afferma negli stessi ambienti, i sondaggi danno al Pdl un vantaggio tale da sconsigliare una mossa che resta comunque rischiosa, proprio per gli imprevedibili effetti che avrebbe sugli indecisi, fortemente perplessi nell'esprimere le rispettive preferenze dal tourbillon di vicende familiari, corna vere e presunte, velate accuse di pedofilia e, adesso, condanne di presunti sodali e complici, che ultimamente hanno incrinato la sua immagine e stanno facendo riflettere più di un elettore. Considerazioni che sarebbero state condivise e fatte proprie dallo stesso Cavaliere. Al momento, quindi, il suo orientamento sarebbe quello di attendere ancora. Circostanza che sembra confermata dalle parole di Niccolò Ghedini, deputato del Pdl, avvocato del premier e tra i più fedeli porta borse al guinzaglio dell'Eroe di Arcore: «Non so quando potrà venire in Parlamento perché ha un'agenda fitta di impegni che non possono essere rinviati» - ha annaspato vergognosamente - «verrà appena l'agenda lo consentirà, compatibilmente con i lavori parlamentari».
Un rinvio che potrebbe però portare ad una definitiva rinuncia da parte di Berlusconi. «Alla fine potrebbe anche non venire affatto», - riferisce un esponente del Pdl molto vicino al premier. «Dopo le elezioni», - sottolinea un altro dirigente del partito, - «potrebbe non essere necessario», considerato che un'altra vittoria gli consentirebbe di aggiustare il tiro delle bordate che è solito sparare ad alzo zero verso gli oppositori e di mettere a tacere le ulteriori voci imbarazzanti scatenatesi in queste ultime ore.

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