Nuova crocefissione per il figlio di Dio
Mercoledì, 6 maggio 2009
Narrano i libri sacri che nell’anno 33 d.C. si consumò il sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità. Un uomo, venuto sulla terra per redimere i peccati del mondo, fu tradito da Giuda, uno dei suoi discepoli, e condannato alla crocefissione dopo un processo farsa d’innanzi a tal Ponzio Pilato, governatore romano in Galilea.
Ad oltre 2000 anni da quell’evento, la storia si ripete, anche se in chiave più moderna e con il tradimento questa volta di una donna, una moglie, non si sa bene se strumento o complice di un complotto ordito da oscure forze eversive.
In ogni caso, il tradito, il condannato alla croce, colui che sta lentamente salendo il Golgota è sempre lui, il figlio di Dio, l’agnello sacrificale del riscatto dell’umanità corrotta e ingrata, pervasa da un invidia cieca per la sua capacità di fare proseliti, di trascinare con il nuovo verbo le masse alla conquista del paradiso, da ordire ai suoi danni una montatura mostruosa a base di corna e sospetti di pedofilia.
Sembra una favola, ma invece è la melensa storia di Silvio e Veronica, l’uno presidente del Consiglio di una Repubblica allo sfascio economico e morale e l’altra la di lui consorte, stanca di farsi cornificare da un marito adultero, - almeno così dichiara, - sostenuta in questa denuncia di tresche e scappatelle da un presunto manipolo di invidiosi oppositori, pronti ad inzuppare il biscotto nel ghiotto cappuccino rappresentato dalla boccaccesca storia, - almeno secondo quanto sostiene il presunto fedifrago.
Non fosse per il ruolo che riveste il personaggio e per la gravità inusitata con la quale ha scatenato l’offensiva ad alzo zero contro la moglie e gli avversari politici, per difendersi da un’accusa che certamente gli nuocerà sul piano dell’immagine, sarebbe il caso di chiudere qui la storia e mandare bellamente a quel paese i due contendenti, visto che si tratta di questione squisitamente privata nella quale nessuno ha diritto di interferire. Ma il ruolo di Silvio Berlusconi e le modalità con le quali ha scelto di difendersi sono tali da non consentire di stendere un velo pietoso su una storia apparentemente di ordinaria tradimento coniugale, poiché egli personifica l’Italia, i suoi valori, la reputazione del Paese verso il mondo; e le modalità con le quali ha scelto di difendersi, - giornali amici, dipendenti prezzolati, sodali arroganti e televisioni servili, - hanno velocemente trasformato la questione in fatto di rilevanza politica, in vicenda nella quale è messa in gioco la credibilità di un leader che, nell’esternare battute lascive a destra e a manca in ogni occasione alle donne che ha incontrato nel corso del suo cammino, non scherzava, - come ha cercato di far credere, - ma molto più concretamente ci provava, - come adesso sostiene la signora Veronica.
Questa vicenda non è solo privata, poiché mette a nudo il fallimento di un modello d’immagine che il leader del PdL si è inventato per scalare il successo politico, un modello trasferito dal privato al pubblico; un modello con il quale si è spacciata la via per il successo con i soldi, il potere, il cinismo arrogante, il machismo, il gallismo, i trapianti di capelli, i lifting ringiovanenti, il disprezzo per gli avversari e per le idee in contrasto con le sue, con la simulazione, la bugia, l’intrallazzo e lo spaccio di valori etici a lui estranei, ma di facile presa nella coscienza popolare.
La sua difesa da accuse non solo di tradimento, - che certamente rimangono nella sfera del privato, - ma di accompagnarsi a giovani minorenni, - che invece dirompono nella sfera pubblica ed acquisiscono rilevanza penale, - incentrata sulla solita solfa del complotto e sulla desumibile stupidità dell’accusatrice, che abbocca se non addirittura si presta, al tranello ordito dalla solita sinistra velenosa, non sconcerta, ma travalica il senso del disgusto, ridimensiona enormemente lo spessore del personaggio, lo pone al disotto della dimensione dell’uomo comune, che non dovrebbe mai perdere il senso della dignità nell’accollarsi le responsabilità delle proprie azioni piuttosto che cercare alibi o scaricare le colpe sugli altri.
Purtroppo Berlusconi ci ha educato a ben altro. Si è presentato al popolo come un vincente, un imprenditore di successo costruitosi tutto da solo. E quando è incappato nelle maglie della giustizia per sospetti di intrallazzi alla base del suo successo, non ha avuto esitazioni a criminalizzare i suoi accusatori, con solfe ossessive di complotto, invidia, malevolenza, tradimenti, equivoci e così argomentando. Lui superuomo, cavaliere senza macchia, esempio di ingegnosa imprenditoria, padre modello e marito esemplare, al punto da inondare le case degli Italiani di pieghevoli infarciti di smancerie e leziosità da manuale sui suoi requisiti di bonus pater familiae.
Adesso che quella moglie, Veronica Lario, ha il coraggio di dire basta ad una vita di falsità, ecco che vede lla sua immagine macchiarsi: da figura di moglie e madre esemplare, sino a che ha taciuto e tollerato, diviene ingrata, strumento più o meno consapevole della fronda eversiva, sciocca pedina di abbagli mediatici. Lei, che da equivoca soubrette che si esibiva a seno nudo, è stata eletta a compagna dell’Unto del Signore, novella Maddalena che, come ricorda Libero, finge di dimenticare le sue origini di donna equivoca e con qualche evidente peccatuccio.
Narrano i libri sacri che nell’anno 33 d.C. si consumò il sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità. Un uomo, venuto sulla terra per redimere i peccati del mondo, fu tradito da Giuda, uno dei suoi discepoli, e condannato alla crocefissione dopo un processo farsa d’innanzi a tal Ponzio Pilato, governatore romano in Galilea.
Ad oltre 2000 anni da quell’evento, la storia si ripete, anche se in chiave più moderna e con il tradimento questa volta di una donna, una moglie, non si sa bene se strumento o complice di un complotto ordito da oscure forze eversive.
In ogni caso, il tradito, il condannato alla croce, colui che sta lentamente salendo il Golgota è sempre lui, il figlio di Dio, l’agnello sacrificale del riscatto dell’umanità corrotta e ingrata, pervasa da un invidia cieca per la sua capacità di fare proseliti, di trascinare con il nuovo verbo le masse alla conquista del paradiso, da ordire ai suoi danni una montatura mostruosa a base di corna e sospetti di pedofilia.
Sembra una favola, ma invece è la melensa storia di Silvio e Veronica, l’uno presidente del Consiglio di una Repubblica allo sfascio economico e morale e l’altra la di lui consorte, stanca di farsi cornificare da un marito adultero, - almeno così dichiara, - sostenuta in questa denuncia di tresche e scappatelle da un presunto manipolo di invidiosi oppositori, pronti ad inzuppare il biscotto nel ghiotto cappuccino rappresentato dalla boccaccesca storia, - almeno secondo quanto sostiene il presunto fedifrago.
Non fosse per il ruolo che riveste il personaggio e per la gravità inusitata con la quale ha scatenato l’offensiva ad alzo zero contro la moglie e gli avversari politici, per difendersi da un’accusa che certamente gli nuocerà sul piano dell’immagine, sarebbe il caso di chiudere qui la storia e mandare bellamente a quel paese i due contendenti, visto che si tratta di questione squisitamente privata nella quale nessuno ha diritto di interferire. Ma il ruolo di Silvio Berlusconi e le modalità con le quali ha scelto di difendersi sono tali da non consentire di stendere un velo pietoso su una storia apparentemente di ordinaria tradimento coniugale, poiché egli personifica l’Italia, i suoi valori, la reputazione del Paese verso il mondo; e le modalità con le quali ha scelto di difendersi, - giornali amici, dipendenti prezzolati, sodali arroganti e televisioni servili, - hanno velocemente trasformato la questione in fatto di rilevanza politica, in vicenda nella quale è messa in gioco la credibilità di un leader che, nell’esternare battute lascive a destra e a manca in ogni occasione alle donne che ha incontrato nel corso del suo cammino, non scherzava, - come ha cercato di far credere, - ma molto più concretamente ci provava, - come adesso sostiene la signora Veronica.
Questa vicenda non è solo privata, poiché mette a nudo il fallimento di un modello d’immagine che il leader del PdL si è inventato per scalare il successo politico, un modello trasferito dal privato al pubblico; un modello con il quale si è spacciata la via per il successo con i soldi, il potere, il cinismo arrogante, il machismo, il gallismo, i trapianti di capelli, i lifting ringiovanenti, il disprezzo per gli avversari e per le idee in contrasto con le sue, con la simulazione, la bugia, l’intrallazzo e lo spaccio di valori etici a lui estranei, ma di facile presa nella coscienza popolare.
La sua difesa da accuse non solo di tradimento, - che certamente rimangono nella sfera del privato, - ma di accompagnarsi a giovani minorenni, - che invece dirompono nella sfera pubblica ed acquisiscono rilevanza penale, - incentrata sulla solita solfa del complotto e sulla desumibile stupidità dell’accusatrice, che abbocca se non addirittura si presta, al tranello ordito dalla solita sinistra velenosa, non sconcerta, ma travalica il senso del disgusto, ridimensiona enormemente lo spessore del personaggio, lo pone al disotto della dimensione dell’uomo comune, che non dovrebbe mai perdere il senso della dignità nell’accollarsi le responsabilità delle proprie azioni piuttosto che cercare alibi o scaricare le colpe sugli altri.
Purtroppo Berlusconi ci ha educato a ben altro. Si è presentato al popolo come un vincente, un imprenditore di successo costruitosi tutto da solo. E quando è incappato nelle maglie della giustizia per sospetti di intrallazzi alla base del suo successo, non ha avuto esitazioni a criminalizzare i suoi accusatori, con solfe ossessive di complotto, invidia, malevolenza, tradimenti, equivoci e così argomentando. Lui superuomo, cavaliere senza macchia, esempio di ingegnosa imprenditoria, padre modello e marito esemplare, al punto da inondare le case degli Italiani di pieghevoli infarciti di smancerie e leziosità da manuale sui suoi requisiti di bonus pater familiae.
Adesso che quella moglie, Veronica Lario, ha il coraggio di dire basta ad una vita di falsità, ecco che vede lla sua immagine macchiarsi: da figura di moglie e madre esemplare, sino a che ha taciuto e tollerato, diviene ingrata, strumento più o meno consapevole della fronda eversiva, sciocca pedina di abbagli mediatici. Lei, che da equivoca soubrette che si esibiva a seno nudo, è stata eletta a compagna dell’Unto del Signore, novella Maddalena che, come ricorda Libero, finge di dimenticare le sue origini di donna equivoca e con qualche evidente peccatuccio.
Ecco, il quadro è completo. Ancora una volta lo scenario si capovolge, si confonde. L’accusato diviene vittima, perseguitato, diffamato in nome di disegni oscuri. L’accusatore diviene carnefice, traditore, ingrato, strumento di una congiura infame tesa addirittura a perpetrare un colpo di mano ai danni del salvatore della patria.
Ma la smetta una volta per tutte signor Presidente se in lei v’è ancora un minuscolo residuo di pudore. La smetta di infettare le giornate degli Italiani con la melma che trasuda dai suoi metodi, ché quando coloro che lei chiama elettori, ma segretamente considera dei pirla, apriranno finalmente gli occhi lei precipiterà come il mitico Re Travicello tra il sollievo generale, e sarà mandato a quell’inferno, dove , d’altra parte, c’è al già governo qualcuno che può vantare analoga paternità alla sua. Certo, per ricucire le lacerazioni che il suo stile, i suoi modelli, in una parola il suo “regime”, ha prodotto nel tessuto sociale, economico e morale del Paese saranno necessarie molti lustri ed enormi sacrifici, ma siamo certi di poter ricostituire i principi di convivenza e solidarietà da lei vituperati. D’altra parte il mondo, la vita quotidiana, da sempre è fatta di drammi e d'immani sforzi per sbarcare il lunario, almeno per la maggior parte dei mortali, e non certo della sfacciataggine con la quale si ostentano il facile denaro, l’equivoco benessere e le prosperose cortigiane, orpelli della sua filosofia.
Ma la smetta una volta per tutte signor Presidente se in lei v’è ancora un minuscolo residuo di pudore. La smetta di infettare le giornate degli Italiani con la melma che trasuda dai suoi metodi, ché quando coloro che lei chiama elettori, ma segretamente considera dei pirla, apriranno finalmente gli occhi lei precipiterà come il mitico Re Travicello tra il sollievo generale, e sarà mandato a quell’inferno, dove , d’altra parte, c’è al già governo qualcuno che può vantare analoga paternità alla sua. Certo, per ricucire le lacerazioni che il suo stile, i suoi modelli, in una parola il suo “regime”, ha prodotto nel tessuto sociale, economico e morale del Paese saranno necessarie molti lustri ed enormi sacrifici, ma siamo certi di poter ricostituire i principi di convivenza e solidarietà da lei vituperati. D’altra parte il mondo, la vita quotidiana, da sempre è fatta di drammi e d'immani sforzi per sbarcare il lunario, almeno per la maggior parte dei mortali, e non certo della sfacciataggine con la quale si ostentano il facile denaro, l’equivoco benessere e le prosperose cortigiane, orpelli della sua filosofia.
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