domenica, luglio 05, 2009

Banca ladrona


Domenica, 5 luglio 2009
Il grande dizionario Hoepli alla voce ladro riporta la seguente definizione: “chi ruba occasionalmente o per abitudine”.
Da questa definizione si evince che la condizione essenziale che qualifica la figura del ladro è l’azione di ruberia, cioè la sottrazione a terzi di un bene materiale o immateriale in loro proprietà o possesso attraverso pratiche indebite o illecite con il precipuo fine di realizzare per sé un indebito arricchimento.
Vanno distinti dal ladro le figure del truffatore, del rapinatore e dell’estorsore, che perseguono analoga finalità, ma nel primo caso qualifica le pratiche indebite o illecite con il raggiro o l’artificio; nel secondo caso ricorre a violenza per effettuare la sottrazione o per assicurarsi il possesso o l’utilizzo del bene sottratto; mentre nel terzo caso con violenza o minaccia costringe il terzo titolare di un bene ad una distrazione patrimoniale per procurarsi ingiusto profitto per sé o altri.
La distinzione non è solo scolastica e lessicale, poiché le fattispecie implicano conseguenze giuridiche diverse in termini di pene inflitte dal legislatore nei confronti di quanti incorrano nelle diverse tipologie di reato.
Il Bel Paese ha grande tradizione di praticanti il ladrocinio, la rapina e l’estorsione e in tali pratiche non incorrono solo i privati cittadini spinti da inconfessabili pulsioni o criticabili stati di bisogno, ma costituiscono un vezzo assai diffuso di organizzazioni industriali ed economiche o di interi apparati della pubblica amministrazione, con l’obiettivo differenziati che vanno dal tentativo di sottrarsi all’esecuzione di obblighi connessi con l’esercizio dell’attività, all’arricchimento indebito dei proventi o al drenaggio di massa di denaro per finanziare esecuzione di opere, coprire buchi di bilancio, ripianare perdite non giustificabili e quanto l’italica fantasia è in grado furbescamente di partorire.
Tra le istituzioni notoriamente più avvezze a queste pratiche border line vi sono le banche, vere e proprie strutture parassite che, alle spalle eserciti di legulei, si inventano ogni giorno meccanismi sempre più sofisticati per grassare ai risparmiatori rivoli di denaro, sotto forma di commissioni, spese, interessi, contributi e balzelli ameni, con i quali compensano i tagli che periodicamente vengono decisi dalle autorità governative ai loro danni per rendere il sistema creditizio più moderno e trasparente.
Così non di rado un taglio imposto ai tassi di interesse praticato alla clientela viene surrogato con l’invenzione di una nuova commissione, che vanifica il provvedimento precedente e, spesso, finisce per aumentare gli introiti di questa congregazione a delinquere di furbi refrattaria ad ogni ammodernamento e pratica di concorrenzialità.
Per fare un esempio di queste pratiche, che definire ladresche o truffaldine è quasi fare un complimento, basta citare l’abolizione decisa qualche giorno fa dal ministero per l’economia della commissione massimo scoperto, che veniva applicata dalle banche, in aggiunta ai grassi interessi passivi, ai clienti che avevano la disavventura di andare in rosso di conto corrente. Questa commissione è stata tardivamente e giustamente abolita, considerato che non aveva alcun logico fondamento nella struttura dei costi di gestione degli istituti di credito, ma rappresentava solo un meccanismo di truffa legalizzata a danno della clientela.
Per sopperire a questo taglio i signori banchieri hanno pensato bene che sarebbe stato possibile gravare i conti bancari con un balzello connesso alla disponibilità di fido. Così si sono inventati un onere sui conti corrente legato alla disponibilità di un affidamento, la cui erogazione prescinde dall’effettivo utilizzo del fido medesimo. Come dire, gravo il conto di un onere accessorio effettivo certo a fronte di una disponibilità potenziale, peraltro diversificata ad insindacabile giudizio della testa d’uovo preposta a gestire i singoli sportelli, con libertà del correntista di chiudere il conto in caso di mancata accettazione della nuova condizione.
Ripetiamo, quello citato insieme a tanti altri perversi meccanismi di vera e propria estorsione (vedi la commissione sul prelevamento bancomat, peraltro differenziata tra feriale e festivo, la commissione RID, la commissione MAV, le spese di rilascio carta di credito, l’assicurazione conto, il riferimento a prime rate o ribor o uroribor con relativa commissione aggiuntiva nella concessione di prestiti, il calcolo di valuta, la discrezionalità nella concessione di mutui a tasso fisso o variabile, la recalcitranza alla rinegoziazione dei mutui immobiliari, ecc.), evidenziano la gravissima patologia di un sistema che, per far quadrare i conti o ingrassare gli utili, è uso a spremere il risparmiatore, o comunque il cliente, come si trattasse di un succoso limone, mentre le autorità creditizie rimangono impassibili a guardare o, quando intervengono, lo fanno tardivamente e scarsissima convinzione.
Come ha suggerito un nostro lettore, l’atteggiamento delle nostre banche meriterebbe maggiore attenzione da parte sia dei risparmiatori che degli organismi preposti alla vigilanza del sistema, considerato che i meccanismi della vita moderna rendono il supporto agli strumenti di pagamento virtuale imprescindibili e, dunque, di prima necessità. Tuttavia, non è lecito profittare di questo stato di necessità in maniera così proterva e impune e quando la rabbia popolare finisce per esplodere e travolgere i sistemi non si gridi al sovversivismo di frange de stabilizzatrici, ma si guardi piuttosto alla sedimentazione di un accumulo di ingiustizie e di una rabbia che al superamento del limite di guardia travolgono tutto senza guardare ai torti o alle ragioni di nessuno.
(nella foto, il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in un intervento all'Assemblea dell'ABI)

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