La notte dei lunghi coltelli
Lunedì, 20 luglio 2009
Se la proposta provenisse da una qualsiasi fantomatica associazione di consumatori o d’utenti di pubblici servizi la potremmo considerare credibile e genuinamente motivata: un vettore aereo fa registrare sistematici e intollerabili ritardi, peraltro infischiandosene delle sacrosante proteste dei suoi passeggeri e la predetta associazione prende a cuore la situazione e promuove cause individuali e collettive con richieste di risarcimento congrue, dirette a compensare il senso di frustrazione e rabbia che si subiscono in queste circostanze.
Che dietro l’iniziativa, invece, ci sia la Lega Nord di Bossi e soci, improvvisamente assurta al ruolo di paladina di deboli e vessati dalla nuova Alitalia, passata dalle mani dello stato a quelle degli “eroi” di CAI, puzza decisamente di sospetta occasione per consumare vendette e sfogare rancori antichi.
Questi sospetti sono avvalorati da troppe contraddizioni per essere soltanto il frutto di un abbaglio, delle quali sarà sufficiente stendere un semplice elenco per rendersi conto che dietro il solito populismo a basso costo della Lega, ci sono ben altri obiettivi, la cui comprensione svela la pochezza di certi personaggi e il senso opportunistico che consuma dietro alle vere esigenze della gente.
Va premesso che la Lega di Bossi ha sempre sostenuto le decisioni di Berlusconi e del governo in tutte le fasi del travagliato e inopportuno passaggio di Alitalia a CAI, improvvisato vettore aereo già dalle prime battute della lunga trattativa per acquisire a pochi spiccioli l’ex compagnia di bandiera. La tormentata trattativa, il ridicolo piano di rilancio, la composizione della flotta, l’organizzazione delle rotte e le violenze contrattuali consumate contro gli ex dipendenti del gruppo Alitalia e la consorte AirOne, avevano evidenziato come al tavolo delle trattative con il governo e le organizzazioni sindacali non sedessero esperti del settore, ma un manipolo di squali affaristi che, sponsorizzati da un presidente del consiglio esemplare per arroganza e prevaricazione, aveva deciso di portare a termine un’operazione finanziaria ghiottissima e non il salvataggio del prestigio e della tradizione italiana nel settore aereo.
Tutto ciò, ampiamente denunciato, non servì certo alla Lega per prendere le distanze da un’operazione dimostratasi molto discutibile e contrassegnata da una qualità di servizio offerto all’utenza del tutto simile, se non peggiore, a quella preesistente: Alitalia era divenuta nel tempo una compagnia qualitativamente modesta ed è restata tale, quantunque, nella nuova configurazione proprietaria, aiutata ai limiti dell’indecenza da provvedimenti di corollario che ne hanno imposto il profilo monopolistico a danno di altri vettori indipendenti.
Alitalia ha sempre avuto un atteggiamento di scarsa attenzione all’utenza e la mancanza di puntualità dei voli ne è sempre stata la spia: ritardati arrivi di aeromobile in transito, imprecisati motivi tecnici, congestioni del traffico aereo e altre amenità simili sono stati strumenti ai quali si è fatto ricorso per anni per coprire inefficienze organizzative, carenza di managerialità nella gestione del personale, stratagemmi per risparmiare qualche soldo accorpando voli quando i passeggeri erano scarsi.
Ma quelli erano i tempi in cui c’era la speranza della cosiddetta grande Malpensa, dello spostamento dell’asse del traffico aereo da Roma a Milano. Illusione rimasta intatta quando si presentò la CAI come il demiurgo dei mali del trasporto aereo italiano, salvo cambiare atteggiamento oggi che le scelte di collocare l’hub aereo sono cadute su Fiumicino e sono cadute le speranze di quella Lega tronfia e arrogante che tanto aveva speso con il suo elettorato di riferimento in promesse tradite.
Se così no fosse non troverebbe spiegazione un atteggiamento di totale indifferenza alle altrettanto tradite attese di miglioramento di servizi di telefonia dopo la privatizzazione della vecchia SIP. Una Telecom imbrogliona, che promette con roboanti spot pubblicitari standard di connessione ad internet da meraviglia e che non è in grado di mantenere fede agli impegni con l’utenza, tranne in qualche raro quanto ignoto caso, non sembra meritare altrettanto sacro furore dal popolo padano.
E poi quale senso ha parlare di azioni risarcitorie collettive nei confronti delle imprese che eserciscono pubblici servizi quando la Lega risulta tra gli affossatori della legge di civiltà sulla cosiddetta class action? Crede forse il signor Bossi che i suoi elettori vadano in giro costantemente con gli occhi bendati e non si accorgano della strumentalità – è il caso, sì, di dire di bassa lega – con la quale si cavalca il malumore di circostanza della gente? Oggi è l’Alitalia, ieri erano gli immigrati con le farsesche riserve di posti sui mezzi pubblici per i Lumbard. Chissà quale sarebbe stato l’atteggiamento se CAI avesse preferito Malpensa a Fiumicino o cosa accadrebbe se i milioni di immigrati presenti nel nostro paese, spesso sfruttati nella Bergamasca o nel Bresciano con contratti da fame o addirittura in nero, decidessero di tornare a casa così lasciando in mutande le molte piccole imprese che sulla loro pelle si arricchiscono. La verità è che la nostra è ormai l’epoca della politica spettacolo, delle iniziative d’opportunismo capaci di far leva sugli istinti più deleteri e miserabili, in cui il particolare artatamente diventa collettivo e su questo si inventano guerre di posizione e tornaconto. E’ un’epoca nella quale la faida ha la supremazia sulle ragioni obiettive, che vede impegnato ciascuno a coltivare il proprio orticello di piccoli privilegi con una protervia distruttiva senza precedenti. Così si celebrano le notti dei lunghi coltelli, le piccole vendette meschine, pronti comunque ad invertire la direzione di marcia se solo il perseguitato mette sul piatto qualcosa da barattare per ottenere la fine delle ostilità.
Se la proposta provenisse da una qualsiasi fantomatica associazione di consumatori o d’utenti di pubblici servizi la potremmo considerare credibile e genuinamente motivata: un vettore aereo fa registrare sistematici e intollerabili ritardi, peraltro infischiandosene delle sacrosante proteste dei suoi passeggeri e la predetta associazione prende a cuore la situazione e promuove cause individuali e collettive con richieste di risarcimento congrue, dirette a compensare il senso di frustrazione e rabbia che si subiscono in queste circostanze.
Che dietro l’iniziativa, invece, ci sia la Lega Nord di Bossi e soci, improvvisamente assurta al ruolo di paladina di deboli e vessati dalla nuova Alitalia, passata dalle mani dello stato a quelle degli “eroi” di CAI, puzza decisamente di sospetta occasione per consumare vendette e sfogare rancori antichi.
Questi sospetti sono avvalorati da troppe contraddizioni per essere soltanto il frutto di un abbaglio, delle quali sarà sufficiente stendere un semplice elenco per rendersi conto che dietro il solito populismo a basso costo della Lega, ci sono ben altri obiettivi, la cui comprensione svela la pochezza di certi personaggi e il senso opportunistico che consuma dietro alle vere esigenze della gente.
Va premesso che la Lega di Bossi ha sempre sostenuto le decisioni di Berlusconi e del governo in tutte le fasi del travagliato e inopportuno passaggio di Alitalia a CAI, improvvisato vettore aereo già dalle prime battute della lunga trattativa per acquisire a pochi spiccioli l’ex compagnia di bandiera. La tormentata trattativa, il ridicolo piano di rilancio, la composizione della flotta, l’organizzazione delle rotte e le violenze contrattuali consumate contro gli ex dipendenti del gruppo Alitalia e la consorte AirOne, avevano evidenziato come al tavolo delle trattative con il governo e le organizzazioni sindacali non sedessero esperti del settore, ma un manipolo di squali affaristi che, sponsorizzati da un presidente del consiglio esemplare per arroganza e prevaricazione, aveva deciso di portare a termine un’operazione finanziaria ghiottissima e non il salvataggio del prestigio e della tradizione italiana nel settore aereo.
Tutto ciò, ampiamente denunciato, non servì certo alla Lega per prendere le distanze da un’operazione dimostratasi molto discutibile e contrassegnata da una qualità di servizio offerto all’utenza del tutto simile, se non peggiore, a quella preesistente: Alitalia era divenuta nel tempo una compagnia qualitativamente modesta ed è restata tale, quantunque, nella nuova configurazione proprietaria, aiutata ai limiti dell’indecenza da provvedimenti di corollario che ne hanno imposto il profilo monopolistico a danno di altri vettori indipendenti.
Alitalia ha sempre avuto un atteggiamento di scarsa attenzione all’utenza e la mancanza di puntualità dei voli ne è sempre stata la spia: ritardati arrivi di aeromobile in transito, imprecisati motivi tecnici, congestioni del traffico aereo e altre amenità simili sono stati strumenti ai quali si è fatto ricorso per anni per coprire inefficienze organizzative, carenza di managerialità nella gestione del personale, stratagemmi per risparmiare qualche soldo accorpando voli quando i passeggeri erano scarsi.
Ma quelli erano i tempi in cui c’era la speranza della cosiddetta grande Malpensa, dello spostamento dell’asse del traffico aereo da Roma a Milano. Illusione rimasta intatta quando si presentò la CAI come il demiurgo dei mali del trasporto aereo italiano, salvo cambiare atteggiamento oggi che le scelte di collocare l’hub aereo sono cadute su Fiumicino e sono cadute le speranze di quella Lega tronfia e arrogante che tanto aveva speso con il suo elettorato di riferimento in promesse tradite.
Se così no fosse non troverebbe spiegazione un atteggiamento di totale indifferenza alle altrettanto tradite attese di miglioramento di servizi di telefonia dopo la privatizzazione della vecchia SIP. Una Telecom imbrogliona, che promette con roboanti spot pubblicitari standard di connessione ad internet da meraviglia e che non è in grado di mantenere fede agli impegni con l’utenza, tranne in qualche raro quanto ignoto caso, non sembra meritare altrettanto sacro furore dal popolo padano.
E poi quale senso ha parlare di azioni risarcitorie collettive nei confronti delle imprese che eserciscono pubblici servizi quando la Lega risulta tra gli affossatori della legge di civiltà sulla cosiddetta class action? Crede forse il signor Bossi che i suoi elettori vadano in giro costantemente con gli occhi bendati e non si accorgano della strumentalità – è il caso, sì, di dire di bassa lega – con la quale si cavalca il malumore di circostanza della gente? Oggi è l’Alitalia, ieri erano gli immigrati con le farsesche riserve di posti sui mezzi pubblici per i Lumbard. Chissà quale sarebbe stato l’atteggiamento se CAI avesse preferito Malpensa a Fiumicino o cosa accadrebbe se i milioni di immigrati presenti nel nostro paese, spesso sfruttati nella Bergamasca o nel Bresciano con contratti da fame o addirittura in nero, decidessero di tornare a casa così lasciando in mutande le molte piccole imprese che sulla loro pelle si arricchiscono. La verità è che la nostra è ormai l’epoca della politica spettacolo, delle iniziative d’opportunismo capaci di far leva sugli istinti più deleteri e miserabili, in cui il particolare artatamente diventa collettivo e su questo si inventano guerre di posizione e tornaconto. E’ un’epoca nella quale la faida ha la supremazia sulle ragioni obiettive, che vede impegnato ciascuno a coltivare il proprio orticello di piccoli privilegi con una protervia distruttiva senza precedenti. Così si celebrano le notti dei lunghi coltelli, le piccole vendette meschine, pronti comunque ad invertire la direzione di marcia se solo il perseguitato mette sul piatto qualcosa da barattare per ottenere la fine delle ostilità.
(nella foto, Roberto Cota, il valente parlamentare della Lega promotore delle azioni contro Alitalia)
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