La nouvelle philosophie: uccidere il malato per risparmiare!
Domenica, 26 luglio 2009
Come recita un vecchio adagio, i nodi prima o poi vengono tutti al pettine. Così sta accadendo per la sanità, la cui spesa ha ormai superato i limiti di guardia ed ha costretto il Ministro a commissariare le regioni che non hanno rispettato i parametri fissati o che non hanno provveduto a stilare adeguati piani di taglio della spesa nel rispetto della tempistica stabilita dal Governo.
Fin qui non ci sarebbe nulla di anomalo, se non la recalcitranza di alcune regioni a varare provvedimenti impopolari ma necessari. In realtà, se si entra nel dettaglio dei provvedimenti assunti dalle amministrazioni che hanno invece provveduto a stilare piani strutturati di rientro di spesa, - probabilmente virtuali, dovendosi aspettare nella prassi la consueta deviazione dai buoni propositi strombazzati, - ci si rende conto dell’evidente incapacità dei proponenti di coniugare in modo armonico la tutela del diritto ad un’assistenza sanitaria qualitativamente apprezzabile e saldamente controllata dal pubblico e l’offerta di servizi sanitari alternativi di esclusiva gestione privatistica.
In qualche caso, come nella Regione Sicilia, i tagli di spesa sono frutto della combinazione di due meccanismi al limite della censura: da una parte si è proceduto con un’operazione di puro maquillage, che ha trasformato il costo fisso del servizio sanitario in carico alle strutture pubbliche in costo variabile in virtù dello smantellamento di ospedali e riduzione di posti letto ed il trasferimento dell’assistenza alle strutture private, che saranno rimborsate dal pubblico per l’assistenza erogata. Il secondo meccanismo, - sicuramente più deprecabile e discutibile, - ha previsto la chiusura di intere strutture ospedaliere, quasi che dalla cessazione del servizio ci si debba attendere una miracolosa guarigione degli ammalati o comunque una riduzione delle patologie.
Mentre la prima operazione genera il sospetto che si sia voluta ancora una volta ingrossare la rendita delle clientele e delle piccole mafie, che da sempre speculano intorno alla grassa torta della spesa per la salute, il secondo meccanismo denota l’evidente incapacità di individuare sani strumenti di gestione amministrativa, se non il ricorso a scriteriati quanto sommari mutilazioni del servizio, che, guarda caso, porteranno altra acqua al mulino della sanità privata.
Sul quotidiano La Sicilia di stamani Enrico Cisnetto riassume i dati disastrosi della sanità nazionale e rammenta che 6 regioni su 20 hanno accumulato deficit per 3,5 miliardi su un ammontare complessivo di spesa di oltre 100 miliardi. Secondo Cisnetto, l’allarme che genera questo stato di cose è la spia incontrovertibile della «cattiva salute del sistema, quello del decentramento, nato negli anni ’70 con le Regioni e oggi finito fuori controllo. Su questo “mostrum” si è poi inserito il processo di devoluzione, partito con le modifiche al titolo V della Costituzione votato del centro-sinistra e proseguito col federalismo tanto caro al centro-destra».
A causa di questa situazione si è determinata una moltiplicazione della spesa pubblica in generale e di quella sanitaria in particolare, a cui s’è dovuto far fronte con un aumento della pressione fiscale: «Dal 1995 al 2006 mentre le tasse nazionali al netto dell’inflazione sono aumentate del 12%, quelle locali hanno subito un incremento del 111%, arrivando a rappresentare l’11% del totale».
Quest’analisi serve a Cisnetto per concludere sulla correttezza della decisione di porre sotto controllo la spesa sanitaria nonché di tagliare la spesa complessiva per servizi di assistenza.
Spiace dover constatare come il panorama italiano sia ormai affollato di guru e santoni incapaci d’immaginare interventi più equilibrati di sbrigativi tagli indiscriminati, che finiscono solo per penalizzare l’utenza e avvilire un servizio che, occorre dire con molta chiarezza, ha standard qualitativi da terzo mondo, nonostante gli ingenti fondi stanziati annualmente. La struttura sanitaria di un paese moderno non è pensabile venga gestita con criteri privi della minima managerialità e in completa esenzione da controlli e verifiche sistematiche della qualità del servizio erogato. La trasformazione delle strutture ospedaliere in vere e proprie aziende, con autonomia di spesa ma vincoli altrettanto chiari di pareggio di bilancio, pena l’allontanamento immediato dei suoi amministratori, e, soprattutto, la fine dell’ingerenza della politica nella gestione corrente (nomine nelle UASL, presenza lottizzata nei consigli d’amministrazione di ospedali e cliniche universitarie, condizionamento nella nomina di primari e assistenti, gestione del mercato clientelare delle assunzioni di personale ad ogni livello, addomesticamento di gare di appalto di forniture, ecc.), è l’unica via possibile per la riqualificazione del servizio. Non è certo con la chiusura di intere strutture, - purtroppo in qualche caso effettivamente non necessarie, in quanto nate su sollecitazione politica ma sprecate per il territorio che avrebbero dovuto servire, - che si risolvono i problemi di una voce di spesa ormai a livelli insostenibili e, in tanti casi, del tutto fuori controllo.
Come recita un vecchio adagio, i nodi prima o poi vengono tutti al pettine. Così sta accadendo per la sanità, la cui spesa ha ormai superato i limiti di guardia ed ha costretto il Ministro a commissariare le regioni che non hanno rispettato i parametri fissati o che non hanno provveduto a stilare adeguati piani di taglio della spesa nel rispetto della tempistica stabilita dal Governo.
Fin qui non ci sarebbe nulla di anomalo, se non la recalcitranza di alcune regioni a varare provvedimenti impopolari ma necessari. In realtà, se si entra nel dettaglio dei provvedimenti assunti dalle amministrazioni che hanno invece provveduto a stilare piani strutturati di rientro di spesa, - probabilmente virtuali, dovendosi aspettare nella prassi la consueta deviazione dai buoni propositi strombazzati, - ci si rende conto dell’evidente incapacità dei proponenti di coniugare in modo armonico la tutela del diritto ad un’assistenza sanitaria qualitativamente apprezzabile e saldamente controllata dal pubblico e l’offerta di servizi sanitari alternativi di esclusiva gestione privatistica.
In qualche caso, come nella Regione Sicilia, i tagli di spesa sono frutto della combinazione di due meccanismi al limite della censura: da una parte si è proceduto con un’operazione di puro maquillage, che ha trasformato il costo fisso del servizio sanitario in carico alle strutture pubbliche in costo variabile in virtù dello smantellamento di ospedali e riduzione di posti letto ed il trasferimento dell’assistenza alle strutture private, che saranno rimborsate dal pubblico per l’assistenza erogata. Il secondo meccanismo, - sicuramente più deprecabile e discutibile, - ha previsto la chiusura di intere strutture ospedaliere, quasi che dalla cessazione del servizio ci si debba attendere una miracolosa guarigione degli ammalati o comunque una riduzione delle patologie.
Mentre la prima operazione genera il sospetto che si sia voluta ancora una volta ingrossare la rendita delle clientele e delle piccole mafie, che da sempre speculano intorno alla grassa torta della spesa per la salute, il secondo meccanismo denota l’evidente incapacità di individuare sani strumenti di gestione amministrativa, se non il ricorso a scriteriati quanto sommari mutilazioni del servizio, che, guarda caso, porteranno altra acqua al mulino della sanità privata.
Sul quotidiano La Sicilia di stamani Enrico Cisnetto riassume i dati disastrosi della sanità nazionale e rammenta che 6 regioni su 20 hanno accumulato deficit per 3,5 miliardi su un ammontare complessivo di spesa di oltre 100 miliardi. Secondo Cisnetto, l’allarme che genera questo stato di cose è la spia incontrovertibile della «cattiva salute del sistema, quello del decentramento, nato negli anni ’70 con le Regioni e oggi finito fuori controllo. Su questo “mostrum” si è poi inserito il processo di devoluzione, partito con le modifiche al titolo V della Costituzione votato del centro-sinistra e proseguito col federalismo tanto caro al centro-destra».
A causa di questa situazione si è determinata una moltiplicazione della spesa pubblica in generale e di quella sanitaria in particolare, a cui s’è dovuto far fronte con un aumento della pressione fiscale: «Dal 1995 al 2006 mentre le tasse nazionali al netto dell’inflazione sono aumentate del 12%, quelle locali hanno subito un incremento del 111%, arrivando a rappresentare l’11% del totale».
Quest’analisi serve a Cisnetto per concludere sulla correttezza della decisione di porre sotto controllo la spesa sanitaria nonché di tagliare la spesa complessiva per servizi di assistenza.
Spiace dover constatare come il panorama italiano sia ormai affollato di guru e santoni incapaci d’immaginare interventi più equilibrati di sbrigativi tagli indiscriminati, che finiscono solo per penalizzare l’utenza e avvilire un servizio che, occorre dire con molta chiarezza, ha standard qualitativi da terzo mondo, nonostante gli ingenti fondi stanziati annualmente. La struttura sanitaria di un paese moderno non è pensabile venga gestita con criteri privi della minima managerialità e in completa esenzione da controlli e verifiche sistematiche della qualità del servizio erogato. La trasformazione delle strutture ospedaliere in vere e proprie aziende, con autonomia di spesa ma vincoli altrettanto chiari di pareggio di bilancio, pena l’allontanamento immediato dei suoi amministratori, e, soprattutto, la fine dell’ingerenza della politica nella gestione corrente (nomine nelle UASL, presenza lottizzata nei consigli d’amministrazione di ospedali e cliniche universitarie, condizionamento nella nomina di primari e assistenti, gestione del mercato clientelare delle assunzioni di personale ad ogni livello, addomesticamento di gare di appalto di forniture, ecc.), è l’unica via possibile per la riqualificazione del servizio. Non è certo con la chiusura di intere strutture, - purtroppo in qualche caso effettivamente non necessarie, in quanto nate su sollecitazione politica ma sprecate per il territorio che avrebbero dovuto servire, - che si risolvono i problemi di una voce di spesa ormai a livelli insostenibili e, in tanti casi, del tutto fuori controllo.
Le conclusioni di Cisnetto, dunque, somigliano tanto al comportamento dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia per non vedere ciò che succede intorno.
In verità, Cisnetto finge solo di non sapere quale dovrebbe essere la vera via virtuosa di un risanamento non certo limitato alle problematiche della sola sanità. La politica non può pensare che per rimuovere la cancrena che ha generato in tantissimi anni di scellerata gestione sia preferibile uccidere il malato piuttosto che imboccare strade alternative decisamente più sensate. Certo, chiunque si rende conto che queste scelte alternative significano una sostanziosa perdita di potere per quella politica così abituata dalla rassegnazione diffusa a spadroneggiare e che si è illusa di poter utilizzare ogni mezzo per raccogliere consensi, trasformando la nostra esistenza in un mercato di voti, di favori e clientele. Pertanto è assai difficile credere che questa politica possa accettare di fare il necessario passo indietro e lasciare a professionisti seri e indipendenti il governo di un sistema che ha raggiunto un grado d'inquinamento intollerabile, il cui costo si scarica regolarmente sul cittadino inerme. Ma l'arroganza della politica è fatta anche di miopie, di scelte opportunistiche di corto respiro, che privilegiano la logica della poltrona più che gli interessi generali, che strada facendo ha raccolto schiere di ruffiani pronti a sostenerne con dotte argomentazioni le scelte, piuttosto che denunciarne la pochezza. Tuttavia questa è una miopia di cui presto o tardi questa politica di infima lega, gestita da squallidi incapaci che campano sui suoi proventi e che nella vita non riuscirebbero a guadagnarsi sostentamento in modo alternativo, sarà chiamata a render conto: la pazienza avrà un limite difficilmente misurabile, ma comunque ha un limite che è sempre grave errore sottovalutare.
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page