Abbasso il tricolore, viva la bandiera regionale
Giovedì, 6 agosto 2009
Cosa non si farebbe per rubare la prima pagina della cronaca. La Lega ne sa qualcosa con le continue stupidaggini che partorisce e sbandiera come iniziative politiche intelligenti. Non paga d’idiozie come la repubblica del Nord, la schedatura di massa degli immigrati, le classi differenziate per i bambini italiani e i posti a sedere riservati ai milanesi sui mezzi pubblici, adesso è l’ora della bandiera regionale, con tanto di inno “nazionale” a sostituire quello di Mameli, che mal si addice a rappresentare la lombardità, il piemontismo e così via.
E evidente che questi impegnatissimi politicanti da luna-park, manifestamente incapaci di pensare qualcosa di significativo e apprezzabile in ordine ai mali profondi che affliggono l’economia e la società, perdono il loro tempo a sciorinare stupidaggini senza senso, convinti così di mantenere vivo il proprio indice di gradimento tra semianalfabeti e disperati che ingrossano la loro base elettorale di riferimento.
In effetti, con queste sortite la prima pagina è spesso garantita, sebbene i quotidiani di questo paese cialtrone si picchino di fare informazione e non satira di basso profilo, per cui tra un furto (ad opera d’un Albanese), uno stupro (ad opera d’un Romeno), un incidente stradale (ad opera d’un Polacco sbronzo), trova spazio l’importante novità politica proposta ora da Calderoli, ora da Borghezio, ora da Salvini, ora da altri comici minori della stessa scuola d’inventori di barzellette da bar sport.
La cosa triste è che dietro questi personaggi, che fanno apparire "intelligente" la comicità dei mitici Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, c’è un popolo di macellai, tabaccai, titolari di mercerie, panettieri, muratori, idraulici, espressione di un piccolo commercio e di una micro imprenditoria, che plaude alle loro iniziative e che si infervora di bieco razzismo ad ogni scampagnata agreste a base di salsicce alla brace e birra, in quelli che il trombone Bossi qualifica come “raduni della gente padana”. Gente che di politica capisce picche, ma che avvezza a guardare avidamente alla consistenza del proprio portafoglio, tragicamente assottigliato da una politica centralista orchestrata da quella “Roma ladrona” nella quale, guarda un po’, gozzovigliano anche i loro sedicenti puristi rappresentanti, è sempre più testardamente convinta che l'indipendenza dallo stato centrale e la mortificazione degli immigrati siano la panacea dei suoi problemi.
Se poi si guarda ai dati sull’occupazione nera nel nostro paese si scopre che migliaia di extracomunitari, possibilmente non in regola con le norme sull’immigrazione, sono impiegati nelle pingui e razziste regioni del Nord dagli stessi commercianti e micro imprenditori, come muratori, imbianchini, venditori ambulanti, addetti ai lavori di fatica in magazzini e depositi e, per chi avesse dubbi, basterà fare un giro nel Bresciano, nella Bergamasca o nel Trevigiano, - giusto per citare alcune delle aree a più alta concentrazione del fenomeno, - per rendersi conto dell’ipocrisia di Lega e adepti.
La verità è che i questi prodi paladini dell’Italianità, che magari si crogiolano nella riedizione dello slogan “Italian über alles”, segretamente amerebbero ritornare ai tempi in cui esistevano forme di sfruttamento esasperato dell’uomo sull’uomo, se non allo schiavismo puro; ad un nuovo quanto anacronistico medio evo, nella recondita speranza di ingrossare i propri guadagni e impiegando nei lavori più umili e malpagati questa "carne umana", prosperando ai danni dei diseredati e senza patria. Sì, perché nonostante si inveisca allo straniero, poi questo fa molto comodo ed è sfruttato nel peggiore dei modi in ogni occasione con la negazione di ogni diritto, di qualsiasi sistema che ne tuteli l’integrità fisica sul lavoro e che gli garantisca un salario equo e dignitoso.
A Calderoli e soci, che reclamano una nuova bandiera che rispecchi la supremazia regionale su quella statale, avremmo da dare un suggerimento: un bel drappo nero, con tanto di teschio e tibie incrociate, in cima al Pirellone, che ben si addice all’animo pirata della ciurma che rappresenta.
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