Indecenza senza limiti
Giovedì, 29 ottobre 2009
Egregio Presidente, mi giunge notizia che l’avvocato nonché onorevole (per il quale, Ella mi consentirà, non nutro alcun rispetto e, dunque, ritengo quel titolo-invito anteposto al suo nome una mera forzatura) Niccolò Ghedini, - non capisco se perché invidioso di qualche collega con il quale divide la mensa di Montecitorio o in cerca di guadagnarsi l’accesso al regno dei cieli vista la natura del padrone cui risponde, - avrebbe ideato l’ennesima diavoleria (più che giustificata con la faccia che si ritrova) per salvare le terga al suo capo, inventandosi un lodo, cioè un provvedimento di legge, con il quale tutti i processi a carico di quel santuomo perseguitato dalla sorte e dai comunisti (che ci sono ancora, mi creda) dovrebbero essere trasferiti a Roma dalle attuali sedi in cui sono stati istruiti e dove sarebbero stati commessi i reati per i quali si originano.
Premesso che l’avvocato Ghedini (non so dove si sia laureato, ma mi dicono che al CEPU si fanno miracoli) dovrebbe sapere che uno dei principi fondanti del nostro ordinamento è la Carta Costituzionale, che stabilisce che nessuno può essere distolto dal giudice naturale, mi fa assai specie che alla base di tale papocchio, spocchiosamente apostrofato lodo, risieda la ragione delle tendenze politiche dei magistrati di Milano, che, notoriamente (ma tale avverbio sarebbe imputabile ad un incubo patito dal padrone dell’estensore del papocchio, dato che non esiste prova alcuna) sono comunisti sfegatati (l’aggettivo è mio) e, pertanto, incapaci di rilasciare giudizi sereni su colui che, prima d’essere un eventuale delinquentello come tanti, è per loro un avversario politico da stangare con sentenze che nulla hanno di giuridicamente consistente.
Il sottoscritto, che, prima che lo constati Lei da questo scritto, intende autodenunciarsi come comunista (non perché sia mai stato iscritto al PCI, PSUP, DS, PD ed altre sigle simili, ma perché appartiene alla schiera di coloro che dissentono dal “berlusconi-pensiero” e, dunque, non può che essere comunista) ritiene che quest’ennesimo tentativo del presidente del consiglio in carica di sottrarsi alla legge, o se si preferisce, di scegliersi i giudicatori più opportuni, costituisca una violazione senza precedenti dell’ordine costituito per svariati ordini di motivi.
Premesso che l’accanimento terapeutico con il quale il prodigioso santo di Arcore insiste per sfuggire a qualunque giudizio suona come un’implicita ammissione di colpevolezza (ma non vorrei che il ragionamento apparisse eccessivamente sottile), mi consta in primo luogo che viga nel nostro ordinamento l’istituto della ricusazione, alla quale qualunque imputato può ricorrere quando abbia fondati sospetti di parzialità dei giudici, dimostrando la fondatezza dei suoi sospetti.
Secondariamente, mi pare che il provvedimento, ove approvato e sottoscritto con la Sua stimata firma, finirebbe per ledere ancora una volta il sacrosanto principio d’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, poiché tale facoltà non sarebbe consentita a tutti ma solo a tal Silvio Berlusconi da Arcore.
In terza istanza, il personaggio in questione deve essere giudicato per reati commessi da libero cittadino e non da politico, ciò per violazioni alla legge compiute prima della sua mitica discesa in campo (che in tanti hanno molto a proposito interpretato come lo stratagemma per rendersi impune). Per i reati commessi in qualità di presidente del consiglio (e non risultano al momento ipotesi di questa natura) esistono già sia il tribunale dei ministri che la Corte Costituzionale, le cui sedi non sono a Calascibetta, in provincia di Enna, ma a Roma e, dunque, non si vede la ragione per la quale si dovrebbe dare esito positivo ad una bizzarra richiesta di lodo come nella fattispecie.
In ultimo, desidero partecipare alla Sua carica l’opportunità di segnalare all’istituzione parlamentare il dovere di riconoscere questo provvedimento, qualora fosse approvato, quale optional processuale a favore di tutti gli Italiani. Come confessato prima, sono un comunista e, pertanto, avendo scarsissima fiducia nei tribunali in cui potrei essere processato qualora incorressi nella violazione di una qualche legge, anche del Codice Stradale, tribunali infestati da fascisti militanti, ex fascisti e nostalgici di Salò, a mia garanzia vorrei potermi scegliere i giudici di Campione d’Italia o della Corte di Giustizia dell’Aja (che, essendo in Europa, ci sta tutta), se non altro, nell’illusione di una sorta di extra territorialità, mi sentirei maggiormente tutelato.
Certo di un Suo magnanimo accoglimento della presente richiesta, al grido di VIVA L’ITALIA le porgo i migliori saluti.
Ecco, questo potrebbe essere il testo della lettera da inviare al Presidente Napolitano nel caso fosse approvato il provvedimento di cui si parla in queste ore e che intenderebbe tamponare le conseguenze della dichiarazione d’illegittimità costituzionale del lodo Alfano. Indicativo, in ogni caso, il dissenso che ha riscontrato all’interno dello stesso PdL la proposta Ghedini, dalla quale si sono già dissociati Lega, ex AN e lo stesso Alfano, che ritiene di essersi esposto a sufficienza con il provvedimento che porta il suo nome.
Egregio Presidente, mi giunge notizia che l’avvocato nonché onorevole (per il quale, Ella mi consentirà, non nutro alcun rispetto e, dunque, ritengo quel titolo-invito anteposto al suo nome una mera forzatura) Niccolò Ghedini, - non capisco se perché invidioso di qualche collega con il quale divide la mensa di Montecitorio o in cerca di guadagnarsi l’accesso al regno dei cieli vista la natura del padrone cui risponde, - avrebbe ideato l’ennesima diavoleria (più che giustificata con la faccia che si ritrova) per salvare le terga al suo capo, inventandosi un lodo, cioè un provvedimento di legge, con il quale tutti i processi a carico di quel santuomo perseguitato dalla sorte e dai comunisti (che ci sono ancora, mi creda) dovrebbero essere trasferiti a Roma dalle attuali sedi in cui sono stati istruiti e dove sarebbero stati commessi i reati per i quali si originano.
Premesso che l’avvocato Ghedini (non so dove si sia laureato, ma mi dicono che al CEPU si fanno miracoli) dovrebbe sapere che uno dei principi fondanti del nostro ordinamento è la Carta Costituzionale, che stabilisce che nessuno può essere distolto dal giudice naturale, mi fa assai specie che alla base di tale papocchio, spocchiosamente apostrofato lodo, risieda la ragione delle tendenze politiche dei magistrati di Milano, che, notoriamente (ma tale avverbio sarebbe imputabile ad un incubo patito dal padrone dell’estensore del papocchio, dato che non esiste prova alcuna) sono comunisti sfegatati (l’aggettivo è mio) e, pertanto, incapaci di rilasciare giudizi sereni su colui che, prima d’essere un eventuale delinquentello come tanti, è per loro un avversario politico da stangare con sentenze che nulla hanno di giuridicamente consistente.
Il sottoscritto, che, prima che lo constati Lei da questo scritto, intende autodenunciarsi come comunista (non perché sia mai stato iscritto al PCI, PSUP, DS, PD ed altre sigle simili, ma perché appartiene alla schiera di coloro che dissentono dal “berlusconi-pensiero” e, dunque, non può che essere comunista) ritiene che quest’ennesimo tentativo del presidente del consiglio in carica di sottrarsi alla legge, o se si preferisce, di scegliersi i giudicatori più opportuni, costituisca una violazione senza precedenti dell’ordine costituito per svariati ordini di motivi.
Premesso che l’accanimento terapeutico con il quale il prodigioso santo di Arcore insiste per sfuggire a qualunque giudizio suona come un’implicita ammissione di colpevolezza (ma non vorrei che il ragionamento apparisse eccessivamente sottile), mi consta in primo luogo che viga nel nostro ordinamento l’istituto della ricusazione, alla quale qualunque imputato può ricorrere quando abbia fondati sospetti di parzialità dei giudici, dimostrando la fondatezza dei suoi sospetti.
Secondariamente, mi pare che il provvedimento, ove approvato e sottoscritto con la Sua stimata firma, finirebbe per ledere ancora una volta il sacrosanto principio d’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, poiché tale facoltà non sarebbe consentita a tutti ma solo a tal Silvio Berlusconi da Arcore.
In terza istanza, il personaggio in questione deve essere giudicato per reati commessi da libero cittadino e non da politico, ciò per violazioni alla legge compiute prima della sua mitica discesa in campo (che in tanti hanno molto a proposito interpretato come lo stratagemma per rendersi impune). Per i reati commessi in qualità di presidente del consiglio (e non risultano al momento ipotesi di questa natura) esistono già sia il tribunale dei ministri che la Corte Costituzionale, le cui sedi non sono a Calascibetta, in provincia di Enna, ma a Roma e, dunque, non si vede la ragione per la quale si dovrebbe dare esito positivo ad una bizzarra richiesta di lodo come nella fattispecie.
In ultimo, desidero partecipare alla Sua carica l’opportunità di segnalare all’istituzione parlamentare il dovere di riconoscere questo provvedimento, qualora fosse approvato, quale optional processuale a favore di tutti gli Italiani. Come confessato prima, sono un comunista e, pertanto, avendo scarsissima fiducia nei tribunali in cui potrei essere processato qualora incorressi nella violazione di una qualche legge, anche del Codice Stradale, tribunali infestati da fascisti militanti, ex fascisti e nostalgici di Salò, a mia garanzia vorrei potermi scegliere i giudici di Campione d’Italia o della Corte di Giustizia dell’Aja (che, essendo in Europa, ci sta tutta), se non altro, nell’illusione di una sorta di extra territorialità, mi sentirei maggiormente tutelato.
Certo di un Suo magnanimo accoglimento della presente richiesta, al grido di VIVA L’ITALIA le porgo i migliori saluti.
Ecco, questo potrebbe essere il testo della lettera da inviare al Presidente Napolitano nel caso fosse approvato il provvedimento di cui si parla in queste ore e che intenderebbe tamponare le conseguenze della dichiarazione d’illegittimità costituzionale del lodo Alfano. Indicativo, in ogni caso, il dissenso che ha riscontrato all’interno dello stesso PdL la proposta Ghedini, dalla quale si sono già dissociati Lega, ex AN e lo stesso Alfano, che ritiene di essersi esposto a sufficienza con il provvedimento che porta il suo nome.
(nella foto, Niccolò Ghedini, avvocato personale di Berlusconi e parlamentare)
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