La qualità dei servizi della sesta potenza mondiale
Giovedì, 19 novembre 2009
E mentre i soliti sbruffoni di casa nostra si riempiono la bocca nel reclamizzare il sesto posto dell’Italia nella classifica delle potenze mondiali, naturalmente attribuendosi la paternità di quest’improbabile balzo in avanti mai dettagliatamente illustrato con dati di fatto convincenti, la Spagna in queste ore e la Finlandia qualche settimana fa annunciavano importanti iniziative in materia di servizi di connessione a banda larga su base universale, gli stessi servizi che nel nostro paese pavone sono stati bocciati la scorsa settimana dal CIPE per indisponibilità di fondi.
Qualcuno potrà sostenere che i 100MB previsti per tutti i cittadini finlandesi probabilmente sono un esagerazione per una realtà come la nostra dove moltissime comunità non sono raggiunte neanche dall’ADSL, ma non ritenere apprezzabile lo sforzo di Zapatero, che ha appena varato un piano di ammodernamento per garantire a tutti i cittadini almeno una connessione a 1MB, sarebbe un torto al buon senso.
In prima battuta, perché gli investimenti di questa natura sono sicuramente un significativo contributo al rilancio dell’economia, sotto forma di maggiore occupazione e sviluppo di nuovi servizi, con evidente valore aggiunto. Secondariamente, perché la connettività è sempre più in sé un servizio imprescindibile di modernità e di accelerazione di accesso ad altri servizi, che vanno dalla telefonia all’e-commerce, dall’informazione alla gestione quotidiana dei rapporti con banche, assicurazioni, stato e quant’altro. Ed è innegabile che questo processo equivale alla rivoluzione generatasi con l’elettricità, considerato che consente standosene comodamente a casa propria in poltrona ad usufruire ormai anche di servizi essenziali, come la telemedicina.
Nel nostro paese, invece, dove tutto è difficile e complicato, molto spesso dai bassi interessi della politica clientelare, queste innovazioni trovano strada in forte salita, vuoi per il perdurare di un monopolio imperfetto di Telecom nel sistema telefonico nazionale, - non certo scardinato nello zoccolo duro con la privatizzazione della vecchia SIP e dell’intero sistema delle telecomunicazioni, - vuoi per il vezzo assistenzialista delle compagnie operanti, che piangono costantemente miseria e chiedono che sia lo stato a sobbarcarsi i costi dell’ammodernamento della rete. Poco rileva scoprire, - con il senno di poi, se non del molto poi, - che il sistema tariffario italiano è tra i più speculativi d’Europa. Le tariffe praticate, infatti, sia nella telefonia mobile che nell’erogazione di servizi di connessione, risultano largamente al di sopra di quelle degli altri stati membri, ma poco si fa per imporre il rispetto di prezzi più accessibili e meno speculativi. Che inoltre a questi prezzi corrispondano servizi d’infimo ordine, non importa a nessuno e men che meno a quel fantasma dell’Autorità garante, che anziché l’utenza sembra stata creata appositamente per garantire i gestori di telefonia.
Eppure sarebbe molto facile individuare l’antidoto a questa situazione palesemente sconcia. Il baco sta nella presenza di posizione dominante della Telecom, proprietaria delle centrali di telefonia, che costituisce il vero e proprio collo di bottiglia nel processo di effettiva liberalizzazione del mercato. A mero promemoria basterà rammentare che questo gestore non solo impone un canone non giustificabile per il servizio erogato ad ogni singolo utente, ma denuncia ben 66,7 miliardi di utili (in calo del 3% rispetto all’anno 2008), che considera un risultato negativo al punto da azzerare ogni investimento non per ammodernamento ma persino per rendere minimamente decente il servizio che già dà. E chi avesse qualche dubbio per constatare la qualità da terzo mondo dei servizi Telecom abbia la compiacenza di recarsi a Serrate in Calabria o a Misilmeri in Sicilia o Bultei in Sardegna, giusto per indicare località a casaccio. Nel frattempo questa compagnia di poveracci (visto il magro livello degli utili registrati) ingannano sotto gli occhi dei Garanti della Pubblicità e delle Telecomunicazioni gli Italiani, spendendo la faccia del simpatico Abatantuono, a cui pagano qualche centinaio di milioni, per raccontare frottole sulle mirabolani prestazioni dell’ADSL a 7MB, se non addirittura a 20MB, alla portata di tutti.
Nel frattempo, mentre i treni tra Catania e Palermo impiegano oltre quattro ore per compiere i 196 km che separano i due capoluoghi, o un’ora e trenta per i 56 km tra Siracusa e Catania; mentre in qualche caso occorra ricorrere al piccione viaggiatore per comunicare, qualcuno pensa a faraonici progetti di ponti sullo stretto di Messina per collegare strade di borbonica memoria, perché anche attraverso queste ridicole ostentazioni di onnipotenza passa la gloria e la riconoscenza dei fessi.
E mentre i soliti sbruffoni di casa nostra si riempiono la bocca nel reclamizzare il sesto posto dell’Italia nella classifica delle potenze mondiali, naturalmente attribuendosi la paternità di quest’improbabile balzo in avanti mai dettagliatamente illustrato con dati di fatto convincenti, la Spagna in queste ore e la Finlandia qualche settimana fa annunciavano importanti iniziative in materia di servizi di connessione a banda larga su base universale, gli stessi servizi che nel nostro paese pavone sono stati bocciati la scorsa settimana dal CIPE per indisponibilità di fondi.
Qualcuno potrà sostenere che i 100MB previsti per tutti i cittadini finlandesi probabilmente sono un esagerazione per una realtà come la nostra dove moltissime comunità non sono raggiunte neanche dall’ADSL, ma non ritenere apprezzabile lo sforzo di Zapatero, che ha appena varato un piano di ammodernamento per garantire a tutti i cittadini almeno una connessione a 1MB, sarebbe un torto al buon senso.
In prima battuta, perché gli investimenti di questa natura sono sicuramente un significativo contributo al rilancio dell’economia, sotto forma di maggiore occupazione e sviluppo di nuovi servizi, con evidente valore aggiunto. Secondariamente, perché la connettività è sempre più in sé un servizio imprescindibile di modernità e di accelerazione di accesso ad altri servizi, che vanno dalla telefonia all’e-commerce, dall’informazione alla gestione quotidiana dei rapporti con banche, assicurazioni, stato e quant’altro. Ed è innegabile che questo processo equivale alla rivoluzione generatasi con l’elettricità, considerato che consente standosene comodamente a casa propria in poltrona ad usufruire ormai anche di servizi essenziali, come la telemedicina.
Nel nostro paese, invece, dove tutto è difficile e complicato, molto spesso dai bassi interessi della politica clientelare, queste innovazioni trovano strada in forte salita, vuoi per il perdurare di un monopolio imperfetto di Telecom nel sistema telefonico nazionale, - non certo scardinato nello zoccolo duro con la privatizzazione della vecchia SIP e dell’intero sistema delle telecomunicazioni, - vuoi per il vezzo assistenzialista delle compagnie operanti, che piangono costantemente miseria e chiedono che sia lo stato a sobbarcarsi i costi dell’ammodernamento della rete. Poco rileva scoprire, - con il senno di poi, se non del molto poi, - che il sistema tariffario italiano è tra i più speculativi d’Europa. Le tariffe praticate, infatti, sia nella telefonia mobile che nell’erogazione di servizi di connessione, risultano largamente al di sopra di quelle degli altri stati membri, ma poco si fa per imporre il rispetto di prezzi più accessibili e meno speculativi. Che inoltre a questi prezzi corrispondano servizi d’infimo ordine, non importa a nessuno e men che meno a quel fantasma dell’Autorità garante, che anziché l’utenza sembra stata creata appositamente per garantire i gestori di telefonia.
Eppure sarebbe molto facile individuare l’antidoto a questa situazione palesemente sconcia. Il baco sta nella presenza di posizione dominante della Telecom, proprietaria delle centrali di telefonia, che costituisce il vero e proprio collo di bottiglia nel processo di effettiva liberalizzazione del mercato. A mero promemoria basterà rammentare che questo gestore non solo impone un canone non giustificabile per il servizio erogato ad ogni singolo utente, ma denuncia ben 66,7 miliardi di utili (in calo del 3% rispetto all’anno 2008), che considera un risultato negativo al punto da azzerare ogni investimento non per ammodernamento ma persino per rendere minimamente decente il servizio che già dà. E chi avesse qualche dubbio per constatare la qualità da terzo mondo dei servizi Telecom abbia la compiacenza di recarsi a Serrate in Calabria o a Misilmeri in Sicilia o Bultei in Sardegna, giusto per indicare località a casaccio. Nel frattempo questa compagnia di poveracci (visto il magro livello degli utili registrati) ingannano sotto gli occhi dei Garanti della Pubblicità e delle Telecomunicazioni gli Italiani, spendendo la faccia del simpatico Abatantuono, a cui pagano qualche centinaio di milioni, per raccontare frottole sulle mirabolani prestazioni dell’ADSL a 7MB, se non addirittura a 20MB, alla portata di tutti.
Nel frattempo, mentre i treni tra Catania e Palermo impiegano oltre quattro ore per compiere i 196 km che separano i due capoluoghi, o un’ora e trenta per i 56 km tra Siracusa e Catania; mentre in qualche caso occorra ricorrere al piccione viaggiatore per comunicare, qualcuno pensa a faraonici progetti di ponti sullo stretto di Messina per collegare strade di borbonica memoria, perché anche attraverso queste ridicole ostentazioni di onnipotenza passa la gloria e la riconoscenza dei fessi.
In questa prospettiva ai cacciaballe dell’Italia sesta potenza mondiale bisognerebbe chiedere se nel reclamare la posizione in classifica hanno tenuto conto dello stato qualitativo dei servizi, del tasso di disoccupazione, della libertà di stampa, della corruzione politica e dei tanti malanni che affliggono il Belpaese, perché l’impressione è che se si tenesse conto anche di questi parametri forse saremmo al sesto posto, ma qualora nel leggere la classifica si cominciasse dal basso.
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