lunedì, giugno 28, 2010

Chi pratica lo zoppo ……..


Lunedì, 28 giugno 2010
Chi non potrebbe affermare che sin da bambino ha ricevuto in casa da genitori e parenti le classiche istruzioni su come selezionare amici e frequentazioni. “Ti raccomando” era l’avviso classico “evita quello lì, che sembra un poco di buono”.
Ovviamente, a questi avvertimenti non sempre seguivano comportamenti allineati. Anzi, molto spesso, nel nostro immaginario di bimbi, incline al richiamo del proibito, più ci additavano il compagnetto di turno come discolo o turbolento, comunque poco raccomandato, più ci si sentiva attratti dal fascino della sua impercepita sregolatezza.
Poi, con l’età e il buon senso, c’è stata per tutti la fase nella quale tale cernita è divenuta automatica e, poco a poco, si sono allontanati quei personaggi del giro delle conoscenze che non rispecchiavano propriamente i valori che dall’infanzia avevamo nel frattempo introitato.
Questo non significa che ciascuno tra le proprie conoscenze non annoveri qualche personaggio non proprio a posto, come si suol dire. E questa eventualità non rappresenta certo l’indicatore di un animus deviante, non fosse che per l’eccezionalità della cosa o per la mancata conoscenza di alcuni aspetti caratteriali di certi conoscenti o, nella maggior parte dei casi, del loro trascorso,. E’ questa eventualità, che confina il fenomeno nella casistica dei fatti inevitabili, sicuramente non scalfisce la credibilità di chi, per puro caso, incappi in vicende nelle quali conoscenti, più o meno stretti, inciampano in episodi connessi con le norme del codice penale.
Diverso è il caso di coloro che frequentano assiduamente personaggi non solo chiacchierati, ma che sistematicamente si ritrovino in debito con la giustizia. Costoro non possono vantare né la buona fede né la casualità dei fatti e, al più, debbono ammettere, se non d’essere tendenzialmente fan del malaffare, una pirlaggine congenita, che riduce loro le capacità percettive e quelle di valutare l’evidenza della realtà.
In altri termini, una cosa è avere un amico sciagurato, un’altra è circondarsi di ribaldi e dimostrarsi stupito dei sospetti di ribalderia che inevitabilmente finiranno per caderti addosso, peraltro dichiarando di non saperne niente o assolvere gli amici del clan, magari definendo le loro malefatte marachelle o birbonate.
A ben guardare l’entourage del nostro presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, si pone legittimo il quesito se effettivamente ci sia o ci faccia, - come direbbe un qualunque cittadino della capitale, - e questo a prescindere dai suoi trascorsi personali e dalle vicende giudiziarie che lo vedono protagonista in prima persona, che da sole dovrebbero sciogliere il quesito.
Né sembrerebbe sostenibile che il nostro premier, in omaggio a un’innocenza non più giustificabile da età che tenta d’ingannare a colpi di viagra, sia annoverabile tra la folta schiera dei pirla o dei beccaccioni con le fette di salame sugli occhi. In primo luogo perché i personaggi di dubbia moralità di cui si circonda e si è circondato, - da Previti a Dell’Utri, da Comincioli a Verdini, da Micciché a Brancher, solo per citarne alcuni, - sono talmente tanti da non consentire l’ipotesi di sviste. In secondo luogo, le difese strenue che assume degli uomini che lo circondano già dal primo stormir di foglie proveniente da qualcuna delle procure disseminate per il Paese, non possono non generare il sospetto che, alla normale complicità amicale, soggiaccia complicità di ben altra natura.
Si era già visto con Previti, il fedelissimo amico e avvocato, - innocente ad ogni costo per lui, - che ha tentato di vanamente sottrarre alle conseguenze della giusta punizione per i reati accertati, con leggi e leggine che dovevano evitargli il carcere. S’è visto con Dell’Utri, imposto come parlamentare nazionale ed europeo e senatore di una Repubblica, grazie anche a lui, sempre più squalificata, per consentirgli di evitare il probabile arresto per i reati di cui era imputato in attesa di una sentenza definitiva di condanna. S’è visto con Bertolaso, proposto al rango di ministro appena 24 ore prima che divenisse di pubblico dominio il suo coinvolgimento in squallide vicende di escort, appartamenti in omaggio, atti di nepotismo e clientelismo da basso impero e distrazione di denaro pubblico in occasione dei farseschi preparativi del G8. E s’è visto con Brancher, già indagato per operazioni sospette in combutta persino con quel Carboni del crack Rizzoli e dell’omicidio Calvi, prontamente nominato ministro di un’attività inesistente, sussidiarietà e decentramento (sic!) - dunque posto sotto lo scudo del ridicolo quanto protervo legittimo impedimento.
Certamente non sono mancati episodi ai confini della realtà oltre che del macabro, come la promozione ad eroe di un tale Mangano, iscritto al collocamento con la qualifica di esperto palafreniere, - si dibatte ancora dopo il suo trapasso in carcere per omicidio plurimo, della natura dei cavalli di cui si occupava, - che deve aver fatto vomitare nella tomba Mazzini e Garibaldi, sconcertati d’esser stati accumunati ad un personaggio di tal fatta. Ciononostante, il nostro uomo continua a godere della simpatia di tanti, - fortunatamente sempre meno, ma comunque tanti, - che tra opportunismo e sincera ammirazione vedono in lui chi ha definitivamente spezzato la stantia liturgia con la quale il potere si era sempre posto alla gente: distaccato, freddo, sostanzialmente privo delle passionalità che avvolgono e travolgono il senso comune dell’umana esistenza. Un potere finalmente umanizzato, fatto di voglia e capacità di tradurre in azioni concrete le dichiarazioni di cui normalmente si fa scudo, capace di blandire con fare suadente, ma anche di far seguire fatti concreti a quella che potrebbe apparire solo rituale propaganda. Naturalmente qui non parliamo della qualità di queste traduzioni, perché il discorso porterebbe assai lontano.
In questa nuova dimensione del potere, peraltro già inaugurata da Bettino Craxi, con un decisionismo rimasto emblematico, tutto è divenuto più lasco, plausibile, dal falso in bilancio, - così distante dalla percezione della gente comune afflitta da più gravi problemi di sopravvivenza quotidiana, - ai festini con escort e minorenni, tanto, alla fine, gli spot martellanti sulla persecuzione cui sarebbe sottoposto da comunisti e magistrati hanno lo stesso effetto persuasivo della pubblicità di certi miracolosi deodoranti corporali, in grado di rimuovere ogni fetore senza far uso d’acqua e sapone.
E se tutto questo non dovesse esser che frutto di odiosa interpretazione avversaria, - di cui deve far parte anche Giorgio Napolitano, intervenuto per stoppare l’assurda pretesa di Brancher di avvalersi di una norma che gli doveva consentire di sfuggire al processo a suo carico, - allora non resterebbe che l’altra ipotesi e cioè di trovarsi di fronte a un santo, che nel suo ingenuo amore sperticato per il prossimo rischia di passar per pirla in questo ingrato mondo di avidi squali e coccodrilli.
Un vecchio adagio parla di zoppi e attribuisce ai loro frequentatori assidui il rischio di contrarre la stessa malattia. E se questo non è il caso del nostro del nostro beneamato, allora non c’è scampo: i pirla siamo noi.
(nella foto, il neo mininistro Aldo Brancher)

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page