lunedì, settembre 27, 2010

Lezioni di morale da un pulpito squalificato

Lunedì, 27 settembre 2010
Quella del 25 scorso è stata la giornata culminante di una telenovela che va ormai avanti da troppo tempo. Gianfranco Fini ha rotto gl’indugi e ha finalmente rilasciato la sua versione della vicenda Montecarlo, affidandosi ad un filmato su internet. Dichiarazioni forse tardive, quantunque probabilmente motivate dalla necessità di documentarsi in modo più puntuale delle affermazioni del cognato, ma che hanno consentito di conoscere dalla sua viva voce come intende difendersi dalle accuse che sino ad oggi gli sono state mosse dagli ex amici di AN e del PdL e cosa intenda fare qualora e al di là delle assicurazioni ricevute dal cognato si accertasse che la proprietà dell’appartamento monegasco fosse effettivamente di Giancarlo Tulliani.
Fini ha fatto le sue dichiarazioni in modo pacato, persino elegante, riconoscendosi qualche ingenuità, ma ribadendo la sua assoluta buona fede e la trasparenza con la quale la vendita dell’appartamento al centro dello “scandalo” è avvenuta. Nello stesso tempo, ha richiamato l’attenzione sul fato che dopo oltre 25 anni di attività politica non ha mai ricevuto un avviso di garanzia, né è mai stato sfiorato dal dubbio alcuno sulla trasparenza e l’onestà del suo operato. S’è rammaricato che la vicenda della casa di Montecarlo sia stata gestita da certa stampa come si fosse trattato di una compravendita di droga o di armi o di un’operazione di riciclaggio di denaro sporco. Fini ha infine ricordato che nel Principato le società off-shore sono di casa e che le transazioni avvengono ricorrendovi sistematicamente. In ogni caso, una cosa è vendere un appartamento ad una società di questo tipo, altra cosa è utilizzare le off-shore per tutelare i propri affari, il patrimonio di famiglia ed evadere gli obblighi fiscali previsti dalla legislazione italiana, come sembra fare qualcuno che adesso lo accusa di scorrettezze indimostrate e gli scatena contro una miserabile campagna d’assassinio politico.
A conclusione del suo discorso, Fini ha tenuto doveroso precisare che il suo gruppo di Futuro e Libertà non si assumerà mai la responsabilità di mandare a monte la legislatura, ma continuerà ad appoggiare il governo e la coalizione affinché concluda nei termini il mandato ricevuto dagli elettori.
Chi si fosse illuso che queste dichiarazioni, - più o meno soddisfacenti dipendentemente dal personale punto di vista, ma comunque evidente atto di responsabilità del presidente della Camera, - siano servite a smorzare gli assalti delle truppe berlusconiane a colui che in ogni caso viene considerato un pericolosissimo traditore in seno al PdL, si è sbagliato di grosso. E questo errore nasce dal non aver chiaramente interpretato l’origine dello scontro e la posa in gioco.
Ancora oggi la stampa insiste nel confermare che gli obiettivi del Cavaliere sono chiari e monotematici, come un’inguaribile forma maniacale che condiziona la vita politica e quella del Paese. «Un Berlusconi senza processi è il mio obiettivo e lo dico contro i miei stessi interessi perché non avrebbe più bisogno di un avvocato», ha asserito dal palco della Festa delle Libertà, il parlamentare e difensore del premier Niccolò Ghedini, con tono grottescamente scherzoso. A dargli manforte e confermare quest’obiettivo irrinunciabile ieri a Milano, c'erano il ministro delle Giustizia Angelino Alfano, Francesco Pionati, segretario dell'Alleanza di Centro, Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia e indagato nell'inchiesta sulla P3, Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato, mentre a guidare il dibattito era stato chiamato il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, segno evidente di una faziosità alla quale, quegli esponenti dell’attuale classe dirigente che si qualificano sempre più come una congregazione di irriducibili portaborse, non riescono in alcun modo a rinunciare.
E’ chiaro che d’innanzi a questa riaffermazione di un’immunità da conseguire ad ogni costo, anche al prezzo di scatenare meschine e losche guerre personali contro gli avversari, la presenza di Berlusconi e di un entourage di servi disposti a tutto si sta facendo giorno dopo giorno sempre più inaccettabile e pericolosa per la democrazia. Un uomo che sa coscientemente di essere in una posizione fortemente compromessa con la legge e architetta qualunque misfatto pur di sfuggirvi non ha alcuna legittimità né etica né morale per permettersi di fare appello alla dignità altrui, affinché traggano conseguenza dai loro peccatucci e si facciano da parte. Berlusconi non ha alcun titolo per chiedere a Fini, sulla base delle bufale e delle patacche inventate dai suoi prezzolati killer, di lasciare per dignità la presidenza della Camera, poiché è il primo a disconoscere il significato di quel termine.
In questa prospettiva, - che peraltro avvelena l’aria sino all’inverosimile, inoculando la sensazione che ormai il confronto politico sia delegato solo a quattro avanzi di galera, colpevoli di reati più o meno gravi, ma comunque reati, - è divenuta inderogabile la necessità di liberarsi di chi è da oltre un quindicennio che con la sua presenza e con i tentativi maldestri di esimersi di pagare il conto alla giustizia ha distrutto i principi fondamentali del vivere civile e le istituzioni. E se prima era auspicabile che i cittadini, parecchi sicuramente in buona fede, - aprissero gli occhi e nel segreto dell’urna facessero giustizia di un modesto dittatorello, adesso è cogente l’urgenza di ripristinare i fondamenti della democrazia ricorrendo a qualunque mezzo, poiché personaggi di questo stampo tacciano definitivamente e cessino di perpetrare un cancro mortale alla nazione.
Tra Berlusconi, inventore di formule demagogiche come l’anticomunismo, ed i comunisti veri, i più sanguinari della storia dell’umanità, non v’è alcuna differenza: entrambi hanno una concezione distruttrice del dissenso, degli avversari e non si fanno certo scrupolo di ricorrere a pratiche bestiali come la calunnia, la minaccia, la costruzione di prove false ed altre scelleratezze pur di soffocare ogni anelito di libertà e di dissenso.
Fino a quando non verrà ristabilita la legalità e non sarà eseguita una pulizia profonda delle istituzioni per il Paese continuerà inesorabile il declino e la mortificazione, relegandolo ai confini della civiltà e della democrazia.

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