La truffa dell’adsl
Mercoledì, 22 dicembre 2010
Che internet sia veicolo di informazioni planetarie e sistema di connessione con il mondo in tempo reale è cosa del tutto risaputa e consolidata. La maggior parte dei paesi sviluppati, - ma sarebbe certo il caso di parlare di civiltà piuttosto che di sviluppo, - hanno da tempo riconosciuto i meccanismi di connessione alla rete come diritto universale e, pertanto, i rispettivi governi hanno imposto l’erogazione gratuita ai propri cittadini di una banda minima di connessione garantita, in modo da permettere a tutti di accedere al web e di fruire dei servizi disponibili.
Com’era facilmente immaginabile, tale garanzia è del tutto negata ai cittadini della sedicente civilissima Italia, che non solo debbono pagare tariffe salatissime ai provider telefonici, ma non hanno alcuna garanzia che, una volta pagato, possano fruire del servizio secondo le previsioni dei contratti sottoscritti. Anzi, non essendo nella civilissima Italia tale servizio riconosciuto quale diritto universale, è lasciata ampia mano libera ai provider di negare persino l’allacciamento, con buona pace di ogni protesta.
Diversamente dal solito, i colpevoli di questa situazione sono individuati e precisi e risiedono nei vari palazzi del potere politico, - ministeri delle Finanze, dell’Interno, dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio, - che hanno deliberatamente inibito l’importantissimo passo in avanti, accampando ora la solita penuria di fondi da stanziare in periodo di crisi economica, ora qualche assurda ragione di ordine pubblico, che il libero accesso potrebbe compromettere, ora cedendo alle pressioni delle potentissime lobbie della cornetta, che sulle tariffe di connessione hanno costruito rilevanti occasioni di proventi, grassando gli utenti.
Il tutto prende origine dalla situazione dell’ex monopolista Telecom, che è proprietario di centrali e linee telefoniche sulle quali viaggia il segnale adsl. La liberalizzazione imposta con la caduta del monopolio si è realizzata in una realtà fortemente condizionata dal possesso delle infrastrutture di telecomunicazione, rimaste saldamente in mano alla Telecom. Non è bastato imporre il noleggio delle linee e le tariffe. Quei prezzi imposti sono serviti, paradossalmente, ha creare un’offerta poco vantaggiosa per l’utenza, offerta spesso del tutto indifferente alla tipologia del provider di turno.
Ma per assurdo il problema vero non è stato quello delle tariffe, quanto quello delle velocità di connessione, che si sono rivelate vere e proprie truffe legalizzate, coperte peraltro dall’ignavia dell’Autorità garante delle comunicazioni, dal nome roboante quanto l’inconsistenza del suo ruolo nella vicenda.
Si vuole, infatti, che i tanti provider presenti, su un mercato di concorrenzialità falsata dalle premesse, offrano velocità di connessione a pagamento prive di ogni rispondenza effettiva nella realtà. Si parla così di 7Mb, di 10Mb e addirittura di 20Mb, che sono solo virtuali, in quanto nella stragrande percentuale dei casi, se si raggiunge meno della metà della velocità promessa, ci si deve ritenere più che fortunati.
I provider, per non incorrere nelle conseguenze palesi della vera e propria truffa, si sono inventati la formula del “fino a….”, che ha reso legale ogni azione di vero e proprio raggiro ai danni dell’utenza. E la motivazione di quest’imbroglio è abbastanza intuibile: è Telecom che è rimasta proprietaria delle centrali e delle linee, e su questi apparati essenziali per la veicolazione di un segnale di qualità ha sospeso ogni investimento d’ammodernamento, sì da non consentire l’erogazione di un servizio in molti casi appena dignitoso, sia ai suoi clienti che a quelli di altri provider, in ogni caso sono obbligati a comprare da Telecom i servizi rivenduti.
Chiunque sia incappato in situazioni di scarsa affidabilità e velocità di connessione ed abbia protestato, si è sentito ammannire scuse vergognose, come un’eccessiva distanza dalla centrale telefonica, la saturazione dell’impianto domestico per eccesso di prese o presenza di più terminali telefonici, l’assenza di split e filtri sulla linea all’ingresso per la separazione del servizio voce da quello adsl e così via, al solo scopo di occultare le magagne e giustificare le insufficienze strutturali.
Certo è che, grazie alle pressioni esercitate dai provider telefonici tradizionali, Telecom compresa, il sistema di mega Wi-Fi, che sembrava dovesse prender piede e risolvere anche i problemi di connessione di abitazioni isolate e rurali, è stato boicottato e ha lasciato immutata la situazione di mercato. Né sembra decolli la digitalizzazione della rete con sistemi di trasmissione in fibra ottica, poiché gli investimenti necessari sono notevoli e Telecom esigerebbe un contributo da parte dello stato eccessivamente oneroso.
E in questo scenario la truffa continua, mentre i vari Abbatantuono, Belen, De Sica, Panariello e figuranti vari continuano ad incassare milioni come testimonial di provider che vendono prodotti per la connessione ad alta velocità del tutto inesistenti, sotto lo sguardo distratto, se non addirittura complice di chi, pagato con i soldi della collettività, dovrebbe intervenire e decretare la fine di uno sconcio senza pari nel mondo civile.
Com’era facilmente immaginabile, tale garanzia è del tutto negata ai cittadini della sedicente civilissima Italia, che non solo debbono pagare tariffe salatissime ai provider telefonici, ma non hanno alcuna garanzia che, una volta pagato, possano fruire del servizio secondo le previsioni dei contratti sottoscritti. Anzi, non essendo nella civilissima Italia tale servizio riconosciuto quale diritto universale, è lasciata ampia mano libera ai provider di negare persino l’allacciamento, con buona pace di ogni protesta.
Diversamente dal solito, i colpevoli di questa situazione sono individuati e precisi e risiedono nei vari palazzi del potere politico, - ministeri delle Finanze, dell’Interno, dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio, - che hanno deliberatamente inibito l’importantissimo passo in avanti, accampando ora la solita penuria di fondi da stanziare in periodo di crisi economica, ora qualche assurda ragione di ordine pubblico, che il libero accesso potrebbe compromettere, ora cedendo alle pressioni delle potentissime lobbie della cornetta, che sulle tariffe di connessione hanno costruito rilevanti occasioni di proventi, grassando gli utenti.
Il tutto prende origine dalla situazione dell’ex monopolista Telecom, che è proprietario di centrali e linee telefoniche sulle quali viaggia il segnale adsl. La liberalizzazione imposta con la caduta del monopolio si è realizzata in una realtà fortemente condizionata dal possesso delle infrastrutture di telecomunicazione, rimaste saldamente in mano alla Telecom. Non è bastato imporre il noleggio delle linee e le tariffe. Quei prezzi imposti sono serviti, paradossalmente, ha creare un’offerta poco vantaggiosa per l’utenza, offerta spesso del tutto indifferente alla tipologia del provider di turno.
Ma per assurdo il problema vero non è stato quello delle tariffe, quanto quello delle velocità di connessione, che si sono rivelate vere e proprie truffe legalizzate, coperte peraltro dall’ignavia dell’Autorità garante delle comunicazioni, dal nome roboante quanto l’inconsistenza del suo ruolo nella vicenda.
Si vuole, infatti, che i tanti provider presenti, su un mercato di concorrenzialità falsata dalle premesse, offrano velocità di connessione a pagamento prive di ogni rispondenza effettiva nella realtà. Si parla così di 7Mb, di 10Mb e addirittura di 20Mb, che sono solo virtuali, in quanto nella stragrande percentuale dei casi, se si raggiunge meno della metà della velocità promessa, ci si deve ritenere più che fortunati.
I provider, per non incorrere nelle conseguenze palesi della vera e propria truffa, si sono inventati la formula del “fino a….”, che ha reso legale ogni azione di vero e proprio raggiro ai danni dell’utenza. E la motivazione di quest’imbroglio è abbastanza intuibile: è Telecom che è rimasta proprietaria delle centrali e delle linee, e su questi apparati essenziali per la veicolazione di un segnale di qualità ha sospeso ogni investimento d’ammodernamento, sì da non consentire l’erogazione di un servizio in molti casi appena dignitoso, sia ai suoi clienti che a quelli di altri provider, in ogni caso sono obbligati a comprare da Telecom i servizi rivenduti.
Chiunque sia incappato in situazioni di scarsa affidabilità e velocità di connessione ed abbia protestato, si è sentito ammannire scuse vergognose, come un’eccessiva distanza dalla centrale telefonica, la saturazione dell’impianto domestico per eccesso di prese o presenza di più terminali telefonici, l’assenza di split e filtri sulla linea all’ingresso per la separazione del servizio voce da quello adsl e così via, al solo scopo di occultare le magagne e giustificare le insufficienze strutturali.
Certo è che, grazie alle pressioni esercitate dai provider telefonici tradizionali, Telecom compresa, il sistema di mega Wi-Fi, che sembrava dovesse prender piede e risolvere anche i problemi di connessione di abitazioni isolate e rurali, è stato boicottato e ha lasciato immutata la situazione di mercato. Né sembra decolli la digitalizzazione della rete con sistemi di trasmissione in fibra ottica, poiché gli investimenti necessari sono notevoli e Telecom esigerebbe un contributo da parte dello stato eccessivamente oneroso.
E in questo scenario la truffa continua, mentre i vari Abbatantuono, Belen, De Sica, Panariello e figuranti vari continuano ad incassare milioni come testimonial di provider che vendono prodotti per la connessione ad alta velocità del tutto inesistenti, sotto lo sguardo distratto, se non addirittura complice di chi, pagato con i soldi della collettività, dovrebbe intervenire e decretare la fine di uno sconcio senza pari nel mondo civile.
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