Onorevole venduto
Venerdì, 10 dicembre 2010
Il 14 dicembre è alle porte e in quest’imminenza cadono le maschere e si palesano i veri interessi dei tanti cialtroni che infestano il parlamento della "republicchia", i cialtroni che, baciati dalla fortuna, si sono accasati a palazzo Madama e a Montecitorio e che adesso hanno perso la trebisonda alla sola idea che si possa tornare a votare e, in quell’appuntamento, perdere la poltrona riccamente pagata sulla quale contavano d’adagiare le chiappe per cinque anni.
Questi cialtroni, incapaci spesso d’esercitare un mestiere dignitoso nella vita normale, ma grandi collettori di voti per le ragioni più svariate, dato che la politica non l’hanno mai vissuta come un fine ma come un mezzo, grazie ad una legge elettorale truffaldina e golpista, sono riusciti ad infilarsi in parlamento solo perché imposti da un capo bastone che ha pensato d’inserirli in lista, per attrarre al suo partito i voti che quelli controllavano, con il risultato che carneadi senza ideologia e valori si sono sistemati a stipendio principesco.
Ovviamente, per costoro sentire parlare di ritorno alle urne e come sentirsi dire dal medico d’essere affetti da un cancro incurabile, poiché nell’ipotesi che si dibatte in cui si dovesse metter mano alla legge elettorale e tornare ad un sistema con le preferenze, correrebbero in tanti il grosso rischio di restar disoccupati, senza possibilità alcuna di tornare agli antichi mestieri perché quei mestieri non ci sono mai stati o comunque non sarebbero certo in grado di garantire loro il proseguimento in una vita da nababbi.
La contezza dell’esistenza di questo squallido sottobosco ha innescato un mercato dei voti in vista della prossima fiducia, mercato che definire delle vacche suona d’offesa persino agli utili e umili cornuti.
Non che i transfughi da un partito all’altro non facciano parte della storia politica di una qualunque democrazia parlamentare. Ma i Paesi come i nostri nel mondo occidentale evoluto sono veramente pochi e occorre guardare alle finte democrazie sudamericane per trovare un’interpretazione della politica così corrotta e affarista. Nelle democrazie nelle quale vigono sistemi elettorali con premi di maggioranza, per contro, è radicata ben altra cultura e certi atteggiamenti speculativi del proprio ruolo rappresentativo sono vissuti con maggiore serietà e responsabilità.
Alla luce di questo clima da ultima cena, in cui di Giuda pare ve ne sia più di uno e di denari si mormora ne stiano scorrendo tanti, è del tutto incerto il risultato del voto di fiducia, sebbene, e comunque si concluda questa sorta di farsa che si trascina da parecchio tempo, sia da ritenersi scontato il destino del governo Berlusconi. Comunque vadano le cose solo l’arroganza sconfinata può far ritenere di poter governare con un pugno di voti di maggioranza, che potrebbero venir meno alla prima occasione senza offrire, dunque, alcuna garanzia di continuità al Paese.
E’ ovvio che se il match parlamentare deve servire solo a dirimere la sfida in atto sulla consistenza delle appendici di Berlusconi e Fini, allora non v’è dubbio che il 14 dicembre un significato lo avrà. Ma è legittimo chiedersi se uno scontro di questa natura sia lecito abbia coinvolto alla fine la tenuta dell’Italia, ancora in fase assai critica se non addirittura traballante, e non sia piuttosto stato il segno inequivoco del disfacimento irresponsabile delle istituzioni e del senso dello stato.
Qualcuno sostiene che lo scontro, alla fine, era inevitabile: è una sorta di gioco tragico a guardie e ladri, dal cui esito dipende la ricostruzione o meno d’un Paese con regole e supremazia della legge, che troppo a lungo è stato inquinato da stomachevoli provvedimenti tesi esclusivamente a mettere al sicuro i poco di buono dalle grinfie degli investigatori. Ma anche questa, per certi versi, appare una giustificazione debole e che dovrebbe far profondamente riflettere qualunque sia l’esito finale. Non basta che qualche complice abbia oggi dismesso i panni da lavoro ed abbia indossato la divisa per dargli la credibilità che ha perso. Sarebbe stato più edificante non avesse mai offerto il suo appoggio, a costo di restare ancora nel ghetto, piuttosto che ritirarlo dopo i gravi danni che sono stati compiuti. Né è cosa saggia fidarsi della caducità della memoria collettiva per rifarsi la verginità.
In ogni caso, mentre s’aspetta stancamente il fatidico 14, un’umanità senza valore, ma in grado con i numeri di condizionare il futuro di milioni di cittadini, continua i suoi baratti, il proprio mercimonio, intrisa com’è della propria pochezza e dell’egoistica convinzione che, al di là di ogni vincitore e vinto, quel che va salvato è il proprio piatto di lenticchie.
Questi cialtroni, incapaci spesso d’esercitare un mestiere dignitoso nella vita normale, ma grandi collettori di voti per le ragioni più svariate, dato che la politica non l’hanno mai vissuta come un fine ma come un mezzo, grazie ad una legge elettorale truffaldina e golpista, sono riusciti ad infilarsi in parlamento solo perché imposti da un capo bastone che ha pensato d’inserirli in lista, per attrarre al suo partito i voti che quelli controllavano, con il risultato che carneadi senza ideologia e valori si sono sistemati a stipendio principesco.
Ovviamente, per costoro sentire parlare di ritorno alle urne e come sentirsi dire dal medico d’essere affetti da un cancro incurabile, poiché nell’ipotesi che si dibatte in cui si dovesse metter mano alla legge elettorale e tornare ad un sistema con le preferenze, correrebbero in tanti il grosso rischio di restar disoccupati, senza possibilità alcuna di tornare agli antichi mestieri perché quei mestieri non ci sono mai stati o comunque non sarebbero certo in grado di garantire loro il proseguimento in una vita da nababbi.
La contezza dell’esistenza di questo squallido sottobosco ha innescato un mercato dei voti in vista della prossima fiducia, mercato che definire delle vacche suona d’offesa persino agli utili e umili cornuti.
Non che i transfughi da un partito all’altro non facciano parte della storia politica di una qualunque democrazia parlamentare. Ma i Paesi come i nostri nel mondo occidentale evoluto sono veramente pochi e occorre guardare alle finte democrazie sudamericane per trovare un’interpretazione della politica così corrotta e affarista. Nelle democrazie nelle quale vigono sistemi elettorali con premi di maggioranza, per contro, è radicata ben altra cultura e certi atteggiamenti speculativi del proprio ruolo rappresentativo sono vissuti con maggiore serietà e responsabilità.
Alla luce di questo clima da ultima cena, in cui di Giuda pare ve ne sia più di uno e di denari si mormora ne stiano scorrendo tanti, è del tutto incerto il risultato del voto di fiducia, sebbene, e comunque si concluda questa sorta di farsa che si trascina da parecchio tempo, sia da ritenersi scontato il destino del governo Berlusconi. Comunque vadano le cose solo l’arroganza sconfinata può far ritenere di poter governare con un pugno di voti di maggioranza, che potrebbero venir meno alla prima occasione senza offrire, dunque, alcuna garanzia di continuità al Paese.
E’ ovvio che se il match parlamentare deve servire solo a dirimere la sfida in atto sulla consistenza delle appendici di Berlusconi e Fini, allora non v’è dubbio che il 14 dicembre un significato lo avrà. Ma è legittimo chiedersi se uno scontro di questa natura sia lecito abbia coinvolto alla fine la tenuta dell’Italia, ancora in fase assai critica se non addirittura traballante, e non sia piuttosto stato il segno inequivoco del disfacimento irresponsabile delle istituzioni e del senso dello stato.
Qualcuno sostiene che lo scontro, alla fine, era inevitabile: è una sorta di gioco tragico a guardie e ladri, dal cui esito dipende la ricostruzione o meno d’un Paese con regole e supremazia della legge, che troppo a lungo è stato inquinato da stomachevoli provvedimenti tesi esclusivamente a mettere al sicuro i poco di buono dalle grinfie degli investigatori. Ma anche questa, per certi versi, appare una giustificazione debole e che dovrebbe far profondamente riflettere qualunque sia l’esito finale. Non basta che qualche complice abbia oggi dismesso i panni da lavoro ed abbia indossato la divisa per dargli la credibilità che ha perso. Sarebbe stato più edificante non avesse mai offerto il suo appoggio, a costo di restare ancora nel ghetto, piuttosto che ritirarlo dopo i gravi danni che sono stati compiuti. Né è cosa saggia fidarsi della caducità della memoria collettiva per rifarsi la verginità.
In ogni caso, mentre s’aspetta stancamente il fatidico 14, un’umanità senza valore, ma in grado con i numeri di condizionare il futuro di milioni di cittadini, continua i suoi baratti, il proprio mercimonio, intrisa com’è della propria pochezza e dell’egoistica convinzione che, al di là di ogni vincitore e vinto, quel che va salvato è il proprio piatto di lenticchie.
2 Commenti:
.. che bastardo che sei .. hai centomila difetti, sei un rompicoglionoi senza pari ed anche un pò lunatico e uteroso .. ma scrivi benissimo ..
.. ti dirai a questo punto, come si permette questo stronzo .. ?
.. mi permeto .. mi permetto .. io sono Fortunato e mi permetto .. ciao un bacio affettuoso e slinguato ..
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