martedì, dicembre 21, 2010

Progressismo in svendita

Martedì, 21 dicembre 2010
I saldi non sono ancora iniziati, ma c’è qualcuno che si è già precipitato a fare acquisti, che nulla hanno a che vedere con la corsa ai regali di Natale. Anzi, sembrerebbero più acquisti motivati dalla necessità di rinnovare il guardaroba, quello di lavoro, però, non l’abbigliamento per le occasioni.
Così pare che Bersani, il segretario del PD, - sigla da qualcuno decriptata in Partito Dondolante, un bontempone di certo, - sembra sia stato visto aggirarsi frettoloso per le strade di Piacenza, sua città natale, e per quelle di Roma a far acquisti di vestiti, decine di doppiopetto grigi e cravatte in tinta, che sembra debbano diventare la nuova divisa di ogni iscritto del suo partito o almeno di quanti decideranno di restarvi dopo la scelta del new look.
Le ragioni di questa scelta? Non ventate di rinnovamento stilistico fine a se stesso, quanto l’esigenza di trovarsi preparati alla confluenza in una coalizione con i centristi di Casini e Fini, quel terzo polo che sembra attrarre il buonuomo piacentino più di quanto il miele riesca a fare con le mosche.
E la sterzata è tutta sua, almeno a quel che dice, anche se i soliti dietristi sussurrano che alle sue spalle ci sia il solito D’Alema, che contrariato dalle pretese di un Vendola in ascesa di consensi e ammiccante sempre di più alla volta dell’elettorato del PD, avrebbe suggerito di smetterla con questa farsa delle primarie, che potrebbero se indette determinare il rischio del crollo dell’attuale nomenclatura del partito.
Fatto è che, a stare ai sondaggi, non pare che il PD da questa scelta d’alleanze ne trarrebbe un gran vantaggio, visto che Vendola comunque porterebbe via al quel partito guidato dal vecchio politburo almeno un punto percentuale. Ma l’obiettivo di Baffetto e del buon Bersani non è quello di prendere più voti, quanto quello d’insediarsi su qualche poltrona messa lì a disposizione, almeno per riconoscenza, dai furbi Casini e Fini, in crisi d’astinenza di potere. E c’è da capirli i poveri tapini, sotto assedio ormai da tempo tra rottamatori, - in testa Renzi, il rampante sindaco di Firenze, - l’eterno Ualter Veltroni, mai rassegnato ad una posizione ai margini del partito, la minoranza interna di Gentiloni e Fioroni, e adesso 'sto Vendola del cavolo, che non sta nel partito ma che gode di simpatie diffusissime tra quanti reclamano che il PD esca dall’ignavo immobilismi cui s’è da tempo condannato e vari una piattaforma seria di rilancio, degna delle sue tradizioni di faro della sinistra italiana.
Il povero Di Pietro ovviamente è rimasto esterrefatto da questo atteggiamento dell’alleato, - che sarebbe più opportuno già chiamare ex, viste le continue fughe laterali che da molto tempo ne hanno messo a dura prova la volontà di proseguire su di una strada comune. Prima la Sicilia, dove il PD non si fa scrupolo d’appoggiare un governatore in odore di mafia che ha dato prova di poter stare con tutti. Con Forza Italia, con il PdL, con l’UDC, salvo scendere a patti poi con il tanto odiato Micciché, dichiaratosi improvvisamente lealista prima e fondatore di una caricatura di Lega per il Sud dopo, e in fine con gli sbandati di un ex partito comunista, nemici giurati in fase elettorale. Poi questa gag delle alleanze possibili con i neocentristi, con i quali non si sa bene cos’abbiano da spartire Bersani e Franceschini: direbbe Totò “ma che ci siamo impazziti tutti?”. Ce n'é per tutti, anche per il Tonino nazionale capace d'ingoiare ogni sorta di rospo.
Insomma, parlare di farsa sarebbe quasi fare un complimento a quest’accozzaglia di uomini senza bussola, che tanto ricordano il pensiero debole dei vecchi socialisti: offrire il proprio appoggio a chiunque detenga il potere o ne sia in odore pur di guadagnare uno sgabuzzino dal quale manovrare anche una piccola leva di comando, un sano realismo spinge a credere che l'Italia si può rinnovare anche dal gabiotto d'un usciere.
Intanto gli operai piangono, gli impiegati si lamentano, le famiglie non sanno come sbarcare il lunario e gli studenti scendono in piazza, tutti con la richiesta di una sterzata vigorosa che ridia quella speranza e quel senso di giustizia sociale minima che i becchini del centrodestra hanno preteso di seppellire da tempo e per sempre.
E mentre il sistema si piega sempre più su se stesso, Bersani e soci rinnegano le proprie radici e cercano accrediti tra ex fascisti ed ex sfascisti, tra coloro che per mille inenarrabili ragioni hanno retto il bordone a Berlusconi e i suoi comitati d’affari fino a ieri ed oggi si dichiarano portatori di un progetto nuovo sol perché fa moda esprimersi per slogan e solleticare l'immaginario collettivo.
Quant’è attuale il grido che Quino mette in bocca a Mafalda: “fermate il mondo, voglio scendere!”.

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page