domenica, dicembre 05, 2010

Le pericolose resistenze del Caimano

Domenica, 5 dicembre 2010
E’ un uomo politicamente finito e lo sa bene. Ma sa anche bene che la sua fine non potrà che coincidere con la resa dei conti giudiziaria che con mille escamotage dribbla da oltre quindici lunghi anni.
La sua pervicace ostinazione a restare avvinghiato alla poltrona di palazzo Chigi, alimentata anche dalla speranza ormai defunta di salire al Quirinale, sono stati il suo elisir di lunga vita, la droga quotidiana che gli ha permesso di tirare avanti tra pericolosi salti mortali e vere e proprie campagne pubblicitarie sulla sua persona. Contratto con gli Italiani, cartellonistica ammiccante con promesse vaghe di elargire qualche sogno in più a tutti, il martellante utilizzo di slogan autoedificanti in difesa delle libertà contro un inesistente comunismo frutto di allucinate visioni, le nauseanti dichiarazioni sulla capacità di fare a fronte delle indimostrate altrui attitudini solo a far chiacchere, i faraonici progetti di ponti sullo Stretto e le speculazioni meschine su G8 e terremoto dell’Aquila, sono stati alcuni degli innumerevoli sciroppi miracolistici che ha ammannito ai cittadini, convinto che miopi e ciechi abbondassero in questo Paese zeppo di invalidi veri e finti.
E questo Caimano, portatoci in dono da un destino gramo, quest’illusionista maestro delle tre carte, non è stato in grado di calcolare le conseguenze degli scontri che ha generato persino in casa propria, convinto che i quattro ex fascisti che aveva sdoganato fossero disposti riconoscenti a fargli da scendiletto senza mai sollevare obiezioni, forte come si sentiva dei meccanismi di condizionamento dei gangli del potere che aveva costruito nel tempo.
Giornali servi, grazie al controllo garantitosi attraverso nepotistici affidamenti a parenti stretti, televisioni ammiccanti date in mano a fidatissimi amici, case editrici strappate con l’inganno ai concorrenti, monopolio di fatto del sistema della raccolta pubblicitaria per affamare gli avversari, agganci fortissimi in grado di condizionare il mondo economico e finanziario, gli hanno generato la convinzione di poter spadroneggiare a proprio piacimento per la Penisola, certo di poter contare costantemente su una borsa attrezzi fornitissima di strumenti pronti all’uso.
Ma il suo sogno s’è infranto nello scontro con Gianfranco Fini, ambizioso post-fascista confluito nel PdL per costrizione e non certo per scelta ponderata, dopo uno show notturno a piazza S. Babila a Milano, sul predellino d'una macchina. Un Fini che dopo aver fatto buon viso a cattivo gioco, sicuro di riuscire a logorare il Caimano dall’interno e raccoglierne così l’eredità, ha dovuto infine rompere gli indugi e porsi in posizione di scontro aperto con un uomo convinto di poter imporre il suo volere e suoi capricci, a dispetto anche dell’ultimo barlume di legalità, declamandosi prima Unto del Signore, - peraltro stanco anche lui della deboscia cui s’abbandonava persino con qualche minorenne il suo "delegato" in terra, - e poi sedicente prescelto dagli Italiani, grazie ad una legge elettorale truffaldina.
Adesso il Caimano strilla isterico e disperato che l’ex alleato, quel Fini affrancato dal ghetto della destra autoritaria e nostalgica, è un traditore e che la sfiducia che gli ha presentato non avrà seguito, mentre cerca di correre al riparo da questo mortale evento con un mercato di promesse e blandimenti per quanti alla resa dei conti si dissociassero dall’iniziativa dell’odiato ribelle.
Ma anche in questo caso ha fatto molto male i suoi conti. Perché se non sarà sfiduciato non potrà certo dire d’aver conseguito una vittoria: il Paese non si potrà certamente governare con lo scarto dell'eventuale manciata di voti favorevoli che dovesse riuscire ad ottenere. La situazione traballante dell’Italia nel contesto internazionale di riferimento è tale da non poter permettere il rischio di continue imboscate parlamentari ad ogni iniziative che dovesse assumere un governo non sufficientemente forte; né gli alleati, che in apparenza gli sono rimasti fedeli, potrebbero a loro volta rischiare di compromettere i rapporti con il proprio elettorato continuando a sostenere un esecutivo ingessato e logorato dagli scandali crescenti del suo premier.
Adesso il Caimano, dimostrando un’irresponsabilità esemplare è trincerato nel bunker, mestissima figura di novello Hitler restio a capitolare anche nella fase in cui le forze di liberazione già scardinano la porta del suo nascondiglio, in un’assoluta opacità d’idee e di reazione, arrogante al punto da ritenere che il diluvio potenziale dovuto alla sua uscita di scena possa essere evitato solo genuflettendosi e pregandolo di restare. Quasi non fosse lui a dover chiedere scusa ai cittadini per la disperazione in cui li ha cacciati con la sua spocchia e i suoi abusi. Ed è ancora talmente preso dalla sua folle autostima da permettere ai suoi scellerati predicatori, alle sue laide truppe di guastatori, di lanciare proclami e invettive contro i nemici e, addirittura, il capo dello Stato, che nel delirio vorrebbe ancora assoggettato ai suoi umori.
Dice bene chi avverte che in questi momenti si sta giocando una pericolosissima partita per la democrazia, poiché dal bunker il Caimano potrebbe inventarsi qualunque iniziativa, anche la più nefasta, pur di piegare il Paese ai suoi voleri. Ed è per questa ragione che è necessario mantenere alta la guardia contro ogni eventuale tentazione d’imporre nuovamente le infamie che la storia ha cancellato, anche se, a ben ponderare, con il calpestamento di ogni diritto e d’ogni speranza che ha perpetrato durante il suo dominio, il Caimano difficilmente potrebbe contare sull’appoggio incondizionato di quegli apparati preposti alla difesa dello Stato che in più occasioni ha umiliato.
E’ evidente che la storia di Bettino Craxi, - giusto per fermarci agli esempi più recenti, - non gli ha insegnato niente. Quando si rompe l’ultimo filo che inibisce ancora al popolo d’invadere le piazze non sempre ci sono lanci di monetine e invettive, ma talora conseguenze imprevedibili che ribaltano ogni spericolato calcolo, al cospetto delle quali si potrebbe rimpiange amaramente di non essersi tirati sommessamente la porta dietro per togliere il disturbo.

(nella foto d'epoca, un corteo di manifestanti verso Piazzale Loreto a Milano)

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