venerdì, febbraio 04, 2011

La lezione di democrazia del mondo arabo

Venerdì, 4 febbraio 2011
Gionata d’ordinaria follia quella di ieri in Italia. Mentre il popolo egiziano scende in piazza e offre al mondo uno spettacolo esemplare di quali siano gli strumenti per liberarsi dei dittatori, nel nostro Paese continua imperterrita la cavalcata liberticida e golpista di Berlusconi e dei suoi accoliti, che in poche ore schiaffeggiano il parlamento e tentano l’ennesima carta disperata per imbavagliare la magistratura, che indaga sulle follie del capo del governo.
Con la prima operazione, - senza precedenti nella storia della democrazia nazionale, - Berlusconi convoca un consiglio dei ministri straordinario e urgente, al quale fa approvare il decreto legislativo sul federalismo municipale bocciato appena qualche ora prima dalla commissione parlamentare cui era stata affidata la disamina.
Nel secondo caso un parlamento imbottito di giullari nominati dal presidente del consiglio medesimo, servi oltre ogni decenza dei suoi voleri e dei suoi umori, boccia la richiesta degli inquirenti di Milano di perquisire gli uffici di tal Spinelli, cassiere del sultano di Arcore e pagatore delle sue odalische, sul pretesto che i reati contestati al loro padrone siano di competenza del tribunale dei ministri e non della magistratura ordinaria. Peccato che quest’escamotage, ancorché sostenibile, preluda al rifiuto dell’autorizzazione a procedere contro il premier qualora per il rotto della cuffia la Corte Costituzionale, dove approderà senza alcun dubbio l’evidente questione di conflitto tra poteri dello stato, dovesse malauguratamente dare ragione a Berlusconi e i suoi legulei. L’ipotesi è solo peregrina, visto che il reato contestato a Berlusconi non è di natura ministeriale, ma nasce da un indiscutibile abuso della sua posizione di capo del governo. Nel perverso immaginario dei suoi lacchè ogni tentativo d’intralciare il corso normale e ugualitario della legge è ritenuto lecito pur di esimere il protervo dittatorello dalla berlina certa.
E meno male che poche ore prima il presidente Napolitano aveva richiamato tutti ad abbassare i toni e a ricondurre il degenerato confronto politico su un binario di maggiore rispetto delle regole istituzionali del bon ton.
A parte lo squallore delle infamanti vicende giudiziarie cui è coinvolto per l’ennesima volta, il vulnus gravissimo del governo Berlusconi è proprio nell’aver riproposto e approvato un provvedimento sul federalismo bocciato senza appello in commissione bicamerale, che è diretta espressione del parlamento. La decisione di non tenere nel minimo conto le risultanze della commissione è un atto di insubordinazione istituzionale grave, di alto tradimento della Costituzione, che dovrebbe automaticamente implicare la messa in stato d’accusa del golpista di Arcore e dei suoi squadristi, non potendo consentirsi un ribaltamento così macroscopico delle regole di democrazia parlamentare.
La stessa Lega, in omaggio ai cui interessi è stato varato il provvedimento, non può permettersi di trascurare le ricadute che avrà sul suo elettorato il colpo di mano. Il cosiddetto popolo padano ha la misura colma delle sbruffonate di un leader balbettante che continua a giorni alterni a minacciare il ritorno alle urne qualora non passi il tanto sospirato federalismo, mentre, per ottenere questo risultato, è persino pronto a dare fiato ad un uomo accusato di decine di reati e che sistematicamente si sottrae ad ogni giudizio, inventandosi la balla della congiura di inesistenti lobby comuniste.
Il federalismo, svolta epocale nella gestione delle risorse dello stato, non può pensarsi si realizzi con colpi di mano o imbrogli legislativi, poiché implica nel Paese un consenso talmente diffuso da nascere claudicante qualora non vi concorra questo requisito. Un federalismo che nasca per imposizione non può che avere corto respiro e il perseverarvi, in disprezzo del consenso, non può che preludere ad uno scontro sociale dagli esiti imprevedibili e destabilizzanti per la tenuta della democrazia.
In ogni caso le modalità con le quali è avvenuto il varo del provvedimento non consentono ai quattro arrogantelli di palazzo Chigi di cantar vittoria, poiché hanno sottostimato le reazioni del Quirinale, al quale compete l’apposizione della firma per la promulgazione del decreto legislativo. E dubitiamo che Napolitano voglia assumersi la responsabilità davanti al Pase di avallare con la sua approvazione un provvedimento, di per sé epocale, viziato gravemente nel travagliatissimo iter necessario per la sua costruzione.
In questi giorni, guardando ai fatti in corso nel vicino Egitto, abbiamo sentito una donna gridare alla volta dei sostenitori del dittatore Hosni Mubarak che il futuro del paese è nelle mani di quanti si stanno battendo per la democrazia e la libertà e che quanti ostacolano questo processo sono altrettanto responsabili di quanto sia il famigerato rais.
Queste considerazioni non hanno valenza diversa per l’Italia: lo sfacelo istituzionale, la deriva golpista e liberticida in atto, non possono imputarsi esclusivamente alle malvage vocazioni di un satrapo protervo e senza dignità ed alla sua corte di galoppini appagati dal potere, ma alla correità di quanti, vuoi per averlo votato, vuoi per continuarlo a sostenere di fronte ad ogni evidenza con l’assoluzione complice o con l’ignava indifferenza, non invadono le piazze per gridare basta allo scempio di ogni regola di civile convivenza, perdurante ormai da troppo tempo.

(nella foto, un'eloquente simulazione di ciò che accadrà con il varo del federalismo in Italia)

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