martedì, luglio 12, 2011

I signor “nessuno” e la deriva del potere

Martedì, 12 luglio 2011
Perdere, per un uomo che è persino avvezzo a truccare le carte pur di vincere, non è cosa facile da digerire. E che in questa sconfitta, peraltro milionaria, abbia scatenato la solita muta di quadrupedi feroci e sanguinari per attaccare i giudici e la sentenza di condanna che ai danni di Berlusconi hanno emesso è cosa del tutto comprensibile per quanto non giustificabile. 560 milioni di euro sono tanti e rischierebbero di compromettere la stabilità di qualunque azienda florida e di grandi dimensioni. Ma non si può trascurare che il condannato è il presidente del consiglio, quindi un soggetto che dovrebbe brillare per rispetto delle istituzioni e delle loro volontà e che la condanna arriva a ragione ad oltre vent’anni dalla consumazione di un reato di corruzione conclamata che non può essere bonificato a nessuno.
Ma il nostro personaggio ci ha abituato, anche se non piegato, ad un comportamento al di fuori dalla regole. Anzi, è il personaggio in sé che è da sempre al di fuori da ogni regola, se non quella che ha arrogantemente imposto alla comunità per salvaguardare esclusivamente gli sporchi interessi personali e quelli della sua cricca, assai massiccia, di affaristi senza scrupoli di cui per inclinazione e per necessità si circonda. E allora, anziché prendere atto di quanto gli abbia arriso la fortuna limitandogli i danni al solo patrimonio e non anche a misure di restrizione della libertà personale, preannuncia per bocca dei suoi cortigiani misure di interdizione straordinarie all’esecuzione della sentenza dei giudici di Milano.
Verdini, Dell’Utri, Scajola, Romano, Bertolaso, Previti, Cosentino, giusto per citare alcuni nomi presenti nella memoria collettiva recente – fare l’elenco completo richiederebbe un volume grande come la guida del telefono di una grande città – sono alcuni dei personaggi che lo hanno accompagnato nell’ormai lunga esperienza di imprenditore-politico che certamente possono vantare intrecci interessati, grazie ai quali lui ne ha ricavato vantaggi ed allo stesso tempo ha consentito a quei soggetti di consolidare la personale posizione di potere o di fare il loro ingresso nel ristrettissimo club dei neo-potenti, tra l’altro beneficiari di meccanismi di impunità e di tutela.
A questa schiera va poi sommata quella dei “signor nessuno”, quella di coloro per lungo tempo della loro vita sono stati personaggi a dir poco anonimi, ma che grazie alla disponibilità a mettersi al servizio del potente di turno, si sono ritrovati ad abbracciare una nuova carriera parlamentare fatta di privilegi, di ricchi stipendi e d’un potere inimmaginabile: un esercito di Carneadi arrampicatori pronti a tutto, perché coscienti di ritornare anonimi alla scomparsa eventuale del loro mentore.
Ecco così gli Scilipoti, i Brambilla, i Bergamini, i Santanché, i Minetti, i Micciché e via via i tanti insediati a forza nella politica, negli enti pubblici, nei consigli d’amministrazione di aziende a partecipazione statale e ovunque ci fosse potere da amministrare, nel più rigoroso rispetto della regola machiavelliana secondo la quale loro sono tutto grazie a lui e niente senza di lui. Costoro sono coloro che sbraitano a voce più stridula nella difesa di colui che nei fatti è divenuto il vero e indiscusso padrone della loro esistenza e della loro emersione sociale, e pensare di schiodarli dalle posizioni conquistate al tramonto inevitabile che presto o tardi colpirà anche il Cavaliere è cosa assai ardua.
Silvio Berlusconi, tra le tante innovazioni che ha introdotto con la sua discesa in campo, ha anche il “merito” di aver dato un senso compiuto a quel concetto anglosassone di spoiling system che è regola nei ricambi di amministrazione d’oltre oceano: i nuovi governi insediano nelle posizioni chiave dell’amministrazione statale tecnici di loro fiducia per garantirsi l’esecuzione fedele delle loro deliberazioni.
Nel caso italiano il sistema ha più il sapore della pizza e degli spaghetti, considerato che la scelta di questi obbedienti funzionari non avviene sulla base delle sole competenze tecniche dei nominati – spesso il requisito è solo accessorio ed in quanto all'obbedienza sarebbe più adeguato parlare di addomesticamento, - ma in virtù del più becero clientelismo e dell’indiscussa fedeltà dei soggetti prescelti: la RAI della misteriosa “struttura delta” o l’organizzazione della Protezione Civile, per citare alcuni esempi, ne sono la prova più evidente. Ma di questo metodo pazzesco non è indenne il parlamento, quell’ente legislativo sovrano nel quale in forza di una legge elettorale demenziale e oltraggiosa si accede esclusivamente per nomina dei leader di partito, in barba alla più elementare forma di democrazia che vorrebbe i parlamentari eletti uno per uno dal popolo.
Anche in quel consesso orde di lecchini, miserabili accattoni di laute prebende, tirapiedi, complici di atti delinquenziali dei leader che li nominano ed altro residuo d’umanità putrida, si stravaccano sui banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama non per svolgere un mandato parlamentare, ma per difendere con ogni arma possibile il loro dante causa incuranti della miseria morale che manifestano quando, chiamati ad esprimersi su reati commessi da qualche loro collega, – ma il concetto è di complicità – fanno muro contro il corso della giustizia, contro ogni evidenza di colpevolezza, arrivando persino a fingere di credere che una squallida entraineuse sia effettivamente nipote di un capo di stato estero, pur di salvarlo. Costoro non si battono per un ideale, per una causa nobile, che sono incapaci di nutrire, ma combattono senza quartiere esclusivamente per salvare il bengodi in cui sguazzano, il benessere scippato ai cittadini, atterriti dall’idea di ritornare al marciapiede dal quale sono stati prelevati e ricominciare una vita grama fatta di anonimato e di normalità.
In questa situazione cancrenosa persino lo sdegno manifesto non ha più considerazione, non ha alcun diritto di cittadinanza, come se la dissolutezza da basso impero che ha colpito il Paese sia da ritenere il new deal di successo di questo nuovo millennio. E i pochi che denunciano o reclamano un ritorno alla legalità perduta sono meritevoli solo di qualche “metodo Boffo” con cui metterli a tacere additandoli al pubblico ludibrio: è il metodo a cui ci aveva abituato l’Unione Sovietica di Breznev o di Andropov, con il quale il dissenso veniva criminalizzato ed i suoi autori inviati coattivamente in campi di rieducazione per malati di mente.
Un editoriale di Massimo Giannini su la Repubblica di oggi fa il punto della situazione, un punto nel quale appare nella sua drammaticità lo stato comatoso in cui versa quest’Italia del malaffare diffuso, dei "signor nessuno" al servizio di un principe corrotto e al capolinea: «il presidente del Consiglio italiano non conta più nulla, ed è ormai di fatto "commissariato" dalle cancellerie d'oltre frontiera.» – scrive Giannini a proposito dello stato dell’economia nazionale e delle preoccupazioni che attanagliano l’Europa per il futuro dell’Italia e le misure che devono essere assunte per variare la rotta - «Il dramma è che nell'abisso rischia di finire non solo il Cavaliere, ma l'intera nazione. È un pericolo che va scongiurato. Le opposizioni si dimostrino all'altezza. Questa manovra deve passare in Parlamento il più presto possibile, per mettere in sicurezza l'impegno collettivo sul pareggio di bilancio. Ma un minuto dopo Berlusconi deve andare a casa. È ora di separare, finalmente, la biografia del Cavaliere da quella della nazione».

(nella foto, Deborah Bergamini, parlamentare in quota al PdL con trascorsi in RAI, nella quale era stata inserita da Silvio Berlusconi nel 2002 e su cui s'indaga a proposito dell'operato della "struttura delta")

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