sabato, luglio 09, 2011

Non sempre ride la moglie del ladro

Sabato, 9 luglio 2011
E’ stato un boomerang, un boomerang lanciato lontano e che dopo quattro lustri è ritornato indietro nelle mani del lanciatore, che non aspettandosi questo ritorno dopo così tanto tempo non si era preparato ad afferrarlo e se l’è visto schiantarsi sulla fronte, con danni incredibili.
E’ la storia del lodo Mondadori, quel lodo che ha mandato in gattabuia Previti, Metta, Acampora e Pacifico, il gruppetto di delinquenti accordatosi a suon di mazzette miliardarie per favorire Silvio Berlusconi contro Carlo De Benedetti nella ormai arcinota vicenda della compravendita della casa editoriale di Segrate. L’unico che non ha provato il sollazzo ineguagliabile del sole a scacchi è stato proprio il Cavaliere, dante causa dell’intera operazione truffaldina ai danni di De Benedetti, perché beneficiario di una miracolosa prescrizione per i reati imputatigli, ma che dalla vicenda, almeno sul piano economico, ne esce con le ossa completamente rotte, dato che dovrà versare immediatamente all’avversario la somma da capogiro di 560 milioni di euro a titolo di risarcimento dei danni procuratigli, interessi compresi.
E che “l’innocente” Cavaliere, nonché presidente del consiglio di questo Paese di poteri corrotti e di cittadini a stragrande maggioranza boccaloni, fosse in qualche misura cosciente che nella vicenda giudiziaria la sorte non gli fosse più favorevole s’è capito quando, con mossa a dir poco sconsiderata, ha persino tentato di inserire nella finanziaria di Tremonti un codicillo che avrebbe dovuto consentirgli di dilazionare il pagamento della somma da risarcire all’eventuale sentenza della Cassazione, abusando per interesse privato in maniera plateale della sua posizione di capo del governo.
Adesso dovrà pagare, salatissimo, ma senza indugi quanto la sentenza ha disposto, sentenza che peraltro ha tenuto a precisare che la condanna al risarcimento è la conseguenza della tentata corruzione ordita dallo stesso Berlusconi ai danni del rivale De Benedetti ed eseguita nel suo interesse dal drappello di delinquenti capeggiato dal suo stesso avvocato, Cesare Previti.
«È una sentenza che sgomenta e lascia senza parole», ha affermato il presidente di Fininvest Marina Berlusconi, nella lunga dichiarazione dopo la sentenza del Lodo Mondadori, che con piglio arrogante pari a quello del più illustre genitore non ha voluto perdere l’occasione per esprimere il proprio giudizio su una vicenda nella quale il suo silenzio sarebbe stato molto apprezzato. «È una sentenza che rappresenta l'ennesimo scandaloso episodio di una forsennata aggressione che viene portata avanti da anni contro mio padre con tutti i mezzi e su tutti i fronti, compreso quello imprenditoriale ed economico», ha dichiarato Marina Berlusconi, trascurando il particolare non secondario che i giudici che hanno emesso il verdetto non hanno trascurato di sottolineare come le responsabilità dirette di Silvio Berlusconi nell’intera vicenda sono assolutamente evidenti e documentate. Dopo aver parlato di «attacco» da parte della magistratura milanese in particolare e del gruppo editoriale De Benedetti, il presidente Fininvest afferma che il risarcimento da 560 milioni di euro è «una somma spropositata, addirittura doppia rispetto al valore della nostra partecipazione in Mondadori», tacendo il fatto che al tempo del lodo incriminato la CIR di De Benedetti fu costretta a conguagliare in denaro sonante al suo illustre genitore ben 365 miliardi di lire . «Neppure un euro è dovuto da parte nostra, siamo di fronte ad un esproprio che non trova alcun fondamento nella realtà dei fatti né nelle regole del diritto. Già in queste ore i nostri legali cominceranno a studiare il ricorso in Cassazione», conclude Marina Berlusconi, che del diritto, nella più coerente delle tradizioni di famiglia, deve avere una concezione assai confusa anche se, si spera, non altrettanto spericolata del padre.
Naturalmente, diversa la posizione della CIR, che per bocca dell’avvocato Roppa rileva che «si registra il passaggio della sentenza dove si riconosce che, corrompendo il giudice Metta, Fininvest tolse a CIR non la semplice chance di vincere nel 1991 la causa sul controllo del gruppo Mondadori-Espresso, ma la privò senz’altro di una vittoria che senza la corruzione giudiziaria sarebbe stata certa». La nota dei legali CIR sottolinea inoltre che «il contenzioso giudiziario sul Lodo Mondadori, relativo a fatti avvenuti oltre venti anni fa, riguarda una storia imprenditoriale ed è completamente estraneo all’attualità politica», per cui nulla può adombrarsi quale forsennata aggressione ai danni del Berlusconi-politico.
Ettore Rosato, esponente dell'Ufficio di presidenza del Gruppo del Pd alla Camera, commenta le dichiarazioni di Marina Berlusconi: «Era scontata la discesa in campo, con toni isterici, degli esponenti del Pdl a difesa dell'azienda del loro capo, anche se non è affatto giustificata perché le sentenze si rispettano. Preoccupano molto, invece, le dichiarazioni della stessa famiglia Berlusconi che sfiorano l'eversione e si pongono pericolosamente fuori dalla legalità».
Non mancano infine le solite cialtronate dei lecchini di turno, che, al di là d’ogni senso di rispetto per le risultanze di un procedimento e d’una sentenza, ovviamente non gradita, ma pur sempre un giudizio di un organo istituzionalmente preposto a dirimere le controversie tra cittadini, non ha fatto mistero della propria partigianeria: «La sentenza di oggi è l'ennesimo atto di una trama criminale di natura politico-giudiziaria ordita contro la discesa in campo di Silvio Berlusconi.» - ha dichiarato in uno sperabile eccesso di farneticazione Giorgio Stracquadanio, parlamentare del PdL e noto scendiletto del Cavaliere di Arcore, - «È evidente a tutti che lo scopo di un manipolo di magistrati felloni e golpisti - che si annida nel palazzo di giustizia di Milano e gode di complicità a tutti i livelli politici, imprenditoriali e istituzionali - è il massacro politico, imprenditoriale e fisico del presidente del Consiglio». La vicenda, per Stracquadanio, «dimostra che il vero modo con cui si comprano sentenze favorevoli a un gruppo di potere è quello di assecondare, con un sapiente uso dei mezzi di comunicazione di massa, il disegno politico della magistratura militante».
E c’è da augurarsi che una buona volta i magistrati così apostrofati prendano l’iniziativa di perseguire lo sconsiderato parlamentare del PdL, uno che appartiene alla schiera di coloro che hanno vinto la lotteria senza averne mai comprato il biglietto, al quale, se va consentito di esprimere il proprio parere e il proprio dissenso, non può esser permesso di confondere i metodi che si usano nel suo partito per gli stessi che vengono applicati dai magistrati nell’emettere le sentenze.

(nella foto, Marina Berlusconi, presidente Fininvest)

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