Questione etica: ma ne esiste una nel PdL?
Lunedì, 25 luglio 2011
Finalmente c’è qualcuno che confessa il proprio disagio, l’imbarazzo di sedere in un partito che ha fatto carta straccia del senso dell’equità e dell’interpretazione dei bisogni dei cittadini, della speranza e della fiducia che i cittadini riversano nella parte politica che hanno scelto. Insomma, un crollo verticale del senso etico che unisce elettore ed eletto e che rappresenta il punto di congiunzione tra il paese reale e quello legale.
A parlarne e ad ammettere questo grave scollamento è Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, battuta alle recenti elezioni amministrativa da Domenico Pisapia poco meno di due mesi or sono e oggi in piena crisi di identità con gli amici di partito, quel PdL che, pur di minimizzare la batosta elettorale, non ha esitato ad addossarle ogni responsabilità della débâcle.
Eppure Letizia Moratti, nel fare le sue valutazioni, non riprende i temi di una campagna elettorale disastrosa, ma fa riferimento alle scelte improvvide del governo delle ultime settimane, quelle scelte che, a suo giudizio, non fanno che confermare come il PdL e il suo alleato, la Lega di Bossi, abbiano smarrito del tutto il senso etico della buona amministrazione e delle giustizia sociale. Così ce n’è per tutti. Per Tremonti, autore di una manovra rigorosa e che ha sì ricevuto l’approvazione della UE «Ma non risponde alla domanda, che sale dal Paese, di una nuova etica politica. Non si possono chiedere ai cittadini sacrifici durissimi, senza fare sacrifici a propria volta. Non si possono tassare i pensionati, senza tagliare i costi della politica: gli emolumenti dei parlamentari, ma soprattutto le inefficienze della macchina amministrativa dello Stato, che costituiscono il maggior impedimento allo sviluppo del Paese.» - afferma Moratti senza mezzi termini e puntando dritta al cuore della questione - «Questo mi induce oggi a riflettere sulla scelta che ho fatto due anni fa di entrare nel Pdl. Avverto un disagio profondo: non so più se la mia idea di politica, di una politica eticamente fondata, corrisponda ancora alla politica che pare aver smarrito il significato vero di servizio ai cittadini».
Quello di Letizia Moratti è uno sfogo, ma allo steso tempo un accorato appello ad un partito che sembra definitivamente sprofondato nella logica di un conservatorismo utilitaristico, «nella tenaglia tra una politica egoista, che difende privilegi e poteri, e una politica demagogica che cavalca il vento dell'opinione pubblica ma non affronta i nodi del sistema», e che coinvolge con diverse responsabilità tutto il quadro politico nazionale, da destra a sinistra.
Un’evidenza di questa generalizzata caduta di valori è nelle scelte opportunistiche di un parlamento che ha smarrito persino il senso il senso della logica: «Per chiedere i sacrifici ai cittadini occorrono consenso e credibilità. Rinviando i tagli della politica, non si hanno né l'uno, né l'altra. Se anche tutti i parlamentari si riducessero lo stipendio del 10 per cento, avvicinandosi alle medie europee, sarebbe un fatto poco più che simbolico. Bisogna agire su proposte di riforma molto più forti, che devono essere realizzate subito. La drastica riduzione, se non abolizione, delle Province, difese anche dal Pd, affezionato a privilegi e clientele. Il rilancio del progetto delle città metropolitane, cui all'Anci avevamo lavorato con il ministro Maroni. Il federalismo fiscale, con il meccanismo del fabbisogno standard, che introdurrebbe principi di maggiore qualità e minori costi nei servizi ai cittadini. Sulla sussidiarietà, sul trasferimento di funzioni ai privati, lavorano il governo britannico, quello tedesco, persino Obama. E il nostro? Tra il '92 e il 2000, con i governi Amato, Ciampi, Prodi, D'Alema, i costi della macchina amministrativa erano scesi di due punti di Pil. Segno che riformare è possibile».
Ma dove il governo attuale e la sua coalizione sembrano aver smarrito ogni senso di etica sociale è nella questione morale, che da sempre è uno dei problemi più gravi della nostra democrazia, un fattore che appare sempre più endemico alla natura della politica italiana e che sembra sempre più difficile sradicare.
Alfano, nominato qualche settimana fa segretario del partito, ha parlato al momento della sua investitura di “partito degli onesti”, dando per implicita la necessità di procedere con un opera di profonda pulizia nei gangli del PdL, quantunque l’operazione più che difficoltosa appaia quasi disperata: chi mai avrà la forza politica di liberarsi di fardelli come Cosentino, Verdini, Dell’Utri, per non parlare degli inquisiti dell’ultim’ora come Milanese o Papa o lo stesso premier, che sino ad oggi ha ritenuto di poter esorcizzare con l’opinione pubblica i suoi guai giudiziari gridando costantemente all’assalto di fantomatiche toghe rosse a suo danno? A questo proposito proprio l’atteggiamento tenuto nei confronti di Papa in parlamento, nella seduta per deliberarne l’arresto richiesto dai magistrati, è la prova provata dell’inestricabile e insanabile dicotomia tra il predicare e il razzolare radicata nel partito e che costituisce un ostacolo inespugnabile verso la rifondazione etica e morale del PdL.
Ma di questo Letizia Moratti non parla. Anzi, si guarda bene dall’esprimere un giudizio che, ancorché impegnativo sul piano politico, potrebbe rappresentare il check-out da una formazione che, per scelta del suo leader, è interamente sbilanciata in attacchi senza quartiere alla legalità ed alle istituzioni che la rappresentano e ne difendono le fondamenta. Così è stato per Gianfranco Fini, che in quanto a peso all’interno del PdL ha avuto un ruolo ben più rilevante di quello di Moratti. Dunque, astenersi da giudizi sgradevoli alla leadership o dall’assumere posizioni nette è un elemento di cautela: «Sarebbe ingiusto, prematuro, non corretto dare giudizi su chi si accinge a operare in un ruolo delicato. Massima apertura e rispetto. Ma il Pdl deve tornare alle radici. Alle forze del Partito popolare europeo. All'idea di libertà, di responsabilità individuale. Io seguirò con attenzione il nuovo cammino del partito. E ne trarrò le conseguenze».
Ma parlare di etica al PdL si ha l’impressione che equivalga al bestemmiare in chiesa. Questo è, infatti, ciò che emerge dalle dichiarazioni dei vari notabili del partito, evidentemente stizziti dalle dichiarazioni “coraggiose” di Moratti. «Sostituiremo il nome del gruppo Pdl per Letizia Moratti in Pdl», afferma Carlo Masseroli, capogruppo del partito di Berlusconi in Consiglio comunale, a cui fa eco Maurizio Lupi: «Il primo senso etico della politica è comprendere che bisogna lavorare al servizio del bene comune e assumersi in prima persona le proprie responsabilità. Oggi, la vera sfida è, partendo dalla sconfitta elettorale, di assumersi le proprie responsabilità e testimoniare che nel Pdl una politica del genere si può realizzare», che poi conclude: «Non è giusto mettersi fuori dal gioco, sfruttando il vento dell'antipolitica e facendo l'allenatore della Nazionale. Alla Moratti faccio un invito: si sporchi le mani insieme a noi. Lei ha capito benissimo quanti errori si possono fare governando. La stessa cosa accade nel governo nazionale. E quindi la sua esperienza è utile al Pdl. La forza dei nostri valori non viene messa in discussione. Gli errori servono per correggersi, anche se si perde una città come Milano». Aggiunge Giulio Gallera, consigliere del Pdl in consiglio comunale: «Stupisce la presa di distanze dal Pdl. Soprattutto accomunare nel bene e nel male governi di centrodestra e centrosinistra. Il Pdl è l'unica forza che ha fatto delle vere riforme. Sono d'accordo invece sul fatto che sia mancato del coraggio in questa manovra. Ci aspettavamo delle misure diverse». Come dire che non esiste apoditticamente una questione etica o morale quando si osano declamare le qualità del nemico. Amen!
A parlarne e ad ammettere questo grave scollamento è Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, battuta alle recenti elezioni amministrativa da Domenico Pisapia poco meno di due mesi or sono e oggi in piena crisi di identità con gli amici di partito, quel PdL che, pur di minimizzare la batosta elettorale, non ha esitato ad addossarle ogni responsabilità della débâcle.
Eppure Letizia Moratti, nel fare le sue valutazioni, non riprende i temi di una campagna elettorale disastrosa, ma fa riferimento alle scelte improvvide del governo delle ultime settimane, quelle scelte che, a suo giudizio, non fanno che confermare come il PdL e il suo alleato, la Lega di Bossi, abbiano smarrito del tutto il senso etico della buona amministrazione e delle giustizia sociale. Così ce n’è per tutti. Per Tremonti, autore di una manovra rigorosa e che ha sì ricevuto l’approvazione della UE «Ma non risponde alla domanda, che sale dal Paese, di una nuova etica politica. Non si possono chiedere ai cittadini sacrifici durissimi, senza fare sacrifici a propria volta. Non si possono tassare i pensionati, senza tagliare i costi della politica: gli emolumenti dei parlamentari, ma soprattutto le inefficienze della macchina amministrativa dello Stato, che costituiscono il maggior impedimento allo sviluppo del Paese.» - afferma Moratti senza mezzi termini e puntando dritta al cuore della questione - «Questo mi induce oggi a riflettere sulla scelta che ho fatto due anni fa di entrare nel Pdl. Avverto un disagio profondo: non so più se la mia idea di politica, di una politica eticamente fondata, corrisponda ancora alla politica che pare aver smarrito il significato vero di servizio ai cittadini».
Quello di Letizia Moratti è uno sfogo, ma allo steso tempo un accorato appello ad un partito che sembra definitivamente sprofondato nella logica di un conservatorismo utilitaristico, «nella tenaglia tra una politica egoista, che difende privilegi e poteri, e una politica demagogica che cavalca il vento dell'opinione pubblica ma non affronta i nodi del sistema», e che coinvolge con diverse responsabilità tutto il quadro politico nazionale, da destra a sinistra.
Un’evidenza di questa generalizzata caduta di valori è nelle scelte opportunistiche di un parlamento che ha smarrito persino il senso il senso della logica: «Per chiedere i sacrifici ai cittadini occorrono consenso e credibilità. Rinviando i tagli della politica, non si hanno né l'uno, né l'altra. Se anche tutti i parlamentari si riducessero lo stipendio del 10 per cento, avvicinandosi alle medie europee, sarebbe un fatto poco più che simbolico. Bisogna agire su proposte di riforma molto più forti, che devono essere realizzate subito. La drastica riduzione, se non abolizione, delle Province, difese anche dal Pd, affezionato a privilegi e clientele. Il rilancio del progetto delle città metropolitane, cui all'Anci avevamo lavorato con il ministro Maroni. Il federalismo fiscale, con il meccanismo del fabbisogno standard, che introdurrebbe principi di maggiore qualità e minori costi nei servizi ai cittadini. Sulla sussidiarietà, sul trasferimento di funzioni ai privati, lavorano il governo britannico, quello tedesco, persino Obama. E il nostro? Tra il '92 e il 2000, con i governi Amato, Ciampi, Prodi, D'Alema, i costi della macchina amministrativa erano scesi di due punti di Pil. Segno che riformare è possibile».
Ma dove il governo attuale e la sua coalizione sembrano aver smarrito ogni senso di etica sociale è nella questione morale, che da sempre è uno dei problemi più gravi della nostra democrazia, un fattore che appare sempre più endemico alla natura della politica italiana e che sembra sempre più difficile sradicare.
Alfano, nominato qualche settimana fa segretario del partito, ha parlato al momento della sua investitura di “partito degli onesti”, dando per implicita la necessità di procedere con un opera di profonda pulizia nei gangli del PdL, quantunque l’operazione più che difficoltosa appaia quasi disperata: chi mai avrà la forza politica di liberarsi di fardelli come Cosentino, Verdini, Dell’Utri, per non parlare degli inquisiti dell’ultim’ora come Milanese o Papa o lo stesso premier, che sino ad oggi ha ritenuto di poter esorcizzare con l’opinione pubblica i suoi guai giudiziari gridando costantemente all’assalto di fantomatiche toghe rosse a suo danno? A questo proposito proprio l’atteggiamento tenuto nei confronti di Papa in parlamento, nella seduta per deliberarne l’arresto richiesto dai magistrati, è la prova provata dell’inestricabile e insanabile dicotomia tra il predicare e il razzolare radicata nel partito e che costituisce un ostacolo inespugnabile verso la rifondazione etica e morale del PdL.
Ma di questo Letizia Moratti non parla. Anzi, si guarda bene dall’esprimere un giudizio che, ancorché impegnativo sul piano politico, potrebbe rappresentare il check-out da una formazione che, per scelta del suo leader, è interamente sbilanciata in attacchi senza quartiere alla legalità ed alle istituzioni che la rappresentano e ne difendono le fondamenta. Così è stato per Gianfranco Fini, che in quanto a peso all’interno del PdL ha avuto un ruolo ben più rilevante di quello di Moratti. Dunque, astenersi da giudizi sgradevoli alla leadership o dall’assumere posizioni nette è un elemento di cautela: «Sarebbe ingiusto, prematuro, non corretto dare giudizi su chi si accinge a operare in un ruolo delicato. Massima apertura e rispetto. Ma il Pdl deve tornare alle radici. Alle forze del Partito popolare europeo. All'idea di libertà, di responsabilità individuale. Io seguirò con attenzione il nuovo cammino del partito. E ne trarrò le conseguenze».
Ma parlare di etica al PdL si ha l’impressione che equivalga al bestemmiare in chiesa. Questo è, infatti, ciò che emerge dalle dichiarazioni dei vari notabili del partito, evidentemente stizziti dalle dichiarazioni “coraggiose” di Moratti. «Sostituiremo il nome del gruppo Pdl per Letizia Moratti in Pdl», afferma Carlo Masseroli, capogruppo del partito di Berlusconi in Consiglio comunale, a cui fa eco Maurizio Lupi: «Il primo senso etico della politica è comprendere che bisogna lavorare al servizio del bene comune e assumersi in prima persona le proprie responsabilità. Oggi, la vera sfida è, partendo dalla sconfitta elettorale, di assumersi le proprie responsabilità e testimoniare che nel Pdl una politica del genere si può realizzare», che poi conclude: «Non è giusto mettersi fuori dal gioco, sfruttando il vento dell'antipolitica e facendo l'allenatore della Nazionale. Alla Moratti faccio un invito: si sporchi le mani insieme a noi. Lei ha capito benissimo quanti errori si possono fare governando. La stessa cosa accade nel governo nazionale. E quindi la sua esperienza è utile al Pdl. La forza dei nostri valori non viene messa in discussione. Gli errori servono per correggersi, anche se si perde una città come Milano». Aggiunge Giulio Gallera, consigliere del Pdl in consiglio comunale: «Stupisce la presa di distanze dal Pdl. Soprattutto accomunare nel bene e nel male governi di centrodestra e centrosinistra. Il Pdl è l'unica forza che ha fatto delle vere riforme. Sono d'accordo invece sul fatto che sia mancato del coraggio in questa manovra. Ci aspettavamo delle misure diverse». Come dire che non esiste apoditticamente una questione etica o morale quando si osano declamare le qualità del nemico. Amen!
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