Manovra economica: un gravissimo vulnus per l’Italia
Giovedì, 8 settembre 2011
«Ebbi a dirvi qualche tempo fa che eravamo sull’orlo di un precipizio. Bene, dopo aver messo in campo tutto ciò che era in nostro potere, è con grande soddisfazione che oggi posso affermare che abbiamo fatto un passo in avanti!»
Queste qualche anno fa furono le illuminate parole del presidente di una delle tante repubbliche africane e queste sembrano le conclusioni cui ci sta conducendo la dissennata e disgraziata politica del governo di Silvio Berlusconi e di Bossi: la caduta in un baratro economico e sociale dal quale riemergere sarà assai difficile.
D’altra parte da un presidente del consiglio che non ha esitato a definire l’Italia, - quell’Italia che gli ha permesso d’ingrassarsi con mille imbrogli, - «un paese di merda» e da un bifolco, sdoganato dall’ignoranza becera di un manipolo di egoisti e illusi con il sogno demenziale di una Padania indipendente, cosa ci si poteva attendere? Il quesito sarà anche tardivo, ma certamente è nella mente di moltissimi di coloro che, anche in assoluta buona fede, nella sventurata tornata elettorale del 2008 hanno dato il loro voto al duo in questione.
Governeranno, probabilmente e salvo che la rabbia popolare o la misericordia divina non intervengano prematuramente a toglierci quest’amaro fardello, sino al 2013, data dalla quale, sembra ormai scontato, entrambi, con annessi partiti e cialtroni al seguito, se non scompariranno del tutto, saranno drammaticamente (per loro) ridimensionati e messi in condizione di non nuocere per parecchi anni.
Nel frattempo dovremo sopportarci la loro nauseante presenza accompagnata da miserabili sceneggiate a base di persecuzioni bibliche verso i lavoratori dipendenti, gli impiegati dello stato, i poveracci, i meridionali e tutte le categorie che non fanno parte delle losche élite in grado di far scattare adeguati ricatti nei loro confronti e, dunque, che godono di laidi privilegi ai danni della maggioranza della collettività.
Sono questi i grandi evasori, magari allenati mazzettisti di lungo corso, parecchie categorie professionali come avvocati, ingegneri, architetti e un sottobosco maleodorante fatto di commercianti di beni di lusso, che risultano sistematicamente poveri in canna, con redditi di gran lunga più modesti dei loro impiegati di più basso livello. Sono questi anche i membri di quella congregazione esclusiva di politici che appestano senato, camera dei deputati e posti di sottogoverno, che rifiutano ogni sacrificio anche minimo ai loro scandalosi privilegi.
Dopo la tragicomica farsa del varo della manovra economica, contrassegnata da decisioni e controdecisioni, da emendamenti contraddittori e di colpi di mano oltre ogni ridicolo, alla fine i nostri valente governanti sono riusciti a realizzare ciò che avevano giurato non avrebbero mai fatto, come toccare per l’ennesima volta il sistema pensionistico – la dichiarata linea Maginot dei leghisti – e la tassazione, affondando le mani nelle tasche degli italiani in maniera inaudita. Naturalmente ciò che appare in modo sempre più evidente come un borseggio bello e buono senza destrezza s’è concentrato sui soliti noti, cioè sui lavoratori dipendenti, a reddito certificato e controllabile, mentre nei confronti degli evasori certi e della folta casta dei privilegiati con redditi da lavoro autonomo, dopo un’orgia ridicola e confusionaria di chiacchere e roboanti dichiarazioni, nulla s’è fatto, lasciando così intatti gli eterni privilegi di pagare pochissimo e occultare al fisco moltissimo.
Ma se tutto questo non bastasse, ecco che anche l’incremento di 1 punto percentuale dell’IVA ha inferto un ulteriore mazzata alla maggioranza dei cittadini, - considerato che l’incremento impositivo indiretto andrà a colpire i prezzi finali dei beni e, dunque, le tasche di chi aveva già poco. Senza trascurare, inoltre, che l’aumento dell’imposta, in una realtà che proprio qualche ora fa è stata data per agonizzante dalle previsioni di crescita anche per il prossimo anno, produrrà un ulteriore appiattimento dei consumi e una progressione della contrazioni della produzione e del PIL.
Ciò non significa che qualche misura, anche impopolare, non dovesse esser presa. Ma anche la comune massaia, senza scomodare provetti economisti, sa che qualora ad un aumento dell’imposizione indiretta fosse possibilmente corrisposto un decremento della tassazione diretta sui redditi un qualche beneficio sarebbe derivato sulle prospettive di crescita. Le decisioni assunte , invece, fanno precipitare il Paese nella tipica situazione di stagflazione, cioè stagnazione e inflazione, dalla quale uscire, specialmente in una situazione di crisi mondiale generalizzata, è impresa assai ardua.
In questa prospettiva, quantunque appaia un inutile richiamo quello al senso di responsabilità e ad una dignità sempre più labili, l’unica soluzione è che questo governo di balordi scriteriati, approfittando anche della significatività della data dell’8 settembre se ne vada a casa, - La Russa, che certamente se ne intende, potrebbe indossare i panni di novello Badoglio e comunicare la decisione, - consentendo così la formazione di un esecutivo di salvezza nazionale, in grado di presidiare con maggiore efficacia di quanta ad oggi dimostrata i meccanismi di gestione della crisi. A questo esecutivo il compito di traghettare la nazione a nuove elezioni, possibilmente con nuovi strumenti legislativi di votazione, che inibiscano a comparse, leccapiedi e portaborse di sedere in parlamento con l’unico scopo di far numero e supportare con pedissequa obbedienza le scellerate pantomime di un Silvio Berlusconi ormai decotto e sempre più preoccupato di farla franca dalle innumerevoli malefatte personali consumate prima e dopo la sua strumentale comparsa nella politica attiva. Questo cambiamento radicale di scenario è ciò che darebbe al Paese anche quel necessario recupero di credibilità internazionale, senza la quale si rischia di restare in ostaggio di una speculazione costantemente in agguato e pronta a trar profitto di ogni debolezza palesata quotidianamente dal governo in carica.
Queste qualche anno fa furono le illuminate parole del presidente di una delle tante repubbliche africane e queste sembrano le conclusioni cui ci sta conducendo la dissennata e disgraziata politica del governo di Silvio Berlusconi e di Bossi: la caduta in un baratro economico e sociale dal quale riemergere sarà assai difficile.
D’altra parte da un presidente del consiglio che non ha esitato a definire l’Italia, - quell’Italia che gli ha permesso d’ingrassarsi con mille imbrogli, - «un paese di merda» e da un bifolco, sdoganato dall’ignoranza becera di un manipolo di egoisti e illusi con il sogno demenziale di una Padania indipendente, cosa ci si poteva attendere? Il quesito sarà anche tardivo, ma certamente è nella mente di moltissimi di coloro che, anche in assoluta buona fede, nella sventurata tornata elettorale del 2008 hanno dato il loro voto al duo in questione.
Governeranno, probabilmente e salvo che la rabbia popolare o la misericordia divina non intervengano prematuramente a toglierci quest’amaro fardello, sino al 2013, data dalla quale, sembra ormai scontato, entrambi, con annessi partiti e cialtroni al seguito, se non scompariranno del tutto, saranno drammaticamente (per loro) ridimensionati e messi in condizione di non nuocere per parecchi anni.
Nel frattempo dovremo sopportarci la loro nauseante presenza accompagnata da miserabili sceneggiate a base di persecuzioni bibliche verso i lavoratori dipendenti, gli impiegati dello stato, i poveracci, i meridionali e tutte le categorie che non fanno parte delle losche élite in grado di far scattare adeguati ricatti nei loro confronti e, dunque, che godono di laidi privilegi ai danni della maggioranza della collettività.
Sono questi i grandi evasori, magari allenati mazzettisti di lungo corso, parecchie categorie professionali come avvocati, ingegneri, architetti e un sottobosco maleodorante fatto di commercianti di beni di lusso, che risultano sistematicamente poveri in canna, con redditi di gran lunga più modesti dei loro impiegati di più basso livello. Sono questi anche i membri di quella congregazione esclusiva di politici che appestano senato, camera dei deputati e posti di sottogoverno, che rifiutano ogni sacrificio anche minimo ai loro scandalosi privilegi.
Dopo la tragicomica farsa del varo della manovra economica, contrassegnata da decisioni e controdecisioni, da emendamenti contraddittori e di colpi di mano oltre ogni ridicolo, alla fine i nostri valente governanti sono riusciti a realizzare ciò che avevano giurato non avrebbero mai fatto, come toccare per l’ennesima volta il sistema pensionistico – la dichiarata linea Maginot dei leghisti – e la tassazione, affondando le mani nelle tasche degli italiani in maniera inaudita. Naturalmente ciò che appare in modo sempre più evidente come un borseggio bello e buono senza destrezza s’è concentrato sui soliti noti, cioè sui lavoratori dipendenti, a reddito certificato e controllabile, mentre nei confronti degli evasori certi e della folta casta dei privilegiati con redditi da lavoro autonomo, dopo un’orgia ridicola e confusionaria di chiacchere e roboanti dichiarazioni, nulla s’è fatto, lasciando così intatti gli eterni privilegi di pagare pochissimo e occultare al fisco moltissimo.
Ma se tutto questo non bastasse, ecco che anche l’incremento di 1 punto percentuale dell’IVA ha inferto un ulteriore mazzata alla maggioranza dei cittadini, - considerato che l’incremento impositivo indiretto andrà a colpire i prezzi finali dei beni e, dunque, le tasche di chi aveva già poco. Senza trascurare, inoltre, che l’aumento dell’imposta, in una realtà che proprio qualche ora fa è stata data per agonizzante dalle previsioni di crescita anche per il prossimo anno, produrrà un ulteriore appiattimento dei consumi e una progressione della contrazioni della produzione e del PIL.
Ciò non significa che qualche misura, anche impopolare, non dovesse esser presa. Ma anche la comune massaia, senza scomodare provetti economisti, sa che qualora ad un aumento dell’imposizione indiretta fosse possibilmente corrisposto un decremento della tassazione diretta sui redditi un qualche beneficio sarebbe derivato sulle prospettive di crescita. Le decisioni assunte , invece, fanno precipitare il Paese nella tipica situazione di stagflazione, cioè stagnazione e inflazione, dalla quale uscire, specialmente in una situazione di crisi mondiale generalizzata, è impresa assai ardua.
In questa prospettiva, quantunque appaia un inutile richiamo quello al senso di responsabilità e ad una dignità sempre più labili, l’unica soluzione è che questo governo di balordi scriteriati, approfittando anche della significatività della data dell’8 settembre se ne vada a casa, - La Russa, che certamente se ne intende, potrebbe indossare i panni di novello Badoglio e comunicare la decisione, - consentendo così la formazione di un esecutivo di salvezza nazionale, in grado di presidiare con maggiore efficacia di quanta ad oggi dimostrata i meccanismi di gestione della crisi. A questo esecutivo il compito di traghettare la nazione a nuove elezioni, possibilmente con nuovi strumenti legislativi di votazione, che inibiscano a comparse, leccapiedi e portaborse di sedere in parlamento con l’unico scopo di far numero e supportare con pedissequa obbedienza le scellerate pantomime di un Silvio Berlusconi ormai decotto e sempre più preoccupato di farla franca dalle innumerevoli malefatte personali consumate prima e dopo la sua strumentale comparsa nella politica attiva. Questo cambiamento radicale di scenario è ciò che darebbe al Paese anche quel necessario recupero di credibilità internazionale, senza la quale si rischia di restare in ostaggio di una speculazione costantemente in agguato e pronta a trar profitto di ogni debolezza palesata quotidianamente dal governo in carica.
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