sabato, dicembre 29, 2012

Il paese delle porcate e dei manigoldi



Sabato, 29 dicembre 2012
L’antico cerusico ha colpito ancora. Come è nel suo stile ha estratto dalla borsa degli attrezzi le sue viscide sanguisughe e con rara maestria le ha attaccate sul petto del presunto malato, convinto che un buon salasso sia la medicina giusta per guarire il male e rimetterlo in piedi velocemente.
Poco importa che il malato sia un vecchio oramai con la tempra minata dagli anni e dalle fatiche giovanili, se dovesse lasciarci le penne almeno non lo si dovrà più mantenere con una pensione pagata dallo stato e spacciata come un esborso quasi indebito, che pesa sulle spalle dei pochi giovanotti fortunati che hanno un lavoro, pagano contributi e, probabilmente, una pensione non la vedranno mai.
Ma il professore Monti è contento così. I vecchi, ovviamente lui escluso, non servono più a niente. Anzi pesano sulle casse dello stato e prima si levano di torno meglio è. E allora ecco rispolverata la ricetta del vecchio cerusico, con tanto di sanguisughe a succhiare il sangue ai pensionati per far quadrare i conti della repubblica delle porcate e dei manigoldi.
Come non fossero bastati i rincari dei servizi, i tagli alla sanità, le gabelle più fantasiose, l’incremento dei prezzi, l’IMU e le mille diavolerie inventate per spremere i contribuenti, particolarmente quelli redditualmente più deboli ed i pensionati, dal primo gennaio scattano gli aumenti del 3% per adeguare le pensioni al costo della vita ma, anche il prossimo anno, la rivalutazione non sarà valida per gli assegni superiori tre volte la soglia minima. Il blocco della rivalutazione riguarda sei milioni di pensionati. Con la rivalutazione prevista una pensione minima passerà da 481 euro a 495,43, mentre una da 1.000 euro arriverà a quota 1.025 euro. Nel 2013 sarà ancora in vigore il blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero e, quindi, sei milioni di pensionati vedranno invariato il valore della propria pensione per il secondo anno di fila. Il blocco – fa sapere il sindacato pensionati della Cgil - riguarda soprattutto pensionati che hanno un reddito mensile di 1.217 euro netti (1.486 euro lordi): nel 2012 ha già perso 363 euro, l'anno prossimo ne perderà 776. Un pensionato con un reddito mensile di 1.576 euro netti (2.000 lordi) nel 2012 ha perso invece 478 euro e nel 2013 ne perderà 1.020.
Tutto questo per alleggerire gli oneri a carico dell’INPS che, ciononostante. Continua, per bocca del suo presidente Mastrapasqua, a presentare i conti in ordine, e senza nessuna considerazione per l’allarme lanciato dall’ISTAT secondo il quale con meno di 1500 euro netti al mese si è nella soglia di povertà.
«In questo anno - ha detto il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone - abbiamo assistito a un accanimento senza precedenti sui pensionati, che più di tutti hanno dovuto pagare sulla propria pelle il conto della crisi. L'aumento annuale delle pensioni, che scatterà nei prossimi giorni, è risibile e non garantisce il pieno recupero del loro potere d'acquisto. Oltretutto da questo meccanismo automatico sono stati estromessi per decreto sei milioni di pensionati, la maggior parte dei quali non possono di certo essere considerati ricchi o privilegiati. Il governo - conclude - ha scelto deliberatamente di colpire la categoria dei pensionati lasciandone in pace tante altre che potevano e dovevano contribuire al risanamento dei conti, ed è per questo che per noi la cosiddetta Agenda Monti non può di certo essere la ricetta giusta per la crescita e lo sviluppo del Paese».
Una vera porcata, diciamo noi, appropriandoci per una volta del colorito linguaggio della Lega, considerato che il blocco della rivalutazione delle pensioni è già in vigore dal gennaio del 2012 e che il 3% previsto per il 2013 è ben lungi dal compensare l’effettiva variazione del costo della vita intervenuta nel corso dell’anno che se ne va.
Inoltre, se di porcate si deve parlare, non va dimenticato che nel corso del 2012 i fantasmagorici progetti d’equità del cerusico Monti o non si sono visti per niente o sono andati a puttane, perché sistematicamente bocciati dal manipoli di manigoldi che siede in parlamento a per farsi i fattacci propri. Lo stesso Mastrapasqua, che in qualche occasione abbiamo visto in televisione balbettare imbarazzato nello spiegare che i conti del suo istituto erano a posto anche senza bisogno delle follie del ministro Fornero, gode di una modestissima retribuzione di oltre 600 mila euro all’anno, che francamente suona un insulto gravissimo a chi deve rinunciare ai pochi spiccioli dell’indice di rivalutazione automatica del proprio assegno di pensione.
Né l’appannaggio di Antonio Mastrapasqua si può giustificare con il rango di presidente in servizio permanente effettivo: sarà pure bravo oltre che un affermato commercialista, ma a scorrere il suo curriculum viene spontaneo chiedersi quali superpoteri possegga per aver ricoperto da sempre cariche apicali in innumerevoli aziende pubbliche e parapubbliche. Non crediamo che una certa limatura del suo stipendio, associata ad altrettante limatura alle retribuzioni dei tanti boiardi di stato, non potesse dare un contributo significativo al contenimento della spesa statale, senza per questo costringerlo in povertà.
Ma l’ulteriore porcata sta nel metodo d’applicazione della norma-blocco sulle pensioni. Non è chiara, a parte l’iniquità, la ragione per la quale il blocco non sia stato applicato alle quote eccedenti  il famigerato importo eccedente cinque volte il minimo, lasciando fuori quelle comprese nel plafond. Ma ci rendiamo conto che avanzare queste obiezioni ad un governo che ha nel suo DNA l’obiettivo esclusivo di far soldi a spese dei più deboli è cosa priva di significato.
C’è da augurarsi che alle prossime elezioni i cittadini si ricordino delle vessazioni loro inflitte e rispondano adeguatamente con il loro voto, senza farsi irretire dai pifferai  e dagli illusionisti come purtroppo avviene spesso. 
(nella foto, un gruppo di modesti pensionati)

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