giovedì, dicembre 27, 2012

Quando anche l’arbitro vuol segnare un gol



Giovedì, 27 dicembre 2012
C’è chi giura di averlo trovato un po’ più pallido del solito e qualcuno addirittura d’un colore tendente al verdognolo, come se avesse usato un dopobarba al muschio natalizio. Ma cosa è realmente accaduto a Renato Schifani che lo ha ridotto in queste sospette condizioni di salute? Non è certo il mancato ricorso alle primarie, che ha sostenuto a gran voce, dice lui, ma che una probabile faringite deve avergli affievolito al punto che nessuno l’ha sentito. Né deve esser stata la fuga di quattro reprobi dal PdL, come Frattini o Pisanu e altri ingrati mattacchioni, che devono aver inferto un colpo inaspettato alla sua figura al punto da conferirgli un’apparenza da infermo cronico.
E’ lui stesso che spiega le origini del male oscuro. «Monti ha espresso valutazioni politiche in una sede situazionale» ha dichiarato il poveretto, e ciò non solo l’ha lasciato di stucco perché è cosa che non si fa, ma gli ha procurato un improvviso e rapido deflusso sanguigno dalle parti superiori del corpo verso le zone periferiche, creando le condizioni di pallore accentuato di cui si parla.
Confessiamo che poco c’importa se il baldo Presidente, seconda carica dello stato, accusa reazioni così anomale ad un evento del tutto rituale cui s’è reso artefice Mario Monti. Nella quasi normalità la rabbia fa bollire e, dunque, provoca una pigmentazione paonazza del volto. Lui, invece, a certe “provocazioni reagisce sbollendo immediatamente e ciò spiega l’arcano.
Ma cosa ha mai fatto Monti per suscitare cotanto sbigottimento – che ormai va di moda – nell’intrepido e, soprattutto, “indipendente” presidente del Senato? Semplice, ha riunito la stampa nazionale e internazionale nella sala delle conferenze di palazzo Chigi, cioè una sede istituzionale, e nel tracciare un resoconto di quanto fatto dal suo esecutivo dopo un anno di governo ha preannunciato il suo ingresso nella politica attiva e la dismissione della tuta da tecnico con la quale s’era presentato a suo tempo. Va sottolineato che questo cambio d’abbigliamento non l’ha fatto in quella sala ostentando impudicamente canottiera e mutande tra un abito e l’altro, ma il mutamento è stato virtuale e, quindi, nessuno ha gridato allo scandalo.
Ciò che ha sbigottito il serafico Schifani è stato il tenore del discorso di Monti, che con grande onestà ha voluto precisare che tra lui e il Cavalier Silvio Berlusconi non c’è alcun punto ipotetico di convergenza politica e dunque qualsivoglia ammucchiata centrista o dei moderati non lo vede interessato. Certo non ha precisato se anche lui durante qualche riunione internazionale di capi di governo abbia avuto la tentazione di mostrare le corna o di umettarsi provocantemente le labbra con la lingua rivolgendo lo sguardo a qualche signora presente; e non sapremo probabilmente mai se questi stimoli goliardici o d’irriducibile sexual harrassment non li ostenti per timidezza o un innato self control, che se confessati avrebbero ancora potuto lasciare una speranza a Berlusconi e soci.
Ma Schifani, da buon capufficio della premiata Casa Arcore più che da seconda carica della Repubblica, ha ritenuto doveroso precisare che le parole di Monti, da lui interpretate come veri e propri attacchi nei confronti di Berlusconi, siano state «un manifesto per una candidatura. Credo che sarebbe stato meglio fare questo in altre occasioni. E’ strana una conferenza stampa di un premier che attacca l’ex premier». Ovviamente in questa veste di censore tutore del protocollo Schifani s’è scordato di precisare che le poche cose dette da Monti, peraltro con garbo ed eleganza, sul conto del buontempone di Arcore erano assolutamente inoppugnabili.
A dire il vero, se di sbigottimento si può parlare nella vicenda, a noi sembra alquanto strano che il presidente del Senato rilasci valutazioni di natura politica di parte, considerato che il suo ruolo dovrebbe mantenerlo in una posizione equidistante particolarmente quando si tratta di giudizi che investono un altro organo istituzionale. Ma si sa che oramai è prassi stravolgere l’odine costituito ed entrare a gamba tesa sull’avversario anche se in campo si è arbitri e non giocatori di una delle due squadre che s’affrontano.
Come era stata facile previsione, la propaganda di Silvio è scesa in campo senza deludere le attese. Fabrizio Cicchitto, che meriterebbe il nomignolo di “bocca di panna” per la lievità delle parole che è solito usare nel rivolgersi agli avversari ha tempestivamente fatto sapere che «Monti ha completamente disatteso il discorso sviluppato a Bruxelles in sede Ppe, dove si era parlato di un suo ruolo di federatore del centro e del centrodestra. Al di là della singolare durezza, al limite dell’arroganza, con cui il presidente Monti ha espresso la sua posizione politica e ha rivendicato un anno di governo fatto tutto di luci senza alcuna ombra, per ciò che riguarda il futuro si apre un interrogativo politico di notevole rilievo. Infatti – ha aggiunto Cicchitto  – nella sua intervista alla stampa estera e poi a Lucia Annunziata, di fatto, il presidente Monti ha indirizzato ai centristi il suo messaggio politico e programmatico, attaccando frontalmente il Pdl e dando anche qualche bacchettata alla sinistra. Invece, nell’intervista a Eugenio Scalfari egli ha ipotizzato una alleanza del centro con la sinistra».
Anche Angelino Alfano, il maggiordomo tuttofare dell’ex premier, non ha potuto tacere alle parole di Monti ed al sentito il dovere aziendale di precisare che quello del Professore  è stato «uno sfogo ingeneroso nei confronti di Berlusconi».  Poi ha voluto precisare – non si sa bene a chi, dato che la maggior parte di coloro a cui s’è rivolto durante il governo Monti erano qui e non in gita su Marte - «Sono stati tredici mesi di collaborazione e di rapporti personali cordiali. Per cui le parole del presidente del Consiglio sono state connotate a mio avviso da un eccessivo livore, soprattutto nei confronti di Berlusconi, che mai mi sarei aspettato. Anche sotto il profilo umano». C’è mancato poco che l’Angelino-il-maggiordomo per avvalorare la portata di questa collaborazione facesse l’elenco posticcio delle tante riforme “realizzate” con il disponibile apporto del PdL, ma forse non se l’è sentita solo per evitare di sbigottire chi lo intervistava.
(nella foto, Renato Schifani)

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