Grillo, delirio d’onnipotenza o complottofobia?
Venerdì, 8 marzo 2013
«Sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare
al pubblico a casa che l'intervistato è, nell'ordine, ignorante, impreparato,
fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere,
inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l'intervistato
è vicino al pd-meno-elle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di
Grillo, assennato, bersaniano». Questo è il j’accuse di Grillo alla stampa nazionale, sia essa cartacea che
televisiva ed è questa la ragione per la quale l’ex (?) comico ha inibito agli
eletti nelle lista dell’M5S di rilasciare interviste, esprimere opinioni,
rilasciare dichiarazioni.
Non c’è che dire, un grande
concetto di democrazia e, soprattutto, di rispetto della pubblica opinione, che
con i tempi andanti vorrebbe capire cosa frulla nel capoccione dell’istrione
genovese e nella pattuglia dei neoeletti nelle file del suo movimento.
Già perché al difensore civico
per eccellenza, al tribuno della plebe Grillo che la gente viva in angoscia per
il dilatarsi dei tempi entro i quali ci si aspettava si cominciasse a parlare
di un governo del paese, di un governo che iniziasse sul serio ad affrontare i
problemi della vessazione fiscale, del lavoro, del precariato, dei magri salari
che non bastano a tirare neanche per quindici giorni al mese, sembra
sconveniente che gli vengano poste domande su quel che intende fare e, al di là
delle dichiarazioni impettite, se non ritiene si debba trovare una via d’uscita
alla sua cocciuta e insana chiusura ad ogni ipotesi di un esecutivo, anche
transitorio, ma che permetta il disbrigo delle indifferibili scadenze
istituzionali.
Il sospetto che il successo gli
abbia dato alla testa è assai grande, se è vero che adesso pretende a dispetto
dei risultati elettorali di formare un governo con i pellegrini del suo
movimento e di imporre la sua linea. Forse il geniale giullare non si rende
conto che il suo successo, che comunque non gli riconosce la maggioranza
relativa al parlamento, è frutto di quella lurida legge elettorale sulla quale
sputano tutti, lui per primo. Sì, perché si tornasse a votare con una legge
nuova, che magari resuscitasse il sistema delle preferenze, si vedrebbe con i
numeri quanti dei carneadi che ha imbarcato nel movimento Brancaleone
tornerebbero ad essere eletti.
Ma a lui tutto ciò non interessa,
sbronzo com’è del risultato che ha portato a casa, del ballon d’essai messogli in mano da una casta politica cieca,
corrotta e presuntuosa, ma pur sempre una classe politica che è certamente oggi
in condizione d’abbozzare e pervenire a miti consigli se non vuole morire
definitivamente.
Il rischio è che la simpatia che
ha mietuto si trasformi rapidamente in disgusto e parecchi di coloro che lo
hanno votato si rendano conto che dietro le bischerate di piazza, oltre i
proclami offensivi e volgari dai palchi i boys del 5 Stelle sono solo dei
poveracci senza idee, rosi dal rancore e accecati dall’odio, ma senza uno
straccio non solo di proposta ma di senso di responsabilità nei confronti dei
quasi 60 milioni d’Italiani che stanno a guardare attoniti l’assurdo tenzone
tra lui e Bersani, tra lui e Monti, tra lui e Berlusconi e le sue baruffe
chiozzotte con la stampa e la televisione.
Adesso, al colmo del delirio d’onnipotenza
s’è pure inventato che senza di lui e il suo movimento la gente sarebbe per le
strade a manifestare in modo violento, come se, conoscendo l’ignavia del popolo
dello Stivale, non sapesse lui per primo che è più facile che il cammello
transiti per la cruna dell’ago che le strade d’Italia si riempiano d’insorti.
E per avvalorare la tesi balorda
che i nemici dell’M5S si annidino in ogni dove, punta l’indice contro Barbara D’Urso,
rea d’aver dato la parola a tal Matteo Di Vita spacciatosi per attivista del
movimento grillino, ma che sarebbe solo un simpatizzante, che ha sparato una
valanga di scemenze mettendo così in crisi l’immagine del movimento stesso.
Questa sarebbe la prova che la stampa
nostrana ricorre alla sceneggiata, buona solo per gettare fango: quella con Di
Vita è stata una farsa « (degna del Grande
Fratello (quello di Orwell)» e,
pertanto con la stampa non bisogna parlare, non ci si può prestare al suo gioco
teso solo a sputtanare.
Sarà, rimane però il dubbio che
il buon Grillo i mezzi per farsi sputtanare ce li mette tutti, a cominciare dalla sindrome del complotto per finire con i deliri napoleonici, altrimenti non
sparerebbe fesserie utopistiche come quelle dichiarate a Time: «Noi vogliamo il 100%
del parlamento, non il 20% o il 25% o il 30%. Quando il movimento raggiungerà
il 100%, quando i cittadini diventeranno lo Stato, il movimento non avrà più
bisogno di esistere. L'obiettivo è di scioglierci». Sono boutade che si
commentano da sole e che la dicono molto lunga sull’approccio da caserma che il
cittadino Grillo ha nel retrocervello. Chissà che la risoluzione finale che alberga
nel suo pensiero libertario non preveda che al raggiungimento di quell’unanimità
di consensi si proceda con purghe ed olio di ricino per piegare il dissenso
residuo. Ci sentiremmo di proporgli anche qualche campo di concentramento in
cui rendere coattivamente ospiti gli elementi più recalcitranti, magari per
sottoporli a qualche sapiente lezione di ortodossia. E per quelli che non si
riuscisse a recuperare, c’è sempre la chance di qualche forno oggi in disuso,
ma di facile riaccensione. Una buona idea, comunque, sarebbe quella di mettersi in contatto con qualche azienda americana per farsi rifornire di quei microchip da inoculare sottopelle, che pare si stiano sperimentando negli USA per controllare i cittadini, - secondo la teoria del suo discepolo onorevole cittadino Paolo Bernini.
Come ha scritto oggi Pierluigi
Battista sulle pagine del Corriere della
Sera «Nel mondo dei grillini il complotto non è un'ipotesi, è un dogma. E il
primo complottista è lui, il Grande Capo che la dissidente cacciata con
ignominia perché aveva osato comparire in televisione senza permesso ha
paragonato al leader di Scientology. Se si scruta nel passato, non decenni fa,
ma solo pochi anni fa, si scopre che per Grillo anche il Premio Nobel a Rita
Levi Montalcini è stato il frutto di una macchinazione di una casa farmaceutica,
anche l'Aids è un'invenzione legata a “certi interessi”, anche il cancro, messo
nelle mani dell'establishment oncologico di grandi luminari come Veronesi che
Grillo ribattezzò «Cancronesi», è un veicolo di menzogne elaborate nelle
segrete stanze. A Grillology, nulla è come appare. Tutto ha qualcosa “dietro”,
si nasconde nell'ombra, si rinchiude nelle tenebre prima che la potenza
salvifica dei nuovi partigiani della Rete non illumini le magagne, non renda
tutto trasparente e puro. Il complottismo così potente nei codici culturali del
grillismo si sposa perfettamente a una visione mistico-futuribile della storia,
quella che ispira a Casaleggio un impegnativo paragone tra Grillo e San
Francesco e fa assomigliare i comizi in piazza a delle messe in cui la parola
del Profeta risuona isolata, con le folle che applaudono veneranti e nessuno
che possa interrompere l'interminabile monologo».
E se queste sono le premesse al
nuovo, alla politica che torna ai cittadini, alle basi per rifondare il paese e
risolvere i suoi problemi, allora c’è da star tranquilli.
(nella foto, l'ex (?) comico Beppe Grillo, non è charo se nel gesto di minacciare o di salutare in maniera nostalgica qualcuno)
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