Il Gruppo RCS ad un bivio storico
Venerdì, 15 febbraio
2013
C’è un paradosso in atto: la
pubblicità sui giornali è calata nel corso del 2012 di oltre il 14%, rendendo
ancora più acuta la crisi dell’editoria già segnata da un calo del 22% delle
inserzioni nel 2011, mentre il numero dei lettori è cresciuto nell’ultimo
decennio di oltre 4 milioni di persone.
I dati sono il frutto di uno
studio realizzato dall’Osservatorio Tecnico “Carlo Lombardi” in collaborazione
con l’ASIG, presentato a Torino durante la XV Edizione di WAN-IFRA Italia - Progettare lo sviluppo, la
Conferenza internazionale per l’industria editoriale e della stampa italiana,
promossa da WAN-IFRA (Associazione mondiale degli editori), FIEG (Federazione
Italiana Editori Giornali) e ASIG (Associazione Stampatori Italiana Giornali).
A rendere più complesso il
fenomeno ci sono anche i dati sul mercato editoriale, che confermano
l’andamento negativo che da cinque anni investe il settore: la diffusione media
giornaliera dei quotidiani a pagamento è scesa sotto i 4,5
milioni di copie giornaliere; in soli
cinque anni, tra il 2006 e il 2011,
si è perso più di un milione di copie giornaliere di diffusione,
pari a poco meno del 20% del totale.
La sintesi che emerge da questi
dati è che si legge certamente di più, nonostante la forte concorrenza di tele
e radio giornali, ma i costi di edizione e stampa hanno raggiunto un livello
tale da indurre gli editori a contrarre il numero delle copie nel tentativo di realizzare
un difficilissimo equilibrio del conto economico.
E’ di questi giorni la notizia
che il Gruppo RCS guidato da Pietro Scott Jovane intende avviare una
razionalizzazione dei conti attraverso una
complessa operazione di taglio e vendita di parecchi dei suoi prodotti
editoriali - ben dieci periodici, tra i quali
figurano Brava Casa, Ok Salute, Yacht & Sails, Max, l’Europeo, Novella 2000, Visto, Astra e il polo dedicato all’enigmistica
– e l’alienazione di immobili non strategici come la sede storica di via
Solferino nella quale vengono redatti il Corriere
della Sera e la Gazzetta dello Sport,
che dovrebbero essere trasferiti nella periferica sede di via Rizzoli.
Chiude il piano di ristrutturazione l’ipotesi di riduzione del personale di ben
800 unità, di cui 640 in Italia ed il resto in Spagna, dove RCS controlla il
gruppo Recoletos, editore tra gli altri de El
Mundo e Marca.
Pietro Scott Jovane ha presentato
con questi dati al CAE, il Comitato aziendale europeo, l'organismo che
racchiude le rappresentanze sindacali delle varie testate europee, parlando di
ristrutturazione «imposta da un crisi
senza precedenti del mercato pubblicitario». I tagli al personale
interessano giornalisti, impiegati e poligrafici, ma non è ancora dato sapere
quali saranno i criteri cui intende ricorrere il Gruppo per affrontare la cura
dimagrante, né i tempi entro i quali l’operazione dovrebbe concludersi.
Ovviamente sia le organizzazioni sindacali europee che i comitati di redazione
hanno già espresso il loro netto dissenso all’operazione, proclamando ben 10
giornate di sciopero. Dissenso al quale sembrano associarsi Ferruccio De
Bortoli, direttore del Corriere della Sera, già impegnatosi di
recente con la redazione per il mantenimento della sede di via Solferino, che
Piergaetano Marchettti, ex presidente e attuale consigliere, determinato a mettere il giovane manager in un
angolo. Una situazione che ripete le stesse dinamiche dell’estate del 2006,
quando l’allora amministratore delegato dell’editrice, Vittorio Colao, venne costretto
alle dimissioni dallo stesso Marchetti.
Il casus belli, che aveva fatto
finire Colao nel tritacarne dei grandi azionisti, era stato il suo rifiuto di
firmare l’acquisizione del gruppo spagnolo Recoletos. Ovvero l’operazione che –
con dinamiche molto simili a quelle dell’acquisizione di Antonveneta da parte
del Monte dei Paschi di Siena - una volta portata a termine dal successore di
Colao, Antonello Perricone, fece realizzare lauti guadagni ai venditori (la
stessa famiglia Botin di Antonveneta). RCS, invece, come nel tempo s’è
evidenziato, incassò un vero e proprio bidone, il cui contenuto è ancora oggi
motivo di rilevanti perdite. Anche in questo caso un particolare ringraziamento
va dato all’azionista-consulente dell’operazione, Mediobanca, che, guarda caso, è
lo stesso a suo tempo presente anche al tavolo dell’affare Mps-Santander per la
cessione del Banco Ambroveneto.
Né a fronte dei sacrifici
richiesti basta il beau gest del
presidente Angelo Provasoli, di Scott Jovane e dei loro collaboratori, che hanno
fatto sapere di volersi ridurre lo stipendio del 10% come segno tangibile di
una loro partecipazione alle misure anticrisi. Ma difronte alle distanze tra la
posizione dei rappresentati degli azionisti e le maestranze quale potrebbe
essere la cura più adeguata per curare il malato?
Non v’è dubbio che un
ridimensionamento degli organici possa ritenersi inevitabile, così come
potrebbe essere inevitabile la chiusura o la vendita di qualche testata la cui
tiratura è da tempo in evidente contrazione. Queste operazioni, oltre ad essere
accompagnate da misure per eventuali recuperi di produttività – sempre possibili in realtà
così articolate come quella del Gruppo RCS – dovrebbero allo stesso tempo
essere accompagnate da massicce iniziative di riqualificazione e conversione
del personale giornalistico, da indirizzare sull’impiego di nuove tecnologie
editoriali legate al web ed alle sue potenzialità.
La professione giornalistica
è da tempo in crisi significativa a causa dell’imponente diffusione di
internet, che richiede una capacità d’impiego di mezzi multimediali molto
spesso sconosciuti a chi s’occupa da sempre di carta stampata. U.S. News, una delle riviste che insieme
con Time e Newsweek ha contribuito in modo significativo alla storia del
giornalismo americano ha deciso di migrare sul web, proprio a causa della
degenerazione delle condizioni di mercato. Le dinamiche di vendita delle copie
cartacee e le deludenti performance della raccolta pubblicitaria hanno suggerito
al management che l’opzione più corretta fosse un passaggio completo al web e
non il mantenimento di una redazione ibrida offline-online, come sta avvenendo
in Italia per tanti prodotti editoriali. Questa duplicazione, motivata dal probabile
timore di perdere una fetta significativa di lettori legati al prodotto
cartaceo ed alla consapevolezza che i sistemi di connessione internet nel Paese
soffrono di un gravissimo ritardo tecnologico e diffusionale, è alla stesso
tempo una delle ragioni principali per le quali risulta difficoltoso razionalizzare
i costi e far quadrare i conti. Se d’altra parte si osservano i dati degli
investimenti pubblicitari, ci si rende conto che la contrazione ha riguardato principalmente
i media tradizionali, mentre ha subito significativi incrementi in direzione di
internet, dove i costi risultano ancora appetibili e il ritorno dell’investimento
è decisamente positivo. Il passaggio al web, dunque, sembra una decisione da vivere come
una sfida e una opportunità. L’editore di U.S.
News, Bill Holiber, e il direttore
Brian Kelly, ne sono stati fortemente convinti e in occasione del trasferimento
sul web hanno dichiarato: «Significa
accelerare la nostra capacità di espandere il business online e trarre
vantaggio dalle opportunità di distribuzione dei contenuti nell’emergente
mercato dei tablet e degli smartphone. La carta rimarrà uno strumento tattico
che verrà utilizzato unicamente per la realizzazione di speciali a tema».
La rinuncia alla carta prevede
anche un forte cambiamento nei contenuti da proporre. Di fatto, nel caso di U.S. News nelle intenzioni espresse dal
management, vi è la volontà di uscire dal business dell'informazione più tradizionale
e puntare su un'informazione specializzata. Fornire contenuti unici, non
replicabili, secondo Holiber e Kelly, è la scelta più corretta per stabilire un
vantaggio competitivo nel labirinto dell’informazione online. Senza contare,
tra l’altro, che anche nel settore libri il futuro sembra inevitabilmente
indirizzato verso la produzione elettronica.
Da questa prospettiva discende un’ipotesi
nuova di gestione della crisi del settore editoria in cui opera il gruppo RCS,
una strada che se affrontata per tempo e con il dovuto coraggio può consentire
di aggirare gli effetti di una crisi che, viceversa, sembra affidata
esclusivamente all’impiego dei soliti meccanismi, che accollano al lavoro l’onere
degli errori commessi da un management miope e subalterno alla logica del
risultato a qualunque costo.
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