L’ipocrisia del potere
Venerdì, 29 marzo 2013
Ipocriti, e della specie
peggiore. Di quella specie per la quale è la facciata, la confezione esteriore,
ad attribuire valore intrinseco alle cose. Di quella specie per la quale è la
forma ad attribuire sostanza alle cose, ancorché la stessa si riveli senza
valore alcuno. Qualcuno, insistendo sull’eufemismo ipocrita, definisce
l’approccio arte della diplomazia, con ciò spacciando per ineludibile e nobile
la teoria secondo la quale la mistificazione linguistica è sinonimo d’eleganza,
mentre l’assenza dell’orpello verbale è sintomo di prosaicità, di volgarità
inammissibile. Nessuno di questi maître à penser del cosiddetto bon ton si pone
il dubbio se nell’affermazione apostrofata come grassa e volgare vi sia
sussistenza di verità. La verità è una sorta di optional, di cui ci si può
preoccupare solo dopo aver recuperato lo stile, il farisaico restauro del
brutto in natura.
Su questo assurdo è caduta la
testa di Franco Battiato, reo d’aver apostrofato troie alcune gentili signore
dai facili costumi che hanno occupato gli scranni del parlamento della
repubblica, qualcuna ancora in servizio permanente effettivo. Sì, perché la
qualificazione espressa dal notissimo artista prestato alla politica siciliana
nei confronti di qualche deputata che, in quanto a comportamenti o metodi di
carriera richiama alla mente il generoso mammifero, ha suscitato uno scalpore
sensazionale. Naturalmente ciò che ha offeso non è stato il dispetto per esser
stati scoperti nell’esercizio di pratiche sessuali discutibili secondo i canoni
della morale corrente, quanto il termine, ritenuto volgare e lesivo della
dignità delle istituzioni, dimentiche d’aver dato asilo persino a Cicciolina
che certo nella vita privata non aveva brillato per morigeratezza di costumi.
L’altro aspetto che irrita è che
autorizzerebbe persino a rincarare la dose già somministrata da Battiato è il
solito metodo dei due pesi e delle due misure. Nessuno s’è permesso di inibire
l’androne del Quirinale al signor Beppe Grillo, che in quanto a volgarità
persino reiterate, ha collezionato un invidiabile primato, includendo nel mazzo
di coloro per i quali sono stati spesi epiteti da circolo di Ascot avversari
politici, giornalisti, oppositori e financo il Capo dello Stato. Analogo
trattamento assolutorio è stato riservato al signor Silvio Berlusconi, autore di contumelie
d’ogni sorta nei confronti di magistrati e istituzioni, sia da parlamentare che
da capo del governo, con tanto di corna ostentate scherzosamente e gesti da
portatore d’ombrello, o al signore di Gemona, tal Umberto Bossi, noto celodurista
con il vizietto d'ostentare il dito medio non per fare l'autostop, imitato immediatamente dall’educatissima Daniela Santanché che frequenta salotti d'alto bordo.
Qualcuno, giustamente, potrebbe
obiettare che la presenza di qualche porco – i suini ci perdonino l’irriverente
accostamento – non giustifica di certo la massificazione della maleducazione ormai in atto.
Ma qui non è in discussione la buona o la cattiva educazione, - ché ognuno ha
la sua, - quanto il fatto che nell’andazzo che sembrano aver preso le cose non
sarà certo il recupero di un linguaggio più genuino e vicino a quello che
normalmente utilizza la gente nella vita d’ogni giorno che comprometterà più di
quanto non lo sia già per altre ragioni l’immagine dell’Italia.
A riprova del fatto che l’argomento
è sostanzialmente aria fritta ad uso e consumo di bigotti e sepolcri imbiancati
vengono in mente Crozza e Littizzetto, due dei personaggi di punta della satira
nazionale, che non ci sembra utilizzino un linguaggio accademico per registrare
il grande successo che riscuotono le loro gag. Stesse considerazioni valgono
per il grande Roberto Benigni, che senza finti pudori si rese autore di una lectio magistralis sulla diffusa
terminologia regionale impiegata per definire gli attributi sessuali femminili
e maschili, non suscitando alcun risentimento di benpensanti e bacchettoni.
Allora, vien da chiedersi, perché
questo gran clamore intorno alle dichiarazioni di Battiato?
La risposta non è agevole e andrebbe
trovata non nell’uso della terminologia censurata quanto nella suscettibilità dei destinatari degli epiteti,
che in quanto membri della casta ritengono probabilmente di dover godere di un
rispetto che va oltre l’intrinseco valore morale che nei fatti esprimono.
Dunque, nulla a che vedere con la questione del rispetto delle istituzioni, che
parecchi ladri, mafiosi e troie hanno determinato ad avvilire in maniera esemplare, ma
solo una difesa di facciata di un pudore personale che da moltissimo tempo risulta smarrito.
Ipocriti!, falliti! Gente che vive dei propri miti,
mentre tutto v’a rotoli e uno sconquasso ha sconvolto il sociale, il lavoro e
la speranza. E ci dovremmo allora fermare e cospargere il capo di cenere perché
un artista, un uomo onesto ha detto coraggiosamente ciò che la maggioranza
pensa e confida ad amici e conoscenti?
Vengono in mente le bellissime parole di una storica
canzone di Francesco Guccini con cui liquidare il tema e ringraziare del gran
gesto il prode Crocetta, presidente della Regione Sicilia, nella cui giunta
sedeva Battiato prima dell’esternazione fatale: "tiro avanti, e non mi svesto dei
panni che son solito a portare; ho tante cose ancora da raccontare per chi
vuole ascoltare e a culo tutto il resto".
(nella foto, Franco Battiato) tiro
1 Commenti:
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