Sovversivi o fascisti di razza?
Domenica, 17 marzo
2013
«Dopo le sagge parole pronunciate da Napolitano ieri, dal PD arrivano
reazioni deliranti. Si oscilla tra annunci di voto favorevole ad un arresto di
Berlusconi che nessuno ha chiesto, quasi che lo si sollecitasse, e una minaccia
di voto sulla ineleggibilità di Berlusconi. Si tratta di una condotta
irresponsabile che non è tollerabile e che rischia di creare una autentica
deriva democratica. La nostra reazione sarà durissima di fronte a comportamenti
del PD che ignorano le parole ed il ruolo di Napolitano». Queste le parole
del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, seguito a ruota da
tutto lo stato maggiore del partito.
Se non si fosse a conoscenza dei
fatti e si assumessero queste dichiarazioni come riferite ad una qualunque
delle vicende che da anni coinvolgono il leader del PdL in una inarrestabile
tempesta di guai giudiziari, si potrebbe pensare ad una sortita in difesa di
Silvio Berlusconi obiettivo dell’ennesimo attacco di avversari a torto o a
ragione critici nei confronti delle sue sistematiche sortite. Ma questa volta
il discorso è diverso. E’ uno sfogo a caldo che Gasparri effettua a conclusione
di un episodio di volgare squadrismo condotto ai danni della magistratura di
Milano, nel corso del quale un manipolo di sovversivi, non contento di essersi
avventurato ad un’azione da codice penale, ha persino avuto l’ardire di
chiedere al Capo dello stato udienza per chiedere conto e ragione di presunte
azioni persecutorie condotte, a loro sfacciato giudizio, nei confronti del
plurinquisito Cavaliere.
Se non fosse per il grande senso
di responsabilità e la volontà di evitare inutili radicalizzazioni in un
momento così delicato per la vita della Repubblica, Giorgio Napolitano avrebbe
dovuto rifiutare quella richiesta d’incontro, primariamente perché non è
tollerabile che una schiera di parlamentari, con in testa persino la seconda
carica dello stato, Renato Schifani, si renda autrice di una vera e propria
azione sovversiva come l’invasione con intento intimidatorio di un tribunale e,
secondariamente, perché non spettava al Presidente della Repubblica interferire
nel principio costituzionale di separazione dei poteri dando ragione ai
sovversivi del PdL a danno dei magistrati di Milano.
Sebbene dovrebbe indignare la
scelleratezza di Renato Schifani per aver deciso di partecipare alla gazzarra –
che fosse indegno della carica che i suoi complici di partito gli hanno
affibbiato è cosa sospetta da tempo – ciò che sconvolge è l’arroganza di un ex
squadrista, fascista mai pentito come Gasparri che osa infangare la democrazia,
permettendosi di affermare che quella dei giudici di Milano è «una condotta irresponsabile che non è
tollerabile e che rischia di creare una autentica deriva democratica». E’
paradossale che proprio lui è gente come lui vengano blaterino di rischio di
derive democratiche quando, durante il periodo del loro soggiorno al potere,
non hanno fatto altro che minare le basi della convivenza democratica con il
varo di leggi e provvedimenti contro l’immigrazione, la scuola pubblica,
l’università, senza contare le indecenti iniziative per favorire il loro
padrone Silvio Berlusconi o per evitargli di dover rispondere davanti alla
legge delle sue responsabilità come un comune cittadino, e i folli progetti mai
giunti in porto per imbavagliare la voce della stampa.
La sensazione è, piuttosto, che
il signor Silvio Berlusconi sia veramente prossimo al capolinea, nonostante le
escamotage che s’inventa per dilatare la durata dei suoi processi. Il processo
Ruby, in fase di rapida conclusione, non gli lascia grande speranza di poter
puntare sui termini di prescrizione, così come non gli lascia speranza
l’imminenza del procedimento per la corruzione di De Gregorio ed altri per far
cadere il governo Prodi. In fine, la spada di Damocle della sua ineleggibilità preannunciata dal Movimento 5
Stelle non deve lasciargli dormire sonni tranquilli.
In questa situazione non si
comprende la ragione per la quale i suoi compagni di viaggio non pensino almeno
a salvare la faccia, evitando di esporsi in maniera così plateale per difendere
chi giorno dopo giorno appare sempre più ad un passo dalla fine politica.
Ha ragione Grillo a suggerirgli
di lasciare il paese nottetempo e darsi alla latitanza, come è già accaduto al
tempo per Bettino Craxi. Sarebbe meglio per lui vomitare invettive d’ogni
genere da un isola tropicale, al riparo da ogni pericolo di gattabuia, che
rischiare di varcare ingloriosamente presto o tardi la soglia di San Vittore.
Avrebbe sempre la possibilità d’insistere sulla sua condizione di perseguitato,
ma almeno potrebbe farlo dal bordo di una piscina o dall’ombrellone d’una calda
spiaggia, piuttosto che durante l’ora d’aria o ad ogni visita di parenti e
amici.
Resta il fatto che le modalità
con le quali stanno procedendo le questioni politiche, non gli consentono
neppure di sperare in un colpo d’ala in caso di ritorto alle urne, quantunque
la madre degli idioti sia sempre incinta e di deficienti pronti a ridargli il
voto per riportarlo per l’ennesima volta in parlamento ce ne siano tanti: ormai
è solo nella condizione disperata per tentare di ritardare il corso della
giustizia, ma nulla a nostro avviso gli è più possibile per evitare che quella
giustizia così vituperata alla fine emetta una sentenza e ponga fine alla farsa
che dura da oltre un ventennio.
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