Le vere lacrime amare del caimano
Berlusconi condannato per evasione fiscale - Le minacce dei suoi scagnozzi - Il quadro deprimente di un nugolo di servi allo sbando - Una richiesta di grazia al Capo dello Stato impossibile da concedere - Gli attacchi alla stabilità del governo nonostante le promesse e il perdurare della grave situazione del Paese
Sabato, 3 agosto 2013
Era già tutto previsto. La
definitiva condanna di Silvio Berlusconi sta facendo emergere quell'enorme fiume
di melma fetida che costituisce la linfa del suo movimento. Un movimento fatto
da cloni senza dignità e cervello, pronti, almeno a parole, a scendere in
strada al grido di "soluzione o guerra civile", - parole di Sandro
Bondi, uno dei personaggi più insignificanti e allo stesso tempo più livorosi
del circo tragico del bandito di Arcore.
Ancora una volta si tira fuori
per bocca di servi e baciapile la storia incredibile della persecuzione
politica e della magistratura rossa alla base della condanna dell'ex Cavaliere,
omettendo di confessare che i reati per i quali il pregiudicato Berlusconi è
stato condannato non hanno niente di politico, trattandosi di evasione fiscale,
e per di più a scopo d'arricchimento personale.
Se il manipolo di cialtroni
avesse un minimo di buon senso e di rispetto nei confronti degli allocchi che
hanno conferito loro un mandato parlamentare, realizzerebbe che il popolo, quello
delle "libertà", quello che paga IMU, canone tv, accise sulla benzina
e altri mille balzelli, quello che ha perso il lavoro causa le politiche
scellerate del grande delinquente e il suo seguito, che dovrà buttare ancora
sudore e sangue per una pensione da fame mentre i suoi rappresentanti nelle
istituzioni bagordano a quattro ganasce, non è certo disposto a scendere in
piazza al seguito di Bondi o della Santanché per difendere l'indifendibile.
Il cittadino normale, quello che
s'alza alle cinque del mattino per andare a lavorare per mantenere la famiglia
e che paga le tasse, ne ha piene le scatole di assistere alle guerre
opportunistiche di un illusionista truffaldino, che spocchiosamente convinto di
trovare sponda in una Cassazione sotto il ricatto dell'eventuale caos
istituzionale conseguente la sua condanna, aveva spergiurato che l'esito del suo processo
mai avrebbe avuto ricadute sulla continuità del governo, specialmente nella
fase di gravissima emergenza in cui continua a trovarsi il Paese.
Non ci sono parole per definire
la bassezza morale con la quale, gettata l'ipocrita maschera che sino ad oggi
aveva indossato, sta reagendo lo stato maggiore del PdL, di cui è sempre più
chiaro quanto la "L" non sia l'acronimo di libertà, ma di ben più
d'altro più scabroso e laido. Se si pensa poi a tutti gli stratagemmi messi in
atto negli anni per sottrarsi ai processi o agli innumerevoli tentativi di
stravolgere le leggi a proprio favore o di addomesticare la magistratura o di
tappare la bocca all'informazione scomoda, ci si rende conto che il signor
Berlusconi deve ringraziare la sua buona stella se non gli è stata inflitta una
pena più esemplare.
Adesso c'è persino il tentativo
di qualche lecchino, probabilmente più preoccupato del proprio futuro dall'eventuale
scomparsa della scena politica del padrone che del destino del padrone stesso,
che ha l'ardire di chiedere la grazia. Ma come si può pensare che Giorgio
Napolitano, senza perdere la faccia lui per primo, possa mai graziare un
personaggio già condannato in altro processo infamante a sette anni di carcere
e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici? Quale grazia può essere
concessa a chi ha già strombazzato ai quattro venti che per vendetta non pensa
che a riformare - immaginabile la direzione dei cambiamenti - la magistratura?
Quale atto d'ammissione di colpa e di sincero pentimento ha esternato il
delinquente in questione per meritare la grazia?
Francamente in queste condizioni
la concessione della grazia a Silvio Berlusconi sarebbe un atto di profonda
ingiustizia nei confronti di tanti cittadini che hanno sbagliato e che espiano
la loro pena nell'oblio più assoluto. Quella grazia assumerebbe di per sé il
significato di un pericolosissimo cedimento clientelare alle pressioni di una casta
politica ricattatrice, al punto da assumere un gravissimo colore eversivo,
mentre la sua negazione avrebbe il senso di quel senso di giustizia imparziale
e uguale per tutti da lungo tempo smarrita nel Paese e di quel rigore necessario
a ridare fiducia nelle istituzioni.
Ovviamente quando si parla di
Berlusconi è assolutamente impossibile fare previsioni sulle pieghe che
assumerà la vicenda e, peggio ancora, sulle conclusioni alle quali si perverrà.
Rimane comunque indelebile la
certezza che per anni coloro che a lui hanno dato la fiducia attraverso il
voto, hanno espresso il loro consenso per un delinquente conclamato, per un
personaggio al quale debbono senza alcun dubbio alcuno una buona dose delle
disgrazie da cui si ritrovano afflitti.
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