martedì, ottobre 29, 2013

Il potere dal buco della serratura



L'America e lo spionaggio sistematico di nemici e amici - Una rete fittissima per tenere sotto controllo telefoni, posta e conversazioni - La scusa della lotta al terrorismo dietro le macroscopiche violazioni della privacy - I servizi segreti dei Paesi spiati non sapevano - Anche Obama dichiara di non aver saputo - I leader dei Paesi alleati degli USA trattati come delinquenti 


Martedì, 29 ottobre 2013
Che quello americano sia un popolo con scarse radici nella cultura classica, - greca e latina, per intenderci, - è cosa risaputa, ma arrivare al punto da confondere la democrazia con la demoscopia ci sembra veramente un'esagerazione imperdonabile. Certo, tra la demoscopia e l'acquisizione fraudolenta di informazioni d'ogni sorta e genere ce ne corre, ma d'altra parte se non fosse per questa confusione etimologica - ridicola e improbabile, ma che potrebbe costituire l'unico atout per salvare un po' la faccia - non sarebbe possibile spiegare le ragioni per le quali i sedicenti paladini della libertà mondiale si siano lasciati andare per anni ed anni ad un vero e proprio programma di sistematico spionaggio planetario, nei confronti di nemici deliberati quanto di cosiddetti amici, dei quali sono stati rubati conversazioni, corrispondenza, confessioni intime, gemiti e sospiri. Tutto ciò, stando a quanto hanno ammesso con un certo imbarazzo per l'indecenza delle motivazioni stesse, con l'obiettivo di combattere la destabilizzazione internazionale e prevenire l'organizzazione e la commissione di azioni terroristiche in giro per il mondo a cura di invasati più o meno associati in movimenti eversivi.
Se da un lato questa dichiarata finalità potrebbe parzialmente giustificare una certa attività di intelligence, il ragionamento si rivela completamente privo di ogni logica se ad essere intercettati non sono solo il mullah Omar o Mohammed Ali Hamadei o Jamal Mohammad Al-Badawi, - giusto per citare i nomi di qualche delinquente internazionale conclamato, - ma personaggi come Angela Merkel o François Hollande o Enrico Letta, che nulla hanno a che vedere con il terrorismo internazionale, - salvo non avere il mostro in casa e non essercene accorti.
Quando nel mirino delle intercettazioni entrano personaggi come questi l'obiettivo non è più quello di prevenire azioni di destabilizzazione, ma è spionaggio a tutti gli effetti il cui precipuo scopo è quello d'acquisire informazioni riservata su piani e progetti di natura politica ed economica, che possano offrire un sorta di vantaggio competitivo all'industria o alla finanza nazionale americana. Queste attività d'intercettazione si rivelano ignobili éscamotage attraverso le quali l'imperialismo yankee tende a perpetuare la propria sovranità anche sul mondo occidentale, quello evoluto, che nei fatti dovrebbe collaborare con gli USA nel processo internazionale di mantenimento della pace e nel progetto di sviluppo socio-economico dei popoli.
Alla luce di quanto sta emergendo in queste settimane, la stessa vicenda di Edward Snowden,  l'informatico statunitense al soldo della CIA, fuggito dal suo Paese e che sta rivelando al mondo le gravi violazioni della privacy perpetrate dall'amministrazione Bush e Obama ai danni di amici e alleati con la regia dell'NSA e della CIA, acquisisce un significato profondamente diverso. Non ci troviamo di fronte ad un traditore di segreti di stato, meritevole per questo di persecutorie misure restrittive, ma al cospetto di chi ha deciso, con coraggio, di denunciare prevaricazioni senza precedenti in danno alla libertà di esprimere il proprio pensiero, di comunicare in assoluta riservatezza, di manifestare anche in privato il proprio dissenso, una libertà che non può per nessuna ragione lecita essere né limitata né messa in discussione. D'altra parte se si considera la mole strabiliante di dati acquisiti illecitamente dallo spionaggio USA - si parla di miliardi di dati acquisiti - ben si comprende che qualunque giustificazione connessa con la prevenzione di vere o presunte attività terroristiche non può che risultare inverosimile: chi mai potrebbe bersi la frottola di una Merkel o di un Mariano Rajoy nelle vesti di un terrorista con tanto di pistola celata nella biancheria intima o un candelotto di tritolo nella borsa con i documenti? Eppure le amministrazioni americane ci hanno abituato a questo genere di balle spaziali a cui idioti sparsi per il mondo sono disposti a credere, convinti dell'onestà delle intenzioni degli Stati Uniti, salvo dover prendere atto che questo Paese si è molto spesso macchiato di crimini gravissimi contro l'umanità e l'indipendenza e la libertà dei popoli, in nome di una "salvaguardia della democrazia" planetaria di facciata, ma malcelante inconfessabili interessi per il controllo strategico di mercati, territori e affari spregiudicati. Qualche esempio? Basterà rileggere qualche pagina a caso di storia sulle vicende del Cile di Allende o sugli arsenali chimici per le distruzioni di massa che nascondeva Saddam Hussein. Gli stessi movimenti di popolo registrati di recente nell'area araba del Mediterraneo, dalla Tunisia alla Libia e all'Egitto, portano una firma yankee e il terrorismo, in qualche caso, è stato solo il pretesto per giustificare un'ingerenza finalizzata a creare nei fatti capisaldi per il controllo di aree geografiche ritenute strategiche sul versante economico e militare.
Ma la cosa che più sconcerta non è certo questo risiko con armate ed armamenti veri, a cui nessuno di coloro che protestano per essersi scoperti spiati può dichiararsi estraneo, quanto il candore improbabile con il quale lo stesso Barack Obama s'è dichiarato ignaro delle operazioni di spionaggio a tappeto condotte dalle sue centrali di intelligence. Tra l'altro, preoccupato più delle reazioni interne che di quelle internazionali, il First Man d'America è corso a tranquillizzare i suoi connazionali, precisando che le attività d'intercettazione hanno riguardato prevalentemente i cittadini stranieri e non i cittadini a stelle e strisce, come dire che i non americani in fondo non sono che carne di porco. Che poi le intercettazioni in house siano qualche miliardo, poca roba rispetto agli incalcolabili centinaia di miliardi di intercettazioni all'estero, dovrebbe consentire ai cittadini USA di tirare un sospiro di sollievo. La battuta somiglia tanto a quella di un nostro eminente politico, che in tema d'evasione fiscale avrebbe preteso la comprensione e il perdono per aver frodato "appena" 7 milioni a fronte di versamenti di tasse miliardari effettuati negli anni.
Francamente ci sembra ci si trovi di fronte ad interessantissime evoluzioni del concetto di reato, che diviene una sorta di bonus a favore di chi sostiene d'aver rigato sempre dritto. A questa stregua, per esempio, per ogni dieci opere di carità che si faranno magari s'avrà diritto ad un omicidio o una rapina senza conseguenze.
Tornando ad Obama, quelle dichiarazioni, che appaiono del tutto spudorate, accendono una nuova luce sull'inquilino della Casa Bianca, mettendone a nudo tratti caratteriali che nessuno avrebbe mai sospettato potesse possedere. Sì, perché come si dice qui da noi con una sintesi esemplare, l'Obama che asserisce di non sapere o c'è o ci fa. E in entrambi i casi del Presidente della più significativa potenza mondiale emerge una figura assai ridimensionata: se non sapeva, allora è assai grave che si circondi di collaboratori inaffidabili e reticenti, che con le loro attività illecite minano l'immagine del Paese e rendono il suo ruolo semplicemente ridicolo; se invece sapeva e mente, - come è più probabile, - la sua immagine risulta fortemente offuscata e lo rende non solo un mentitore da strapazzo agli occhi del mondo, ma un servo di poteri occulti che lo manovrano a piacimento ed ai quali deve reggere bordone per vedere appagata la propria ambizione per occupare un ruolo nel quale è di fatto solo un fantoccio. E che sia per i suoi alleati un compagno di viaggio di cui sospettare anche quando, mano sul petto, giura fedeltà ai principi di lealtà scritti nella Costituzione americana è fatto assodato.
Alla stessa stregua, suscita sgomento che i servizi segreti dei paesi i cui cittadini e leader politici sono stati regolarmente spiati si dichiarino altrettanto ignari, insinuando il dilemma che gli 007 di mezzo mondo siano costituiti da tonti conclamati o lo spionaggio d'oltre oceano annoveri tra le sue file ineguagliabili superuomini.
In questa incredibile vicenda vengono alla mente le parole di una famosa canzone degli anni '70 di Eugenio Finardi, che recitava: "La CIA ci spia, sotto gli occhi della polizia, la Cia ci spia e non vuole più andare via". Chissà se già a quel tempo nel fare quella che sembrava una provocatoria predizione Finardi non avesse già qualche contatto con Edward Snowden.

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