La rivolta degli schiavi
Giunta l'ora della verità nel PdL
- Dopo la decisione di far dimettere i parlamentari e ritirare i rappresentanti
nel governo, Berlusconi annuncia la sfiducia a Letta - Scoppia il dissenso e 25
parlamentari lasciano il PdL - Alfano alla testa dei ribelli come Spartacus -
Scintille nella destra
Mercoledì, 2 ottobre
2013
Grande giornata quella di ieri. I
famosi nodi che qualche giorno fa erano
venuti al pettine di Silvio Berlusconi sono venuti al pettine dell'intera
compagine dei parlamentari dell'ex PdL, che avevano trascorso un'intera
giornata a pettinarsi la chioma in una riunione apposita organizzata - il
termine fa a pugni con la realtà, dato che s'era trattato di una vera e propria
consegna - dal leader maximo di Arcore e dintorni.
Come per incanto nella kermesse
azzurra son venuti a galla i dissidenti, quantunque la simpatica assemblea,
guidata, oltre che dal mammasantissima Silvio,
dalla nobildonna Daniela Santanché e dal feroce Griso Verdini, più che
qualificarli tali non ha esitato a paragonarli a quei noti escrementi tubiformi
che hanno la capacità di venire rapidamente a galla qualora immersi in un
liquido. E di liquido in quella sede ce n'era tanto, a cominciare dalle idee su
come tentare di salvare capre e cavolo, dove le capre erano gli sconsiderati lacchè
che avevano rassegnato le loro dimissioni da parlamentari, in servile omaggio
al loro leader, è il cavolo era un Silvio Berlusconi, delirante per la rabbia,
sconvolto dall'ira disperata al punto da pretendere di poter dettare un agenda
di fine spettacolo al governo Letta.
Nei confronti dei dissidenti s'è
subito levato il coro sdegnato degli ortodossi seguaci dell'Otelma della Brianza,
mentre i sapienti pennaioli della setta cominciavano a sfogliare cartelle
classificate, alla ricerca di elementi che potessero dar spunto, a kermesse
compiuta, all'elaborazione di un profilo di boffiana memoria dei reprobi vigliacchi
e traditori.
Comunque siano andate le cose, è
certo che l'evento ha messo in luce le qualità di un insolito Alfano, un
Angelino Spartacus che non ha esitato a stracciarsi la livrea e porsi a capo
della pattuglia dei gladiatori ribelli. Quale sia stato il miracoloso evento
che ha convinto l'Angelino Spartacus a rendersi conto di possedere anche lui un
apparato testicolare non è dato saperlo, anche se voci di corridoio sostengono
che da qualche tempo l'uomo aveva acquisito un incedere sospetto, probabilmente
dovuto ad un'orchite incipiente, che confermava anche per lui il possesso di un
apparato fino ad allora rimastogli ignoto.
Nello stesso tempo, mentre
l'Angelino Spartacus buttava nella spazzatura farfallino e sparato, si apriva la
selezione alla sua successione, - dato che non sarebbe immaginabile che il buon
Silvio , a breve agli arresti domiciliari, rimanga privo di servitù e di un
fido maggiordomo: ma ve l'immaginate cosa significhi aggirarsi nei meandri di Arcore
o di Villa S. Martino o di Palazzo Grazioli (non è stata ancora indicata la
sede del suo ritiro forzoso) privo di guida e scorta? Questi luoghi
d'espiazione non sono le modeste abitazioni di un cittadino qualunque. Sono
sterminati complessi in cui si rischia di perdersi. E chi crederebbe mai che il
novello asceta non si sia presentato all'obbligo di firma non per sottrarsi al
controllo del carabiniere di turno, ma perché smarritosi nei corridoi e nelle
stanze del bunga-bunga.
Al ruolo sembra siano moltissimi
i pretendenti, candidati che non hanno mai né nascosto le ambizioni né perso
l'opportunità di assestare una vigorosa slappata alle terga dell'ex Unto del
Signore nella speranza di vedersi così cooptati a quell'incombenza nel momento
in cui il servo Angelino avesse gettato la spugna. Ovviamente ai servi di lungo
corso, come Miccichè o Bondi, si sono nel frattempo aggiunti fedayn agguerritissimi,
dalla "pitonessa" Daniela Santanché, quella del "Silvio mi
attacca perché non sono nel mazzo di quelle che gliela daranno mai" -
dall'evoluzione intercorsa dal tempo di quella battuta, c'è da credere che ci
debba aver ripensato - a Sallusti, direttore del foglio di famiglia, - che
finalmente abbiamo appreso trattasi di un insertuccio satirico tra i media
nazionali, - il quale non ha mai perso l'occasione per sciabolare critici e
avversari del padrone, pur a costo di travalicare il limite immaginabile del
ridicolo.
Per la cronaca, Sallusti e
Santanché da tempo cinguettano amorevolmente, a riprova della saggezza
dell'antico detto "Dio li fa e fra di loro li accoppia": uguale
maleducazione, analogo disprezzo per istituzioni ed avversari, corrispondente
temeraria veemenza nell'eloquio,
perfetta sovrapponibilità della vuotezza mentale. E dire che la
Santanché, alle strette, pur di far del male all'Angelino Spartacus è arrivata
al punto di proporgli la propria testa su un piatto d'argento, augurandosi
magari che il disgraziato se ne servisse per eventuale trapianto. Non sappiamo
quale sia stata la risposta dell'interessato, che probabilmente avrà pensato
più adeguato un volgare cartone da pizza al piatto argenteo su cui avrebbe
dovuto essergli offerto l'inutile appendice.
Resta il fatto che Angelino
Spartacus e i suoi "diversamente berlusconiani" hanno rotto,
probabilmente in via definitiva, un equilibrio durato un ventennio, un
breviario di regole non scritte in cui la parola del capo era legge e la
critica o il dissenso erano sempre stati considerati pericolosi sintomi di
ammutinamento. Non era più possibile continuare con la manfrina disgustosa sulla
giustizia rossa ed i complotti galattici contro Silvio Berlusconi, emarginando
i problemi del Paese a residuali fatti cronaca. La disoccupazione, il torchio
fiscale, la deindustrializzazione, la chiusura del credito ed i mille mali che
affliggono il Paese non avrebbero potuto essere sacrificati ancora una volta
sul tavolo dei ricatti orditi per salvare una persona dalle conseguenze delle
sue spericolate azioni. E se come ha ricordato Fabrizio Cicchitto,
"diversamente berlusconiano" dell'ultima ora, Berlusconi rimane
comunque un perseguitato da una magistratura di parte, grazie ai 54 processi
che lo hanno coinvolto, è doveroso obiettare che quei processi più che il
sintomo di una persecuzione sono la prova inoppugnabile di una vocazione
endemica a delinquere del personaggio, su cui a forza d'indagare si rischierebbe
di portare alla luce chissà quante altre ribalderie rimaste al momento
occultate.
Lo scontro tra i dissidenti e gli
ortodossi non s'è comunque sedato con la presa d'atto che ormai si stava
trattando di visioni insanabili su prospettive riguardanti il futuro del Paese
ed il compromesso destino di un uomo che, nel bene e nel male, ha per
lunghissimo tempo determinato la storia d'Italia. Lo scontro ha ormai assunto i
connotati di una guerra senza quartiere, fatta di accuse, insulti infamanti e
colpi proibiti che lasciano presagire una diaspora che durerà nel tempo e dagli
esiti che, se inimmaginabili, non potranno non mutare la geografia della
politica del Paese: dopo Casini, Fini e i relitti dell'ex AN, ora è il turno di
Alfano, Lorenzin, Lupi, Giovanardi, Quagliarello e persino di Formigoni, come a significare che
nell'affondamento della nave i sorci fuggono a precipizio da ogni dove,
occupando tutte le scialuppe disponibili e lasciando colui che quella nave
aveva gloriosamente comandato in balia della disperazione e dei gorghi neri del
naufragio.
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