giovedì, settembre 26, 2013

O Silvio o il caos



I parlamentari PdL minacciano le dimissioni in massa nel caso venga votata la decadenza di Berlusconi - E' un ricatto alla democrazia e alla stabilità del Paese . Un tentativo irresponsabile di estorcere un'improbabile clemenza - Meglio tornare al voto che cedere a vergognose minacce

Giovedì, 26 settembre 2013
Chissà se il tormentone finirà mai. Sì, perché la storia di Berlusconi e dei suoi boys ha ormai superato il limite della telenovela ed è entrata in quella del tormentone, quello noioso, fastidioso, persecutorio, di cui non riesci a liberarti neanche decidendo di tenere spenta la radio o la tv. Vai in giro e nelle edicole che incontri per strada il volto dell'ex Cavaliere bolso troneggia sulle prime pagine; entri in un bar e senti che qualcuno parla di lui, delle sue disgrazie, dei suoi ricatti al Paese, della sua condanna, delle sue colpe. E' un massacro testicolare inarrestabile, una sorta di nuova maledizione biblica che accompagna ogni santa giornata e che, al disgusto che la storia suscita, assomma un'angoscia profonda per il destino che incombe su quest'Italia senza pace e senza speranza, in cui mangiare un panino si sta rivelando sempre più un salasso per il portafoglio, come un tempo lo era la degustazione di un flute di  champagne.
Ma non ci sono altri argomenti di cui interessarsi che non le meschine vicende di un quasi ottantenne che, concessasi ogni ribalderia a proprio vantaggio, lotta con una disperazione epica per non pagare il prezzo delle sue colpe?
E mai possibile che una nazione intera, - sessanta milioni di anime - rimanga in ostaggio di uno sciagurato delinquente, protervo, altezzoso, arrogante, che rifiuta di ammettere le proprie colpe evidenti e minaccia di generare il caos qualora si dovesse dare corso alla sentenza irrevocabile di condanna che gli è stata inflitta?
Ma a ben guardare la tragedia che stiamo vivendo non è solo nella temerarietà di Silvio Berlusconi, ormai ridotto a personaggio da teatrino dell'opera dei pupi. La tragedia vera è nell'incredibile comportamento che hanno assunto le centinaia di servi, portaborse, passacarte, tirapiedi ed altra umanità di confine che circonda il personaggio, che all'unisono ne sostengono le ragioni sciagurate e tentano in perfetto stile delinquenziale di estorcere alle istituzioni un salvacondotto che permetta al loro boss di perpetuare la sua presenza nelle stanze dei bottoni, impunito, indenne da ogni giusta conseguenza per i misfatti compiuti,  così da poter continuare come se niente fosse accaduto a condizionare la vita degli Italiani ed i destini del Paese.
Adesso il cenacolo di quel che si palesa sempre più come la sezione nostrana della mitica Banda Bassotti è arrivato al punto di preannunciare le proprie dimissioni in massa dal parlamento, qualora il prossimo 4 di ottobre dovesse essere votata la decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato della Repubblica in conseguenza della condanna inflittagli dalla Cassazione. E qualcuno, come Sandro Bondi, - il "ravanello rosso fuori e bianco dentro" come fu definito al tempo in cui militava nel PCI, - ha avuto l'arditezza di sostenere che «la decisone di dimettersi consegue una questione di moralità: non si potrebbe restare in quel Parlamento che ha decretato la decadenza di Berlusconi», pensando così di vestire di nobili intenti un palese atto di servilismo al capo e ciò che rappresenta un tentativo di estorcere con il ricatto la clemenza per il suo idolo.
Prendendo spunto dalle parole del poeta Bondi in tema di moralità, molto ci sarebbe da discutere, se non fosse che dell'argomento il personaggio in questione ci sembra notoriamente assai digiuno, - non fosse per il senso vero dell'iniziativa cui fa riferimento, - e, dunque, ogni commento si rivelerebbe un'inutile perdita di tempo. Ma così va il mondo: matti son quelli che stanno fuori dai manicomi, non certo coloro cui "ingiustamente" s'applicano le terapie di riabilitazione mentale. E' poi notorio come anni di scorribande d'ogni sorta rimaste impunite abbiano radicato la convinzione che la smentita della verità, la bugia reiterata, il vittimismo insolente costituiscano la ricetta vincente con la quale circuire gli indecisi, irretire i disinformati, abbindolare gli illusi. Insistere sino allo sfinimento con la barzelletta della magistratura rossa, della congiura giudiziaria, dei comunisti invidiosi e in agguato, con i giuramenti sulla propria innocenza sulla testa dei propri familiari, è stato lo stratagemma vincente per convincere una larga fetta dell'elettorato della bontà delle proprie argomentazioni. A puro titolo d'esempio di questo metodo, si guardi alle affermazioni di un altro raro esempio di berlusconismo puro, quel Renato Brunetta che non ha risparmiato sprezzanti critiche alla nefasta privatizzazione della Telecom ad opera del governo D'Alema, omettendo di fare qualunque doverosa autocritica all'altrettanto nefasta privatizzazione di Alitalia sponsorizzata dal PdL e da Berlusconi in persona.
Qui, piaccia o meno, ci troviamo davanti ad una sistematica manipolazione opportunistica della verità, di fronte ad una realtà violentata a puro scopo propagandistico, con l'obiettivo di annebbiare la percezione dei gonzi e di quanti hanno sono caduti nella trappola del "meno tasse per tutti" o che villa San Martino fosse diventato il nuovo modello di residenzialità popolare.
Nello stesso tempo, se è legittimo che le raffinate menti pidielline  simulino piccato stupore nel chiedere al PD le ragioni per le quali, nonostante tutto, stanno al governo con le truppe di un delinquente conclamato, sarebbe doveroso domandare loro quali siano le ragioni per le quali abbiano scelto di stare al governo con gli odiati comunisti e con i mandanti delle toghe rosse. E non ci si faccia fuorviare da eventuali risposte che dovessero motivare la scelta con un improbabile "senso di responsabilità verso le difficili condizioni del Paese". La verità è molto più prosaica, per non dire squallida. La verità è che il ricatto era già stato ordito all'indomani dei risultati elettorali, quando il PdL usci scornato dalle urne e acquisì contezza dell'impossibilità di gestire con un colpo di mano, con l'ennesimo provvedimento ad personam, l'eventuale sentenza di condanna all'ex Cavaliere nel processo per frode fiscale allora imminente: associarsi in un governo di emergenza o di grande coalizione avrebbe determinato le condizioni per far scattare al momento opportuno il ricatto di una crisi di governo e di caos istituzionale qualora non si fosse trovata una soluzione per salvare Silvio Berlusconi. E' questa la verità.
Questo è ciò che sta accadendo, puntuale come nei progetti. E se la fine del tormentone impone che cada il governo in essere, si determini il caos e si vada a nuove elezioni dall'esito imprevedibile, allora che accada, almeno ci saremo liberati per sempre del cancro gravissimo che da anni mina la convivenza e la democrazia del Paese.
 

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page