L'uomo dal pelo riccio
La fine di Berlusconi sembra
approssimarsi - Prende sempre più piede la logica del ricatto al governo in
carica nel tentativo di salvare l'ex Unto del Signore - Intanto, mentre la nave
PdL affonda, si cerca di salvare i privilegi acquisiti durante il suo ventennio
di potere - Siamo all'inizio di una nuova guerra per la sopravvivenza
Martedì, 24 settembre
2013
Il lento smottamento è ormai
inarrestabile. Intorno all'ex Cavaliere è tutto un cedere progressivo di
pareti, pavimenti e soffitti, con calcinacci e mattoni che gli cadono addosso
che gli provocano dolorosissime ferite.
E' il crollo progressivo del
castello che s'era costruito intorno, un castello fortificato retto da mille
incastri, concatenati l'uno all'altro, che al cedere dell'uno stanno
determinando la caduta progressiva degli altri blocchi rimasti privi di
sostegno.
Per anni ha lavorato per
costruire con il malaffare, la corruzione, la malversazione, la frode, le
complicità, le connivenze e altro materiale apparentemente solido un impero
miliardario, convinto che è il danaro che genera danaro, come le famose monete
di Pinocchio, e che con il danaro si acquisisce il potere, pietra filosofale di
un'alchimia moderna, grazie alla quale tutto si compra, tutto diventa lecito,
come se improvvisamente si potesse varcare il confine di un limbo nel quale
vige per i pochi eletti che vi dimorano l'impunità assoluta, la libertà
incondizionata di condurre una vita al di sopra delle regole imposte agli
esseri comuni.
In questo archetipo è evidente
che a nessuno è consentito giudicare, censurare, interferire e criticare le
gesta di colui che vive nel limbo. La sua parola è legge, le sue affermazioni
sono assiomi, le sue decisioni sono regole e indirizzi di comportamento per i
cortigiani e i discepoli, mentre il dissenso diviene un attacco intollerabile
all'esercizio del potere, alla figura e alle prerogative dell'eletto, un'ingerenza
criminosa tesa a sovvertire l'essenza del paradigma medesimo.
Dalla CIR alla frode fiscale,
dalla corruzione internazionale alla compravendita di giudici e senatori, dalle
avventure con escort ai bunga-bunga e alle ridicole storielle con minorenni e
presunte nipoti di capi di stato arabi. Il ventennio del personaggio è
costellato da vicende degne dei migliori personaggi d'indice della letteratura
criminale con sfondi a luci rosse, nella quale tutto lo stuolo dei sostenitori
e dei sodali ha, come si suole dire, bagnato il biscotto e ricavato a sua volta
posizioni di potere.
Alla luce di questo quadro a
tinte fosche, in questa pulp fiction
degna del genio di Quentin Tarantino, ben si comprende l'attacco forsennato
condotto contro la magistratura dall'ex Cavaliere e i suoi giannizzeri, attacco
sferrato al grido di "toghe rosse",
di "congiura dell'odio e della
persecuzione giudiziaria" con il fine di criminalizzare chi l'accusava
di aver commesso reati e, dunque, di minarne la legittimazione. La stessa
tecnica del mentire davanti alle evidenze, di ribaltare il senso
incontrovertibile della verità, di accusare gli accusatori delle incongruenze
che gli sono state mosse è stato il metodo, per certi versi scientifico, con il
quale s'è tentato in ogni modo di svilire le prove dei crimini commessi. Una
tecnica raffinata degna del miglior Kafka
e del suo capolavoro Il Processo.
Eppure oggi l'uomo è nudo. I nodi
sono venuti al pettine. Sotto l'ornamentale capigliatura posticcia l'uomo non
ha la classica pelata, ma un'intricata peluria riccia di stampo africano, che
ha impedito alla lunga al pettine di scorrere fluido, irrimediabilmente inceppandosi
e mettendo in evidenza l'inestricabilità dei nodi.
La condanna della Cassazione per
frode fiscale, corredata dall'interdizione temporanea dai pubblici uffici e dal
sigillo infamante di delinquente abituale, lo ha fatto precipitare
fragorosamente al suolo, dimostrando quanto soldi e potere, alla fine, non
siano stati sufficienti a garantirgli l'impunità perpetua. Naturalmente chi ha
scritto quella sentenza nello spazio di qualche ora è passato dalla lista dei
giudici ponderati, garantisti e indipendenti a quella dei servi dei poteri
occulti, agli scagnozzi di una sinistra vendicativa e persecutoria. Ma questo
riposizionamento del suo giudizio, a cui immediatamente s'è adeguato il popolo
dei lacchè, non è servito a mutare il corso del suo compromesso destino. Certo,
gli effetti collaterali della sua caduta non sono al momento ponderabili, dato
che nell'agenda qualcuno dei suoi fedeli sostenitori ha già messo in programma
come rappresaglia la fine del governo di cui il PdL fa parte. Ovviamente questo
concentrato di cialtroneria è ben lungi dall'essere angosciato dalla fine
riservata al loro feticcio in sé. E' piuttosto stravolto dal terrore di perdere
ogni privilegio, primo fra tutti quello di occupare uno scranno parlamentare
con tutto ciò che ne consegue, che inevitabilmente si materializzerà con la
scomparsa dal palcoscenico del grande affabulatore, capace per tanti anni con
la sua verve e con un sussiego esemplare di irretire falangi di gonzi e
sprovveduti, nonché farabutti potenziali in servizio permanente effettivo che,
con la sua presenza al potere, hanno coltivato sogni di facile arricchimento o
hanno ingrassato le loro fortune di dubbia provenienza.
Chi non ricorda i benemeriti
patrioti a cui è stata svenduta con il pretesto del salvataggio la compagnia di
bandiera? C'è qualcuno che potrebbe oggi affermare alla luce dei disastrosi
risultati Alitalia che grazie a quella discutibile operazione quel progetto di
privatizzazione avesse un senso? Allo stesso modo, c'è qualcuno che alla luce
dei gravissimi problemi dell'Italia e della generale arretratezza del
Mezzogiorno che si sogna di giustificare lo sperpero incredibile di pubblico
danaro nel progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina? Quale fu
il senso dei tanti miliardi buttati per la realizzazione del G8 in Sardegna,
quando poi, a spreco avvenuto, la kermesse si svolse a l'Aquila? Chi non ha
nelle orecchie le insulse battute "i ristoranti sono pieni" e
"impossibile trovare posto su un aereo", tese, più che a negare
l'esistenza di una gravissima crisi economica e finanziaria, a schermare da
critiche le carenze del proprio operato?
Com'è facile dedurre la questione
Berlusconi costituisce un groviglio d'interessi da cui in tanti hanno tratto
significativi vantaggi, la cui salvaguardia è la vera ragione di una guerra senza
quartiere tra le istituzioni da una parte e quanti si battono con qualunque
arma per consentire al personaggio di continuare a fare e disfare a proprio
piacimento, con qualsivoglia metodo e a qualunque prezzo per la collettività per
proprio tornaconto.
I nodi son venuti al pettine, anche
se non tutti, perché è certo che altri ne verranno. E dopo un ventennio di
guerre per le scalata al potere nulla può escludere che adesso s'apra una fase
nuova, ancora più cruenta e pericolosa: quella per la conservazione dei
privilegi conquistati.
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