E se fosse tutta una sceneggiata?
Ufficiale la rinascita di Forza
Italia - Angelino Alfano, già segretario del PdL e delfino del Cavaliere, non
aderisce al progetto e con un gruppo di dissidenti forma Nuovo Centrodestra -
«Nessuna guerra con i fuorusciti»
tuona Berlusconi, che garantisce ai suoi la permanenza nella coalizione del
nuovo gruppo politico.
Sabato, 16 novembre
2013
La rottura alla fine c'è stata,
lo strappo di cui ormai si parlava da settimane s'è consumato con grande
soddisfazione dell'ala dura del partito, che d'ora in poi si chiamerà ancora
una volta Forza Italia.
La guerre, si sa, fanno sempre
morti e feriti ed oggi al Consiglio Nazionale della nuova FI oltre alla
rinascita di un movimento tutto berlusconiano, che s'ispira ai principi
fondativi della comparsa in politica dell'uomo di Arcore, si sono celebrati i
funerali di Alfano, Quaglierello, Cicchitto, Lupi e delle cosiddette colombe
che albergavano all'interno del disciolto PdL. In tutto una cinquantina o poco
più tra senatori e parlamentari, che hanno tenuto duro sulla posizione d'appoggio
al governo Letta e non hanno persino partecipato alla cerimonia di rifondazione
di FI.
Se la cosa si potesse dire
conclusa con quella che appare in evidenza una scissione tra berlusconiani
ortodossi e berlusconiani contestatori, non si potrebbe che prendere atto di un
fenomeno non infrequente nella storia dei partiti e dei movimenti politici. Rotture
sulla linea politica se ne sono viste tante, a destra come a sinistra, e la
notizia non farebbe di per sé scalpore. Ma questa volta c'è nell'aria qualcosa
che non quadra alla perfezione, qualcosa che sta diffondendo uno strano odore
di marcio e che autorizza l'insorgere di sospetti e imbarazzanti quesiti. E il
segnale di qualcosa di poco chiaro giunge direttamente per bocca di Silvio Berlusconi,
che assicura la platea che i dissidenti «resteranno
nella coalizione. Dobbiamo trattare con loro nello stesso modo con il quale
abbiamo rapporti con la Lega e Fratelli d’Italia». Anche se la
collaborazione con l'ala scissionista va vista come una necessità, non
essendoci i numeri per far cadere il governo e in un eventuale scenario di
crisi, vista la ritrosia di Napolitano ad indire nuove elezioni, ove si dovesse
realizzare un'ipotetica alleanza tra PD e M5S «molti di noi sarebbero costretti a espatriare e non potrebbero vivere
in Italia». In ogni caso, raccomanda Silvio Berlusconi «Nessuno si lasci andare ad insulti o parole
pesanti nei confronti del nuovo Gruppo che si è costituito. Costoro sono
comunque nostri alleati e lo scontro non potrebbe che determinate fratture
insanabili al momento opportuno».
Come si vede, non c'è astio né
parole di scomunica, ma piuttosto un richiamo al vogliamoci bene, che la dice
lunga sugli accordi che si sono consumati dietro lo strappo apparente di
Angelino e i suoi.
Sì, perché le larghe intese
volute dal patron di Forza Italia in realtà non hanno scontentato sin
dall'esordio solo parecchi dei suoi colonnelli, ma sono state motivo di disaffezione
di una significativa parte dell'elettorato berlusconiano, che ha mal digerito
un'alleanza con i nemici di sempre. La composita base della destra. infatti,
annovera ex AN, residuati dell'elettorato di Storace e della disfatta delle
falangi nostalgiche, nel cui immaginario la sinistra rappresenta un
irriducibile nemico da battere. Costoro, alla luce del breve operato del
governo Letta hanno capito quanto i propri interessi siano stati messi a
repentaglio: scelte sulla tassazione degli immobili, aumenti dell'IVA e delle
accise, dichiarata lotta più incisiva all'evasione, misure tendenziali ad una
redistribuzione dei redditi, ecc.
Sull'altro fronte, s'è consolidata
l'idea che a questo governo non ci siano alternative e che un eventuale ritorno
alle urne potrebbe rappresentare un gravissimo pericolo per svolte qualunquiste
senza prospettiva, che finirebbero per aggravare una situazione di per sé
abbondantemente compromessa sia livello economico che sociale.
Allora perché non forzare la mano
con un colpo d'ingegno e con esemplare cerchiobottismo e mettere in piedi una
compagine che da un lato si finge collaborazionista con il governo, ma nello
stesso tempo garantisce una sorta di guardiania contro il pericolo di derive eccessivamente
sinistrorse? Una compagine politica con questa maschera costituirebbe un buon
catalizzatore di voti in fuga dal centrodestra massimalista, senza riversarli
né in un centro senza identità, perennemente in cerca di alleanze di governo
tattiche, ma senza un peso ed un progetto credibile, o, peggio, verso un PD
resosi più presentabile grazie all'epoca Renzi, o verso il nichilismo grillino.
D'altra parte la condanna in Cassazione dell'ex Cavaliere era scontato dovesse
determinare la caduta del leader storico di questo centrodestra; pertanto
appellarsi ad una coerenza che non può consentire di «stare al governo con i componenti del partito che si sono macchiati
dell'assassinio politico di Berlusconi» è una favoletta di dubbia
credibilità, ma allo stesso tempo uno slogan eccellente per riconquistare
credibilità in seno all'ala oltranzista di elettorato frastornato da scelte
scarsamente comprensibili. Né va dimenticato che un'analoga operazione fu fatta
qualche anno fa in Sicilia, quando Gianfranco Miccichè, simulando dissensi con
la linea nazionale del partito, s'inventò Forza del Sud e, successivamente
Grande Sud con l'ex AN Polibortone, con il precipuo scopo d'intercettare i voti
in fuga dal disfacimento dell'Mpa di Raffaele Lombardo e dalla profonda crisi
che attraversa lo stesso PdL, diviso tra sostenitori di Alfano, Schifani,
Castiglione e Nania e i seguaci dello stesso Miccichè.
Certo, l'ipotesi potrà anche
essere ritenuta suggestiva, ma è risaputo che la politica non ha mai
risparmiato suggestioni e sorprese e, pertanto vedremo nel proseguo quanto questi,
che al momento appaiono solo sospetti, potranno trovare conferma.
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