Pretty woman all'italiana
Grande battage mediatico sulle
baby prostitute di Roma - Un coro di condanne per le giovani vittime, ma nessun
mea culpa sull'imbarbarimento dei costumi che genera questi fatti - Quando il
pruriginoso fa notizia e fa vendere giornali
Anna Paola Concia
Giovedì, 14 novembre 2013
Scoppia lo scandalo delle
babysquillo e immediatamente s'accende il dibattito moralistico nel Paese: ci
s'indigna, si condanna, si assolve, si giustifica, dimenticando di sottolineare
che i ragazzi non mutuano che i modelli comportamentali che vengono loro
trasferiti dagli adulti, dai media televisivi, dalla cronaca quotidiana. In
più, in una società in lento e inesorabile dissesto, in cui il valore
individuale è esasperatamente determinato dall'apparire piuttosto che
dall'essere e i simboli di status condizionano l'esistenza, certi fenomeni di
devianza divengono moneta di scambio per la soddisfazione di bisogni futili, ma
che costituiscono saldi requisiti d'identità. Così la sessualità precoce, in un
contesto sociale in cui non sei nessuno se privo di telefonino o di giubbino
griffato, diviene il mezzo per procacciarsi
il danaro facile per acquistarli. A cosa serve, poi, quando questi tristi e
spregevoli fatti vengono alla luce, additare al disprezzo del mondo gli autori
di questi comportamenti? Non sarebbe più giusto interrogarsi sui mali che sono
stati generati dalla caduta verticale dell'etica comune e magari porre
correttivi che restituiscano un senso di maggiore umanità alla nostra
esistenza?
Pubblichiamo queste brevi
riflessioni di Anna Paola Concia, - insegnate abruzzese impegnata politicamente
nella difesa dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, - che ci pare riassumano con fredda chiarezza il
cinismo e l'ipocrisia bigotta generali con i quali ormai certe degenerazioni vengono
considerate dalla politica, dai mass media e dalla cosiddetta società civile,
senza spendere una sola parola di autocritica.
*****
Le “puttanelle” sui giornali dell’Italia moralista
Babyprostitute,
babysquillo addirittura babyescort e ragazze-doccia, questi sono i nomi con cui
vengono definite da quasi tutti i giornali e i programmi di informazione le
minorenni vittime di un giro di prostituzione che ha come attori principali
papponi e clienti danarosi. Da giorni i mass media danno in pasto al pubblico
le intercettazioni tra queste ragazzine, i loro sfruttatori e i loro clienti.
Intercettazioni delle minorenni? Sì, proprio così. Nessuno si scandalizza,
nessuno che chieda loro di fermarsi, di proteggere queste ragazzine dalla gogna
mediatica. Non lo fa il Moige (Movimento italiano genitori, ndr), che invece tuona e fulmina quando è solo
pronunciata la parola omosessualità.
E già, che importa al Moige di quelle “puttanelle”? Non una parola
dalle tante parlamentari, di destra e di sinistra, che al massimo, intervenendo
sui giornali, additano le madri delle ragazze. Si sa che è sconveniente, per
chi fa politica, criticare i giornalisti. Invece i giornalisti e i mass media
hanno un ruolo importantissimo, contribuiscono a rendere un paese e una cultura
migliore – o peggiore. Per questo hanno grandi responsabilità, nessuno escluso.
I pruriginosi resoconti delle telefonate, sms e WhatsApp tra quelle adolescenti
e i maschi bavosi e sfruttatori fanno vendere i giornali, asfissiati dalla
crisi. Un metodo comodo, facile. E orrendo. Frutto di un paese che ha perso
progressivamente la trebisonda. Un’Italia moralista da quattro soldi, pronta
quotidianamente a mettere le mutande alle statue, posseduta da un demone
maschilista plateale, sciatto e consapevolmente sfacciato. È sempre colpa
delle donne, per natura puttane, tentatrici.
Nessuno adesso, davanti a questo scempio, si permetta di dire che
è colpa di Berlusconi. Perché Berlusconi, che andava con le ragazzine, la gogna
mediatica la ha subita, giustamente. E pure i processi. Piuttosto diciamoci che
neanche davanti a ragazzine imbottite di cocaina, e pagate tanti soldi,
riusciamo ad interrogare gli uomini, la loro sessualità. Dovremmo fermarci
tutti un momento, e dire: la domanda fa l’offerta. Una domanda sempre
crescente.
Sono 9 milioni gli uomini italiani che vanno con le prostitute.
Tra loro sicuramente ci sono i miei amici: è una questione di percentuali. E
allora facciamo tutti insieme un salto di coscienza, e per la prima volta
cominciamo a chiamare le cose con il loro nome. Puntiamo i riflettori sui chi
ha responsabilità vera e consapevole in questa vicenda: i clienti e gli
sfruttatori della prostituzione minorile. Commettono reati gravi, puniti dalla
legge.
Proteggiamo invece, in un cono d’ombra, le adolescenti, e
interroghiamoci sui nostri errori di adulti. Ma sveliamo, interroghiamo i
volti, le vite, la psicologia di questi uomini. Raccontiamo le ragioni che li
inducono a pagare ragazzine dell’età delle loro figlie. Vendiamo i giornali
parlando in modo onesto, serio e lucido degli uomini, della loro sessualità.
Mettiamoci tutti in gioco. Seriamente.
E per ultimo, vorrei dire a certe donne professioniste della
lagna: dove siete finite? Dove siete stavolta, visto che una volta tanto c’era
davvero bisogno di lagnarsi? Non è che anche voi pensate che sono un po’
“puttanelle”, quelle ragazze?
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