martedì, novembre 12, 2013

Per Berlusconi l'ennesimo colpo di spugna?


Brunetta e Capezzone studiano l'ennesimo imbroglio per salvare l'ex Cavaliere - Depenalizzare i reati fiscali e punirli con un'ammenda - Neanche il Duce era stato in grado di inventarsi cose simili
                                       Daniele Capezzone
Martedì, 12 novembre 2013
Sono più di vent'anni che quest'Italia disastrata non trova pace e, piaccia o meno, lo stato di confusione permanente è da addebitare alla comparsa sulla scena politica di Silvio Berlusconi.
Per carità, c'è da aspettarsi che gli irriducibili soliti facinorosi fan dell'ex Cavaliere insorgano davanti ad un'affermazione così netta. Ma così è  anche se non vi pare, perché è innegabile che da quando il tycoon Silvio Berlusconi da Arcore ha deciso di introdursi da protagonista nella politica attiva se ne sono viste di tutti i colori, sebbene lui e  suoi interessatissimi seguaci abbiano inventato la formula della persecuzione invidiosa per attaccare anche con ferocia e mezzo lecito e illecito critici e osservatori.
Resta il fatto che mai nella storia si sono visti tanti provvedimenti di legge tesi a stravolgere, a piegare, a scardinare, a manomettere le regole del gioco come dall'esordio del personaggio nella vita politica, il che ha radicato il sospetto che  le norme di legge che puniscono reati per i quali migliaia di persone sono finite in galera siano state introdotte nel tempo solo per disfarsi sbrigativamente di avversari e nemici scomodi, vista la velocità con la quale sono state opportunamente corrette quando sul banco degli imputati è salito il patron di Mediaset, alias il leader di Forza Italia, poi del PdL e dopo, nuovamente, della risorta FI o qualcuno dei suoi sodali più stretti.
Fare l'elenco di questi "abusi" legislativi spacciati per modernismo giuridico francamente ci pare assai noioso, non fosse perché se n'è parlato troppe volte e tra processi brevi, processi lunghi,  giusto processo, legge Cirelli, falso in bilancio, legittimo impedimento e altre corbellerie ci si addentra in una jungla tale di cavillosità e salvacondotti da far passare il medio evo come un periodo in cui la certezza della legge e delle pene erano principi assoluti e universali, sebbene si vivesse in società nelle quali i diritti dei signori e dei cortigiani erano palesemente ben più tutelati e riconosciuti di quelli del popolo. Ovviamente in quei tempi c'era una differenza sostanziale con la nostra epoca. Non esisteva la democrazia, ma tutto veniva affidato al senso di giustizia del principe, che era libero per grazia di Dio di applicare la legge, sovente non scritta, a suo insindacabile piacimento.
Ai nostri tempi, quelli in cui la democrazia ha consentito conquiste strepitose, come l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, dovrebbe risultare impensabile sovvertire le regole. Invece, come dimostrano i fatti, è ancora forte il rigurgito nostalgico verso il potere assoluto, verso un sistema giuridico che cui non deve essere consentito sindacare sull'operato del potente di turno al potere, al quale deve essere permesso di far passare per un ritrovo di coglioni persino il parlamento, il simbolo massimo della democrazia. Non bastava che quell'istituzione fosse ormai diventata un covo di raccomandati, imposti ai cittadini da un  capobastone di partito grazie ad una legge definita senza mezzi termini porcata dal suo autore; un ricettacolo di condannati a piede libero per reati per i quali i comuni mortali vengono sbattuti in celle di carceri sovraffollate e in compagnia di assassini e stupratori; una sala da calciomercato nella quale si acquistano e vendono senatori e (molto poco) onorevoli per abbattere governi invisi. Non si è esitato neanche un attimo nel far passare il Paese nello zimbello del mondo, imponendo ai propri accoliti di confermare che una giovanissima entraineuse era la nipote di un capo di stato arabo.
E' delle ultime ore la notizia secondo la quale si starebbe studiando l'ennesima nuova escamotage per  evitare le conseguenze di una sentenza definitiva di condanna a Silvio Berlusconi. Ne dà conto il quotidiano la Repubblica, secondo cui Renato Brunetta e Daniele Capezzone starebbero lavorando in questa direzione. Il punto di partenza sarebbe la legge sulla delega fiscale in discussione presso la Commissione Finanza del Senato, dopo il via libera della Camera. Il PdL cercherebbe di accelerare i tempi per l'approvazione di un decreto legislativo che ridisegni i confini dei reati finanziari e che sostituisca per le dichiarazioni infedeli alle sanzioni penali quelle amministrative. Con la depenalizzazione del reato il giudice dell'esecuzione - in questo caso la procura di Milano - dovrebbe revocare la sentenza di condanna contro Berlusconi, dichiarando che il fatto "non è previsto come reato".  Se il voto sulla decadenza slittasse dal 26 novembre di qualche giorno, sino all'approvazione delle nuove norme sulla depenalizzazione, allora il gioco sarebbe fatto e si bloccherebbe la procedura di espulsione di Berlusconi dal Senato. 
Non c'è che dire. Menti fine quelle dei due prodi scudieri dell'ex Cavaliere, che senza soluzione di continuità con quanto accaduto in passato tentano in ogni modo di rifilare l'ennesimo imbroglio agli Italiani, a quelli onesti, che pagano le tasse, e a quelli disonesti, che hanno pagato le colpe dei loro peccati solo per non aver avuto uno sponsor nella stanza dei bottoni.
A questa stregua, comunque, sarà opportuno che questi deputati dal multiforme ingegno e dalla vena inesauribile provvedano a proporre un provvedimento di legge che abbassi la maggiore età a 16 anni e che legalizzi il mestiere più antico del mondo, così il loro padrone potrà tornare immediatamente lindo come chi abbia fatto un bagno nel Dixan e pronto a regalarci nuove e mirabolanti imprese, finché il Padre non lo richiami in cielo al suo cospetto.
 

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