Per Berlusconi l'ennesimo colpo di spugna?
Brunetta e Capezzone studiano l'ennesimo imbroglio per
salvare l'ex Cavaliere - Depenalizzare i reati fiscali e punirli con un'ammenda
- Neanche il Duce era stato in grado di inventarsi cose simili
Daniele Capezzone
Martedì, 12 novembre
2013
Sono più di vent'anni che
quest'Italia disastrata non trova pace e, piaccia o meno, lo stato di
confusione permanente è da addebitare alla comparsa sulla scena politica di
Silvio Berlusconi.
Per carità, c'è da aspettarsi che
gli irriducibili soliti facinorosi fan dell'ex Cavaliere insorgano davanti ad
un'affermazione così netta. Ma così è anche se non vi pare, perché è innegabile che
da quando il tycoon Silvio Berlusconi da Arcore ha deciso di introdursi da
protagonista nella politica attiva se ne sono viste di tutti i colori, sebbene
lui e suoi interessatissimi seguaci
abbiano inventato la formula della persecuzione invidiosa per attaccare anche
con ferocia e mezzo lecito e illecito critici e osservatori.
Resta il fatto che mai nella
storia si sono visti tanti provvedimenti di legge tesi a stravolgere, a
piegare, a scardinare, a manomettere le regole del gioco come dall'esordio del
personaggio nella vita politica, il che ha radicato il sospetto che le norme di legge che puniscono reati per i
quali migliaia di persone sono finite in galera siano state introdotte nel
tempo solo per disfarsi sbrigativamente di avversari e nemici scomodi, vista la
velocità con la quale sono state opportunamente corrette quando sul banco degli
imputati è salito il patron di Mediaset, alias il leader di Forza Italia, poi
del PdL e dopo, nuovamente, della risorta FI o qualcuno dei suoi sodali più
stretti.
Fare l'elenco di questi
"abusi" legislativi spacciati per modernismo giuridico francamente ci
pare assai noioso, non fosse perché se n'è parlato troppe volte e tra processi
brevi, processi lunghi, giusto processo,
legge Cirelli, falso in bilancio, legittimo impedimento e altre corbellerie ci
si addentra in una jungla tale di cavillosità e salvacondotti da far passare il
medio evo come un periodo in cui la certezza della legge e delle pene erano
principi assoluti e universali, sebbene si vivesse in società nelle quali i
diritti dei signori e dei cortigiani erano palesemente ben più tutelati e
riconosciuti di quelli del popolo. Ovviamente in quei tempi c'era una
differenza sostanziale con la nostra epoca. Non esisteva la democrazia, ma
tutto veniva affidato al senso di giustizia del principe, che era libero per
grazia di Dio di applicare la legge, sovente non scritta, a suo insindacabile
piacimento.
Ai nostri tempi, quelli in cui la
democrazia ha consentito conquiste strepitose, come l'eguaglianza dei cittadini
davanti alla legge, dovrebbe risultare impensabile sovvertire le regole. Invece,
come dimostrano i fatti, è ancora forte il rigurgito nostalgico verso il potere
assoluto, verso un sistema giuridico che cui non deve essere consentito
sindacare sull'operato del potente di turno al potere, al quale deve essere permesso di
far passare per un ritrovo di coglioni persino il parlamento, il simbolo massimo della democrazia. Non bastava che quell'istituzione fosse ormai diventata un covo di
raccomandati, imposti ai cittadini da un
capobastone di partito grazie ad una legge definita senza mezzi termini
porcata dal suo autore; un ricettacolo di condannati a piede libero per reati
per i quali i comuni mortali vengono sbattuti in celle di carceri sovraffollate
e in compagnia di assassini e stupratori; una sala da calciomercato nella quale
si acquistano e vendono senatori e (molto poco) onorevoli per abbattere governi
invisi. Non si è esitato neanche un attimo nel far passare il Paese nello
zimbello del mondo, imponendo ai propri accoliti di confermare che una giovanissima entraineuse era
la nipote di un capo di stato arabo.
E' delle ultime ore la notizia
secondo la quale si starebbe studiando l'ennesima nuova escamotage per evitare le conseguenze di una sentenza
definitiva di condanna a Silvio Berlusconi. Ne dà conto il quotidiano la Repubblica, secondo cui Renato
Brunetta e Daniele Capezzone starebbero lavorando in questa
direzione. Il punto di partenza sarebbe la legge sulla delega
fiscale in discussione presso la Commissione Finanza del
Senato, dopo il via libera della Camera. Il PdL cercherebbe di accelerare i
tempi per l'approvazione di un decreto legislativo che ridisegni i confini dei
reati finanziari e che sostituisca per le dichiarazioni infedeli alle sanzioni penali
quelle amministrative. Con la depenalizzazione del reato il giudice
dell'esecuzione - in questo caso la procura di Milano - dovrebbe revocare la
sentenza di condanna contro Berlusconi, dichiarando che il fatto "non è
previsto come reato". Se il voto sulla decadenza slittasse dal 26
novembre di qualche giorno, sino all'approvazione delle nuove norme sulla
depenalizzazione, allora il gioco sarebbe fatto e si bloccherebbe la procedura
di espulsione di Berlusconi dal Senato.
Non c'è che dire. Menti fine
quelle dei due prodi scudieri dell'ex Cavaliere, che senza soluzione di
continuità con quanto accaduto in passato tentano in ogni modo di rifilare
l'ennesimo imbroglio agli Italiani, a quelli onesti, che pagano le tasse, e
a quelli disonesti, che hanno pagato le colpe dei loro peccati solo per non aver
avuto uno sponsor nella stanza dei bottoni.
A questa stregua, comunque, sarà
opportuno che questi deputati dal multiforme ingegno e dalla vena inesauribile
provvedano a proporre un provvedimento di legge che abbassi la maggiore età a
16 anni e che legalizzi il mestiere più antico del mondo, così il loro padrone
potrà tornare immediatamente lindo come chi abbia fatto un bagno nel Dixan e
pronto a regalarci nuove e mirabolanti imprese, finché il Padre non lo richiami
in cielo al suo cospetto.
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