mercoledì, ottobre 30, 2013

Renzinomics show



Uno spettro s'aggira per la Penisola: la Leopolda - Renzi e il suo guru Gutgeld sfornano l'ennesima ricetta per la ripresa economica - Per renderla più credibile pensano d'affidarsi al volto di Banderas, che di torte ormai se ne intende - La ricchezza non è peccato e Berlinguer si rivolta nella tomba

Mercoledì, 30 ottobre 2013
I ladri ce li abbiamo, gli imbroglioni pullulano come mosche intorno alla spazzatura, i maghetti capaci dei miracoli a parole sciamano a frotte come gli esperti di pallone, mancavano i guru....e  voilà, come per incanto, ecco comparire pure quelli.
Itzhak Yoram Gutgeld - segnarsi il nome - è l'ultimo aggregato alla poderosa macchina da guerra di Matteo Renzi, sindaco di Firenze, enfant prodige della politica italiana con la fissa della Leopolda e rottamatore bavard, in corsa per la segreteria del PD e futuro rinnovatore dell'Italia. Il compito di Gutgeld, israeliano di nascita e parlamentare del PD, è stato quello d'ispirare la cosiddetta renzinomics, cioè quella serie d'interventi coordinati sull'economia che dovrebbero traghettare il Paese fuori dalla spirale della crisi ed innescare una parabola virtuosa di crescita duratura nel tempo. Insomma, quello che gli inglesi definirebbero uno spin-doctor in grado di indicare quali siano i pulsanti giusti da pigiare per far ripartire la littorina nazionale oggi completamente ferma e a rischio arrugginimento su un binario morto.
L'uomo vanta  nel curriculum una laurea ed un paio di master, oltre ad una lunga esperienza in una delle società di consulenza più quotate a livello internazionale, la McKinsey, alla cui porta hanno bussato personaggi come Corrado Passera e Alessandro Profumo ed ha collaborato con il governo israeliano allo studio di un piano di rilancio dell'economia statale.
Entrato nelle file del PD ed eletto alla Camera nella circoscrizione abruzzese, è divenuto consulente di Renzi nell'ambito del progetto politico di ammodernamento del Partito Democratico e della proposizione di un piano generale di radicale riforma dei meccanismi di funzionamento dello stato e dell'economia.
In realtà, Gutgeld ci tiene a precisare che la sua non è una consulenza a Renzi, che invece avrebbe attinto idee e linee guida da una sua pubblicazione. Si tratterebbe dunque di una sovrapposizione di intenti progettuali ai quali s'è dichiarato disponibile di collaborare, senza che per queste ragioni si sia formalizzato un rapporto di collaborazione in senso stretto.
Secondo le tesi di Gutgeld e Renzi il Paese ha bisogno di politiche economiche radicalmente liberali per uscire dalla pluridecennale crisi in cui versa e che quella internazionale ha solo aggravato. Preso atto che ci si trova di fronte ad uno stato poco efficiente e spendaccione, un’imposizione fiscale molto meno gravosa, costosi servizi costosi e scarsa competitiva delle imprese, elevatissimo livello del debito pubblico e spesa per interessi, forte tasso di disoccupazione, carenze rilevanti sul piano delle infrastrutture e delle tecnologie, l’Italia avrebbe bisogno di una vera e propria rivoluzione copernicana, che mettesse al centro l’Individuo e le sue libertà, per ritornare ad essere una straordinaria nazione vivida di talenti. Questa rivoluzione non può che passare attraverso un vasto piano di liberalizzazioni  e privatizzazioni, una flessibilizzazione dei meccanismi d'entrata ed uscita dal mercato del lavoro, una riforma sostanziale dei meccanismi di tutela dei lavoratori nelle fasi di crisi aziendali, una revisione degli strumenti di lotta all'evasione fiscale ed un affrancamento del concetto di ricchezza, che non può più in uno stato moderno considerarsi un vulnus malefico contro il quale scatenare rivalse antistoriche e punitive. Anzi l'accesso alla ricchezza va incoraggiato, attivando i cosiddetti ascensori sociali e promuovendo le pari opportunità, in modo da consentire a tutti in base alle proprie capacità un'ascesa sociale basata sulla meritocrazia.
Se in linea di principio gli assunti, con qualche doverosa eccezione, non possono che condividersi, l'apparente semplicità delle ricette mette in luce non solo come Renzi nel PD appaia sempre più un inquilino di passaggio, ma che la confusione e il massimalismo sono la fede sostanziale su cui si muove il pensiero di Gutgeld.
Infatti, è di tutta evidenza come il nostro sia uno stato più che spendaccione scialacquatore e che l'imposizione fiscale per fruire di servizi terzomondisti sia intollerabile, così come è evidente il ritardo tecnologico e lo scarso livello di competitività delle imprese nazionali, oltre alle carenze del sistema infrastrutturale e l'inconsistenza dei meccanismi di lotta all'evasione. Ma quel che lascia perplessi è la terapia suggerita dal "duo della Leopolda" per vincere quelle che si palesano ormai delle vere e proprie cancrene per il nostro Paese, terapie già sperimentate in altre realtà e che hanno dimostrato la loro completa inadeguatezza.
Parlare di privatizzazioni e liberalizzazioni in una realtà come l'Italia, dove quel poco fatto sino ad oggi ha dato risultati a dir poco demenziali, ci pare francamente avulso da qualsiasi riferimento con l'esperienza. Il che fa ritenere che il signor Renzi, prima di sparare slogan e anatemi, dovrebbe forse informarsi a fondo sui vantaggi che sono conseguiti per l'utenza dalla liberalizzazione/privatizzazione di Telecom, Alitalia, Autostrade, energia elettrica e ferrovie: i prezzi di questi servizi, opportunamente deflazionati, non sono affatto diminuiti o, nella migliore delle ipotesi, sono rimasti invariati, mentre ciò che palesemente s'è ridotto all'osso è il potere d'acquisto dei cittadini a reddito fisso. Né per la rivitalizzazione del mercato del lavoro venga a proporre l'ennesima teoria idiota sui lacci e laccioli che frenerebbero la creazione di nuova occupazione. A meno che Renzi non abbia trascorso gli ultimi vent'anni della sua vita su un pianeta diverso dalla terra, non può non individuare nella crisi occupazionale i veri fattori di occlusione: elevati oneri su lavoro a carico delle aziende, crisi di redditi e consumi che hanno contratto la produzione, impiego selvaggio e spregiudicato di contratti di precariato.
Se così non fosse non si spiegherebbero le ragioni per le quali la Germania, economicamente florida e con trend di sviluppo utopici per l'Italia, riesce a piazzare non proprio a basso prezzo il frutto della sua industria in tutto il mondo: chi mai acquisterebbe una Mercedes o una BMW se il rapporto qualità/prezzo non offrisse sufficienti margini d'attrazione? Se la Fiat non vende e galleggia nel calderone della crisi lo si deve non al peso dei salari, ma al costo aggregato, -non ultimo quello degli oneri sociali, - ed alla completa assenza di innovazione nei modelli e miglioramento della qualità.
Rimane, in fine, la questione della ricchezza e dell'evasione. La prima non è certamente un peccato mortale quando discende da un processo onesto e trasparente d'accumulazione, sebbene questo non debba implicare il supporto di meccanismi incentivanti che vadano oltre la decenza: un paese serio non ricorre certo a scudi fiscali o altre porcherie clientelari per convincere i capitali a rientrare in patria, né cede al ricatto d'imposizioni di privilegio per evitare fughe truffaldine. Si avvale di strumenti fiscali che tutelano i redditi più bassi, possibilmente ridisegnando le curve impositive e chiede un sacrificio adeguato a chi ha maggiore capacità. La fuga dei capitali è molto spesso dovuta alla meschina contropartita in termini di servizi riservata a chi nel rapporto paga in modo spropositato.
Rimane la questione dell'evasione fiscale, che nel nostro Paese è fortemente agevolata dalla labilità delle procedure di controllo dei processi di creazione di ricchezza e dalle vessazioni inflitte a quanti per ragioni oggettive non riescono a sfuggire alla santa inquisizione di Befera e soci. Controlli serrati sull'origine delle materie prime, i processi di lavorazione e il passaggio dei prodotti finiti dalla fabbrica alla distribuzione e al dettaglio, facendo magari ricorso a fatture elettroniche e altri strumenti di verifica, non è escluso potrebbero fare emergere un sommerso lontanamente immaginabile. Se la lotta all'evasione si riduce al controllo delle mutande acquistate o al numero delle gite fuori porta, come sembra si delinei con gli ultimi efficacemente potenti strumenti antievasione, peraltro condotti nella maggioranza dei casi su quanti nel conto bancario fanno transitare stipendi e pensioni, allora la frutta è servita.
E se questo è l'illuminata rivoluzione copernicana propagandata da Renzi, allora Dio ci salvi dai tanti ciarlatani che infestano le stanze dei bottoni.

 

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page