Game over
L'ex-Cavaliere è da ieri fuori -
Finalmente ripristinata la supremazia della legge e l'eguaglianza dei cittadini
- Necessario adesso indagare sulle radici di un potere malsano che per un
ventennio ha umiliato il Paese e la democrazia, che eviti il ripetersi di nuove
derive sociali
Giovedì, 28 novembre 2013
Il gioco è finito alle 17:43 di
ieri nell'aula di palazzo Madama in cui il Senato s'era riunito per decidere le
sorti di Silvio Berlusconi, per un ventennio sulla scena politica come leader
del centrodestra, parlamentare, senatore e capo di governo. Alla votazione
sulla decadenza non è seguita l'espulsione fisica dall'aula, con tanto di
commessi incaricati di accompagnare l'interessato sull'antistante marciapiede
dell'edificio, ma solo perché Berlusconi in quell'aula non s'è presentato
avendo preferito porgere un saluto di persona ai tanti "complici" che s'erano
radunati sotto casa sua. Una scena, quella del comizietto di commiato, che per
chi vive al Sud di questo incredibile Paese ha immediatamente richiamato il
ricordo dei frequenti assembramenti di popolo allo Zen a Palermo o a San
Cristoforo a Catania o a Scampia a Napoli organizzati per impedire l'arresto
di un pregiudicato.
Così, mentre un Berlusconi
imbrocchito dalla disperazione e dal freddo pungente arringava un manipolo di
complici imbacuccati, tradotti da tutta la Penisola per fare claque, con parole che
a tal Toni Negri sono costate la galera, in Senato, dopo la prevista bagarre
iniziale inscenata per impedire il voto di decadenza, si scatenavano le risse
verbali tra i suoi irriducibili scagnozzi e il resto dei senatori: «Dicono
che è stato inferto un colpo mortale alla democrazia», ha tuonato Sandro
Bondi, ma poi «confermano il sostegno al
governo e l'alleanza con quella sinistra che è artefice dell'estromissione di
Berlusconi dal parlamento: sono disgustato dal comportamento di Alfano e
Schifani». «Alfano è un piranha» ha invece urlato la
Mussolini, che poi improvvidamente ha pensato bene di lanciare una stoccata anche al
ministro Lupi: «Con il nome che ha non ci
si poteva spettare altro», - proprio lei che porta un nome oltremodo
imbarazzante.
A prescindere da questi passaggi di una cronaca per certi versi quasi comica, rimane fermo il dato
dell'uscita definitiva di Silvio Berlusconi dalla scena politica, almeno per
qualche tempo, poiché, e comunque si racconti la vicenda, a breve l'uomo dovrà
subire o l'affidamento ai servizi sociali o gli arresti domiciliari e, durante
il periodo d'espiazione della pena, non è né previsto né ammesso che egli possa
avere relazioni con il mondo esterno, se non per il tramite dei suoi legali o
dei parenti e le persone autorizzate a frequentarlo.
Gli arresti domiciliari sono regolati dall’articolo 284 del codice penale e prevedono, secondo provvedimento specifico del giudice che si occupa
del processo e del caso, che il condannato possa scontare la pena presso la
propria abitazione di residenza, senza allontanarsi da essa. Il condannato può
inoltre interagire esclusivamente con le persone che lo assistono e che abitano
con lui e con nessun altro. Saranno poi il Pubblico Ministero o al Polizia
Giudiziaria a controllare che il condannato rispetti le regole stabilite dai
provvedimenti del giudice.
Quest'assunto dovrebbe di per sé
precludere ogni possibilità per il pregiudicato Berlusconi di svolgere tutte
quelle attività che richiede la politica ed il ruolo di leader, che continua rivendicare per sé, di un movimento
o di un partito, quantunque ci sia da immaginarsi che non mancheranno le consuete
richieste, con tanto di polemiche, di provvedimenti ad personam, atti a
consentire al nostro personaggio di espletare il suo compito di capo propulsore del
centrodestra.
Comunque si giri la frittata, è
certo che ieri s'è finalmente vissuto un giorno importante per la democrazia e
per il ripristino della legalità del Paese, - contrariamente a quanto sostenuto
con i soliti argomenti dai facinorosi del centrodestra. Berlusconi è stato
dichiarato decaduto in applicazione di una norma di legge chiara e già adottata
in passato in altri casi e che la pena accessoria dell'interdizione dai
pubblici uffici, ancora sub judice per quanto attiene la durata, non inficia
minimamente. Certo, meglio sarebbe stato per lui che anziché sottoporsi al
giudizio pressoché scontato del Senato si fosse presentato dimissionario a
quella seduta, ma ciò richiedeva una dose tale di dignità e di rispetto verso
se stesso che, in evidenza, non sono mai sembrati appartenere al dna dell'ex-Cavaliere.
A caldo trarre una conclusione
serena sul significato del ventennio berlusconiano nel tessuto sociale,
politico ed economico dell'Italia non è del tutto possibile, poiché i giudizi
sarebbero certamente inficiati dagli umori e dai sentimenti forti che l'uomo,
innegabilmente, è stato in grado di suscitare nei milioni di persone che
comunque gli hanno dato fiducia con l'espressione del loro voto.
E fuor di dubbio, in ogni caso,
che quello che lui oggi lascia è un Paese lacerato dalle contrapposizioni
emotive, profondamente impoverito dagli effetti di una spaventosa crisi
internazionale che non è mai stato in grado minimamente di governare; involgarito
oltre misura dall'emersione dei tanti vizi congeniti dell'italianità; che ha
saputo con esemplare cinismo portare a galla e far divenire in molte occasioni
ragion di stato.
Molto spesso nei momenti topici d'espressione della sua egemonia
politica si è assistito a paradossi impensabili,
a cambiamenti di fronte incredibili, a smentite e conferme di allucinazioni
inimmaginabili, ma ciò che ha costituito il vero e profondo marchio di fabbrica
del suo potere è stato l'uso spregiudicato delle regole e della legge, piegate ad uso e
consumo dei suoi interessi privati, ed il consenso che ciononostante ha
conservato per un ventennio, che deve ancora trovare una spiegazione logica. Non è
sufficiente liquidare l'indagine sulle ragioni del suo successo con semplici
conclusioni sula dabbenaggine dei suoi fan o sulle sue indiscusse capacità di
suadente persuasione: la ricerca di queste ragioni è di grande importanza e la
loro comprensione potrà costituire la base per un vaccino che eviti in futuro gravi
flagelli infettivi come quello che abbiamo vissuto.
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