Il Paese del bostik
Oggi il voto sulla mozione di
sfiducia M5S alla Cancellieri - Letta blinda il ministro con il solito discorso sulla stabilità del
governo - Dentro al PD s'allarga il dissenso e il pericolo di scissioni
Mercoledì, 20 novembre
2013
L'Italia oltre ad essere il paese
della pizza e gli spaghetti, dei mandolini e del bel clima - su quest'ultimo,
in verità, c'è qualche riserva ultimamente - detiene probabilmente un altro
primato, di cui forse non ci sarebbe d'esser fieri, ma che se si parla di
politici, di lungo corso e neofiti che siano, costituisce un requisito essenziale.
Ci riferiamo a quell'attaccamento alla poltrona che non ha pari in nessuna
altra parte del mondo. A quel connubio indissolubile tra terga e sedia che si instaura in via automatica
non appena il nome di qualcuno viene indicato nelle stanze del potere come
ministro, sottosegretario, membro di un qualunque consiglio comunale o persino
di quartiere o alla carica di amministratore di azienda pubblica.
La scoperta non è del tutto nuova. Già Francesco De
Gregori in una celebre canzone aveva
immortalato il suo amico "Culo di gomma, famoso meccanico", quantunque non avesse
specificato se quell'apparato certamente acconcio a plasmarsi ad ogni seduta
fosse dotato di caratteristiche adesive. C'è da credere comunque che, grazie
all'effetto ventosa della gomma, quei requisiti ci fossero tutti e che
quell'amico del cantautore potesse aspirare ad un posto nella casta, magari ai
trasporti o all'industria considerata l'esperienza.
E' con queste premesse che il caso Anna Maria
Cancellieri va esaminato, il caso di una donna con una lunga carriera nelle
istituzioni, chiamata al ruolo di ministro degli Interni da Monti nello scorso
governo e a quello, ben più delicato, di Guardasigilli da Letta nell'esecutivo
attuale.
Che la donna abbia meriti ed esperienza non s'intende
qui metterlo in discussione, ma che alla luce del suo coinvolgimento
nell'incresciosa vicenda Ligresti quei meriti non possano costituire un
passaporto perenne d'integrità morale è altrettanto scontato. La signora
Cancellieri nella storia di Giulia Ligresti, di cui s'è ampiamente parlato, ha
tenuto un comportamento assai censurabile, anche se al momento non sembrano emergere
elementi penalmente rilevanti. Tuttavia, come risulta dai tabulati delle
chiamate telefoniche effettuate dal suo cellulare, aver mentito agli inquirenti
circa i suoi contatti intercorsi con la famiglia della giovane reclusa è fatto
di rilevanza morale tale da non potersi perdonare a chi nelle istituzioni
assolve il compito di ministro della Giustizia e, dunque, dovrebbe garantire
una specchiatezza esemplare.
E' vero, in quest'Italia dei primati ci siamo trovati
al cospetto di ministri proprietari di case a loro insaputa; di politici che
hanno dichiarato di non sapere con quali soldi erano stati effettuati i lavori
di restauro di casa loro o che ignoravano che i denari del partito venissero
impiegati dai propri fiduciari per acquistare diamanti o per ingrassare il
patrimonio proprio e della parentela. In questo caso il peccato della
Cancellieri sembra una banale marachella da asilo infantile. Ma ciò non toglie
nulla alla legittimità della richiesta pervenuta da ogni parte, da amici ed
avversari politici, di rassegnare le dimissioni dall'importante incarico prima
della discussione delle giusta mozione di sfiducia presentata a suo carico dal
Movimento 5 Stelle. Lo imponevano ragioni d'opportunità e di buongusto.
Cancellieri medesima aveva dichiarato che non avrebbe
esitato a farsi da parte qualora la sua presenza nel governo fosse risultata
ingombrante, compromettendone l'immagine. Ma
a questa dichiarazione, evidentemente, deve essere seguito il solito
massiccio acquisto di bostik, che opportunamente spalmato sulla sua poltrona
l'ha resa praticamente inamovibile.
Né nella vicenda possono trascurarsi i comportamenti
di Enrico Letta e di Giorgio Napolitano. Il primo giunto al punto di sfidare il
proprio partito, il PD, ponendo una questione di fiducia al suo governo sulla
testa del ministro; il secondo pronto ad esternarle piena stima ancor prima che
sull'intera storia venga definitivamente fatta luce.
Per quanto sia del tutto inutile e perciò superfluo
ricordare che nei paesi civili i politici sfiorati dal dubbio sulla loro
integrità morale non hanno esitato a togliersi di mezzo, ciò che del caso
Cancellieri stupisce è l'incapacità del ministro di comprendere l'imbarazzo
gravissimo che sta provocando all'intero PD. Il partito di Epifani, infatti, pareva
intenzionato sino a qualche ora prima dell'editto di Letta a votare la sfiducia.
La mozione di ieri sera di Letta all'assemblea del gruppo ha praticamente messo
l'intero partito di fronte al bivio: continuità o crisi di governo, il che alla
fine ha indotto anche i più recalcitranti a sceglierà la strada della non
sfiducia. Al contempo, questa sorta di diktat ha creato all'interno del PD una
crepa ulteriore, che, nella fase della resa dei conti ormai imminente, potrà
giocare un ruolo significativo sulla futura integrità del partito medesimo.
Qualche tempo fa avevamo parlato di un lento e inesorabile
processo d'imborghesimento del PD, processo che gradatamente sta snaturando
l'essenza di quel partito. Episodi come quello di Cancellieri, ancorché valutati
con una visione un po' nostalgica di un rigore e di una tensione morale che non
appartengono più agli eredi di Berlinguer e dei padri costituenti di quel che è
stato il più grande movimento operaio dell'occidente, confermano un cambiamento
di pelle che difficilmente potrà restare senza conseguenza nella percezione
della base elettorale.
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