venerdì, febbraio 21, 2014

Quel che non ha capito l'ayatollah Grillo



Costretto da un sondaggio tra i suoi elettori, Grillo partecipa alle consultazioni per la formazione del nuovo governo Renzi - L'incontro si rivela un'occasione persa per il leader M5S di accreditarsi come un portatore di progettualità - Il confronto subito trasformato in un palcoscenico per l'ennesimo show di insulti e invettive 

Venerdì, 21 febbraio 2014
Accanto alla politica ragionata ce n'è sempre stata una in costante conflitto con il buon senso. E' il caso della politica fatta con la pancia, con la fede, quella che sposa le tesi del suo leader o del suo profeta  e le propaganda e difende senza mai porsi un interrogativo sulla valenza e la capacità che hanno quelle tesi di tradursi in prassi e di realizzarsi nel contesto sociale in cui dovrebbero trovare attuazione.
La questione è tutt'affatto accademica, poiché la mancanza di capacità critica dei seguaci di questi profeti è spesso origine di gravissime conseguenze, di un disagio sociale talora molto pericoloso, che non di rado induce i "paladini della fede" all'assunzione di comportamenti devianti o di vero e proprio illecito, nell'intima convinzione che il verbo di cui son latori costituisca una sorta di verità assiomatica impossibile da scalfire. Nelle aree del mondo in cui il livello d'istruzione è modesto ed il fanatismo è patologia assai diffusa quest'approccio è il motore propulsivo di deviazioni comportamentali assai gravi, di cui il terrorismo, le jihad, non sono che la paradossale ed aberrante risposta di difesa ad ogni costo di quel che costituisce l'indottrinamento, raramente sottoposto all'esercizio del  libero senso critico.
Quest'approccio, lungi dall'esserci lontano, appare sempre più essersi impadronito degli adepti del Movimento di Beppe Grillo, - di per sé profondamente contagiato dalla virulenza delle sue stesse tesi e di quelle del suo socio Roberto Casaleggio, - che nello spazio di pochi mesi si sono avviluppati in una sorta di credo autoreferenziale, che ha coinvolto legioni di cittadini disgustati dalla politica tradizionale, vessati da un sistema stato incapace d'amministrare l'equità sociale, disperati senza lavoro e senza reddito, un'umanità numerosissima costretta ai margini della società dall'evidente sordità e cecità di un ceto politico corrotto, sprezzante dei bisogni, arrogante, truffaldino e attento esclusivamente alla salvaguardia dei propri privilegi di casta.
Ciò non vuol dire che il nerbo dell'M5S sia costituito da fanatici divenuti tali senza una plausibile ragione, ché il cosiddetto popolo grillino di ragioni vere del disagio denunciato ne ha da vendere. Ma è il nichilismo che accompagna la sua azione di protesta che sgomenta, poiché dal suo modo di contestare emerge sempre più drammatica la mancanza di lungimiranza e l'incapacità di traguardare obiettivi concretamente  realizzabili. Se è comprensibile che il movimento si sia formato sull'idea di poter trasformare profondamente il Paese generando il consenso con la denuncia dei "misfatti" perpetrati dalla politica tradizionale, è incomprensibile come sia possibile teorizzare il conseguimento di un successo assumendo comportamenti d'Aventino, insultando e sbeffeggiando avversari  e critici, inscenando manifestazioni circensi e chiudendo ogni spiraglio al dialogo con il "nemico" da abbattere. Sfugge agli ideologi del movimento che l'ostruzionismo tout court. non accompagnato da tangibili "danni collaterali" al sistema, non serve assolutamente a nulla. Se la scelta, come è nei fatti, è della guerra senza sparare un colpo allora è evidente che in surroga occorre attaccare il sistema dal suo interno, partecipandone alla vita ed imponendo con le leggi della democrazia provvedimenti che vanno effettivamente verso il cambiamento agognato. Un esercito che ritenesse di vincere le battaglie solo vomitando contumelie contro al nemico, pretendendo così di fiaccarne la resistenza e la volontà, non sarebbe che la parodia di Don Chisciotte e del fido Sancho Panza contro i mostruosi mulini a vento, che continueranno a girare ad ogni alito, incuranti delle offese e del dileggio di chi non ne sopporta il moto.
Nella giornata di mercoledì scorso Grillo in persona ha avuto un'opportunità straordinaria per dare un senso compiuto al suo movimento. Matteo Renzi lo aveva invitato ad esprimere il suo parere nell'ambito delle consultazioni per la formazione del nuovo governo. Grillo, vittima delle sue stesse trovate pseudo democratiche, aveva dovuto vincere la riluttanza sotto la spinta di una consultazione via web, che gli aveva chiesto di sedere al tavolo del presidente del consiglio incaricato, ma anziché approfittare dell'occasione per irretire l'interlocutore con dichiarazioni di disponibilità all'apertura di un confronto o con la presentazione di un programma a marchio pentastellato, s'è avventurato ancora una volta sull'insidioso e sterile terreno dell'offesa e dello scontro ed ha negato qualunque possibilità di dialogo con il "nemico": uno fragoroso scivolone che denota la modestia politica del personaggio ed il sostanziale fanatismo che gli oscura la mente.
A nostro giudizio l'errore è stato esiziale, poiché con la diretta streaming di quell'incontro ha dato in pasto ai suoi elettori ed ai suoi detrattori un'inequivoca dimostrazione della pochezza politica che incarna e del cieco livore che ispira la sua azione. Non meno suicida è sembrata l'ammissione di non essere un democratico, - in ogni caso del tutto genuina, visti metodi da rozza caserma che vigono nel movimento, - dettata forse più dall'indole dispettosa che non da una reale volontà confessoria, ma che certamente è stata colta come la conferma che lui ed il suo movimento sono in fondo una sgangherata armata di altezzosi arroganti dalle idee confuse. Con buona pace dei milioni di voti conquistati e buttati nella spazzatura.
Invano qualche invasato fedayn, improvvisato pennaiolo sul web, ha tentato ieri di dare una spiegazione plausibile a quel che ai più è apparso solo un comportamento cialtronesco, teso a declinare ogni responsabilità nelle scelte che investono un Paese sull'orlo del collasso sociale. Secondo gli ermeneuti del Grillo pensiero, bene avrebbe fatto l'ex comico a svillaneggiare Matteo Renzi, poiché l'impegno assunto con i suoi elettori di non accettare mai il dialogo con i "nemici", servi dei misteriosi santuari che hanno impoverito il popolo, non poteva esser messo in discussione, neppure in forza di un sondaggio della propria base che chiedeva una volta tanto di fare il contrario. Dunque, quel comportamento sarebbe stato un atto di esemplare coerenza con i valori fondamentali dell'M5S (sic!).
Francamente la politica ci ha reso avvezzi ad ogni sorta di stupidaggine, ma questa interpretazione, rispondesse al vero, rappresenterebbe l'apoteosi dell'idiozia pura, se non addirittura il sintomo sconfortante di un dilettantismo inguaribile e pernicioso, figlio della magmatica supponenza che appesta la nostra epoca, di cui i grillini sono tra i più efficaci interpreti.
Ma come è possibile poter pensare di dare a bere al proprio elettorato che è con questa sedicente coerenza che si può contribuire a risolvere i mali del Paese? Pensa Grillo che basti dare del venduto o dello zombie ad un avversario per far nascere improvvisamente i posti di lavoro necessari per un rilancio di redditi e consumi? Pensa Grillo che l'insulto o l'invettiva siano il movente per calmierare una fiscalità vorace ormai giunta a livelli intollerabili? Non crede piuttosto che una proposta articolata su come uscire dal tunnel, per quanto non condivisa da chi ha le redini del governo, sia piuttosto l'arma più efficace per accreditare la giustezza delle proprie tesi presso la gente? Crede Grillo e la sua processione di fanatici che il consenso si costruisca con l'espulsione dalle fila del movimento dei dissidenti? Solo i grigi dittatori hanno bisogno di consenzienti cortigiani disposti a seguirlo anche nelle avventure più scriteriate.
L'impressione è che nell'occasione il M5S e il suo leader non abbiano bruciato solo un'opportunità, ma abbiano messo altresì a nudo ed in via definitiva la livorosa sciatteria che avvince quel che si qualifica sempre più come un gruppo di sciamannati, incapaci persino di portare rispetto verso se stessi prim'ancora che nei confronti di coloro che improvvidamente hanno dato loro speranzoso mandato.  
 

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